La candidata dell’opposizione di sinistra ed ex presidente del Cile, Michelle Bachelet, ha vinto domenica le elezioni con il 46,74% dei voti contro il 25,08% di Evelyne Matthei, la candidata dell’attuale governo, ma il risultato non è sufficiente (non avendo superato il 50%) per evitarle il secondo turno delle presidenziali, il prossimo 15 dicembre.
Alle elezioni si sono presentati 9 candidati, ma la sfida è tra le donne prima citate. La Matthei, ex ministro del governo attualmente in carica, rappresenta le forze di destra a cui l’elettorato ha dato fiducia nel 2010.
Michelle Bachelet è supportata da una coalizione di sinistra estremamente ampia che sarà forse in grado di portare avanti le riforme di carattere sociale proposte dalla sua agenda già nel periodo 2006-2010, ma non del tutto attuate, tra le quali ci sono modifiche al sistema pensionistico, sanitario e di istruzione.
Il Cile resta un paese fortemente diseguale nella redistribuzione della ricchezza. Non a caso le forti proteste da parte dei lavoratori per gli aumenti salariali e degli studenti universitari per un’istruzione gratuita hanno segnato il passo di queste elezioni.
Il paese è cresciuto più della media mondiale nell’ultimo quarto di secolo, registrando tassi del 7,1% in media all’anno dal 1990 il 1998, mentre tra il 1999 e il 2012 è avanzato a un ritmo latinoamericano del 3,8%, e oggi si mantiene su quella percentuale. La contrazione della crescita è sostanzialmente dovuta al crollo della produttività e più recentemente alla crisi economica mondiale.
Tornando alle elezioni, queste sono le prime nelle quali funziona l’iscrizione automatica al sistema elettorale e il voto volontario, riforme applicate per la prima volta nei municipi nelle elezioni dell’ottobre del 2012, nelle quali si è registrata però un’astensione di quasi 60%. E’ la prima volta nella storia che le elezioni presidenziali sono completamente a carico del cosiddetto Servizio elettorale, fino allo scorso anno il processo dipendeva dal ministero dell’Interno.
Il forte astensionismo dello scorso anno ha dunque mosso tutti gli aspiranti alla presidenza, durante tutta la campagna elettorale, a chiedere ai più di 12,5 milioni di votanti di presentarsi alle urne la scorsa domenica.
La Bachelet, candidata dell’alleanza all’opposizione Nueva Mayoría e favorita da tutti i sondaggi, ha chiesto la partecipazione di tutti per vincere al primo turno. “Per affrontare le diseguaglianze invito tutti a votare in massa per la Nueva Mayoría, perché siamo convinti che questo sia il momento per proporre dei cambiamenti, perché dobbiamo votare per l’educazione gratuita e di qualità per tutti, per una riforma tributaria che ci permetta di avanzare questi cambiamenti“.
Anche la candidata di destra Evelyne Matthei ha chiesto il popolo cileno massiccia presenza alle urne, riconoscendo che il governo attuale ha creato “alcuni debiti molti importanti in materia di uguaglianza”, benché abbia sottolineato che durante il governo di Sebastián Piñera, di cui la candidata ha fatto parte, si sono creati il doppio di posti di lavoro rispetto al governo Bachelet (2006-2010).
Certamente le elezioni della scorsa domenica stanno già dipingendo il nuovo volto del Parlamento. I vecchi nomi della politica cilena hanno lasciato spazio a nuovi protagonisti. Non ci sono però solo grandi vincitori e grandi perdenti, ciò che è evidente in queste elezioni è che i partiti più conservatori delle due coalizioni sono in sofferenza.
In particolare la Democracia cristiana (Dc), nella coalizione di centro-sinistra, non ha solo perso una figura di rilievo al senato come Alvear, ma ha visto scendere fortemente l’adesione dell’elettorato.
Il partito di destra Unión Demócrata Independiente (Udi) si è invece trasformato progressivamente in un’espressione minoritaria della Alianza por Chile. Lo stesso presidente Sebastián Piñera ha accusato il partito di complicità passiva negli atti di celebrazione per i 40 anni del golpe lo scorso 11 settembre, segnalando così che la crisi della destra parte proprio dall’Udi.
Nel caso della Dc la situazione è ancora più singolare, giacché ora il partito si troverà obbligato a ridefinire il suo ruolo nella nuova alleanza con il Pc cileno e altri partiti di sinistra.
I democristiani si trovano dunque sempre più schiacciati da un elettorato che si sta spostando verso sinistra. Intanto Dc e Pc che stanno valutando come muoversi in un eventuale nuovo governo Bachelet, dimostrando così che forti cambiamenti sono già in atto.