Una città, a poche centinaia di chilometri dalle coste italiane, in mano allo Stato islamico. E’ Derna, una cittadina libica che si affaccia sul Mediterraneo e che già da novembre ha proclamato l’adesione al califfato. Il centro, popolato da circa 100mila abitanti, è di un’importanza strategica fondamentale ed è stata affidata da Al-Baghdadi all’emiro irakeno Wessam Abd Zeid. Abbiamo chiesto un’analisi a Gian Micalessin, inviato de Il Giornale, che è stato di persona a Derna nel 2011 e che di recente si è recato nei territori siriani controllati dall’Isis.
Quali sono le differenze tra la libica Derna e le città in mano all’Isis in Siria e Iraq?
E’ esattamente la stessa realtà. Già nel 2005 l’accademia di West Point sottolineava che la percentuale maggiore di jihadisti che combattevano nelle file di Al Qaeda Iraq, l’organizzazione che si è poi trasformata nell’Isis, erano libici provenienti da Derna e dalla Cirenaica. I rapporti tra Isis, Derna e Cirenaica sono profondi e risalgono ad almeno una decina di anni fa. Non è difficile capire perché Derna sia diventata la base dell’Isis. Già nel febbraio 2011 quando mi recai a Derna incontrai personalmente dei guerriglieri jihadisti, quando in occidente tutti si illudevano che quella contro Gheddafi fosse una rivolta democratica e liberale.
Da quando Derna è ufficialmente in mano all’Isis?
Derna è sotto l’egida dell’Isis già dal novembre di quest’anno, quando un’unità di combattenti libici del califfato rientrati dalla Siria sono tornati nel loro Paese con il preciso ordine di Al-Baghdadi di imporre l’egemonia su Derna. Non a caso Abu Bakr al Baghdadi ha affidato queste unità a Wessam Abd Zeid, un ex generale dell’esercito di Saddam Hussein che era stato in carcere con lo stesso califfo del terrore.
Qual è l’importanza strategica di Derna?
La città libica è un avamposto strategicamente molto importante, perché si trova sullo stesso asse di Tobruk, l’ultima città in mano ai lealisti, cioè alle forze liberali che avevano vinto le elezioni e che sono state estromesse dall’offensiva jihadista. Superata Tobruk c’è poi il confine egiziano, dove l’Isis potrebbe saldarsi con le componenti jihadiste già presenti nel vicino Paese.
Qual è il vero obiettivo dell’Isis?
Siamo di fronte a un tentativo del califfato di espandersi che è in atto sin dallo scorso novembre, e di fronte a cui il premier Renzi a lungo è rimasto sordo e cieco. Il risultato è che il governo italiano si trova con la bandiera del Califfato a 800 chilometri dalle sue coste. Ciò per l’Italia è un motivo di grandissima preoccupazione, e non a caso l’argomento è stato al centro dei colloqui a Roma tra Renzi e il presidente egiziano Al-Sisi, eppure per mesi il presidente del Consiglio ha fatto orecchi da mercante. La nascita del califfato a Derna è anche frutto dell’indifferenza con cui l’Italia ha guardato quanto avveniva in una terra come la Libia che ospita vitali interessi nazionali per il nostro Paese.
Che cosa rischia l’Italia per la presenza ormai così vicina del Califfato?
L’Italia sta già scontando l’assoluta incapacità di controllare il petrolio e il gas, e ora rischiamo che i flussi migratori finiscano nelle mani dell’Isis. Già un anno fa avevo denunciato come alcune fazioni di Al Qaeda controllassero il traffico degli uomini. Se l’Isis ha preso il sopravvento, eserciterà un controllo su quella che è una delle fonti di reddito principali. Avremo clandestini utilizzati e gestiti, oltre che da fazioni qaediste, anche da gruppi legati al califfato. Questo con tutti i rischi che ciò comporta, dal fatto di aumentare i finanziamenti dell’Isis, al rischio di infiltrazioni di terroristi nella stessa Italia.
Nel frattempo in Egitto l’anniversario della rivoluzione è stato segnato dal sangue. Che cosa sta avvenendo?
La spietata repressione di Al-Sisi nei confronti dei Fratelli musulmani ha prodotto la fuga in avanti di alcune componenti più estremiste al loro interno. Queste ultime di fronte alla prospettiva della galera hanno scelto la rivolta armata. Al Cairo cellule dormienti sono diventate operative e cercano di colpire. Il vero rischio è la caduta del bastione di Tobruk, e dunque l’apertura di un cordone ombelicale che metta in diretto contatto l’Isis di Derna con le frange più estremiste che operano sul territorio egiziano. E’ per questo che Al-Sisi vede con estrema preoccupazione la situazione libica e ha mandato i suoi aerei a bombardare le forze jihadiste.
(Pietro Vernizzi)