Le dichiarazioni del ministro della Difesa Roberta Pinotti, dopo l’incontro con l’omologo americano Ashton Carter, sembrano rendere un po’ meno imminente un intervento dei nostri aerei in missioni di bombardamento in Iraq. Il ministro ha affermato la necessità di coinvolgere il Parlamento, né potrebbe essere altrimenti, e, come dice Grillo, dovrebbe essere coinvolto anche il presidente della Repubblica, come capo delle Forze Armate.
A differenza di quanto successe nel 1999, quando l’Italia partecipò ai bombardamenti su Belgrado sotto il governo D’Alema e tra grandi contestazioni, ora non siamo di fronte a un impegno preso con la Nato e la coalizione guidata dagli Stati Uniti non dà coperture altrettanto forti.
Tuttavia, a differenza di un intervento in Siria, in Iraq la copertura sotto il profilo del diritto internazionale sarebbe data dalla richiesta del governo iracheno di un maggiore sforzo contro l’Isis da parte della coalizione, una richiesta che sembra, sia pure informalmente, sia stata indirizzata anche a Mosca. Se venisse accettata, in Iraq la situazione diverrebbe non dissimile da quella siriana, con la disastrosa possibilità di incidenti tra coalizione e Russia.
E’ improbabile che i russi intervengano in Iraq, almeno con bombardamenti, prima che sia raggiunto un accordo di collaborazione, sia pure minimale, con gli Stati Uniti, un accordo che è nell’interesse di tutti, al di là delle attuali schermaglie per ottenere un risultato più confacente ai propri particolari desiderata.
La vera domanda è perché il governo italiano abbia ritenuto proprio ora di avanzare l’ipotesi di un intervento militare in Iraq dove, si ricorderà, l’Italia già pagò il suo tributo di vite umane nelle operazioni di peacekeeping dopo la guerra contro Saddam Hussein. Tra l’altro, l’apporto aereo italiano non sarebbe tale da incidere notevolmente sulle operazioni in corso. Sembrerebbe invece più utile continuare con le attuali operazioni di supporto aereo e, come ventilato, inviare istruttori e altri aiuti concreti ai combattenti curdi.
Nonostante gli sforzi di David Cameron, anche gli inglesi non sembrano per il momento intenzionati ad intervenire, poco impressionati dal ritardato decisionismo di Hollande. Siamo nell’area del “vengo anch’io”, oppure Renzi si vede come Cavour e considera l’Iraq la sua Crimea? Per sedersi al tavolo di quale trattativa? Forse, più semplicemente, si tratta di uno dei tanti ballon d’essai lanciati dal governo che, poco tempo fa, aveva ipotizzato anche un intervento diretto in Libia.
Durante la sua visita al presidente Mattarella, Ashton Carter ha definito l’Italia “uno dei partner più forti” degli Stati Uniti, affermazione che, anche se dettata da cortesia diplomatica, è da considerarsi comunque positiva. Carter arrivava da una visita ai militari americani stanziati nella base di Sigonella in Sicilia ed è possibile che la sua frase sia stata anche un modo per esorcizzare il ricordo di un evento di cui ricorre in questi giorni il trentesimo anniversario.
Il 7 ottobre 1985 un commando dell’Olp, il Fronte di liberazione palestinese, sequestrò la nave italiana Achille Lauro e uccise un passeggero americano. Arresisi i terroristi, l’aereo egiziano che li portava in Tunisia fu intercettato da caccia americani e fatto atterrare a Sigonella. L’allora governo italiano, guidato da Bettino Craxi, si oppose al tentativo americano di portare i quattro del commando negli Usa e fece circondare la base da nostri militari, rischiando uno scontro con le forze speciali americane presenti nella base. Alla fine, i palestinesi furono giudicati e condannati in Italia, ma l’episodio fu un punto culmine di tensione tra Italia e Stati Uniti e c’è chi pensa sia stata la causa del crollo di Craxi con la ben nota fine, proprio in Tunisia.
La visita italiana di Carter si è inserita in un suo viaggio tra varie capitali europee, iniziato a Madrid, continuato a Roma, per poi arrivare a Bruxelles per il vertice Nato e infine concludersi a Londra. Lo scopo è quello di coordinare una politica comune di fronte all’intervento russo in Siria e non è forse senza significato l’assenza di Berlino tra le capitali visitate. Da questo punto di vista, la definizione di partner tra i più forti potrebbe essere un tentativo di gratificare l’Italia che, insieme alla Germania, è il Paese europeo con più interessi verso la Russia.
In questa situazione piuttosto confusa, il governo italiano farebbe bene a non prendere iniziative precipitose, soprattutto se sostanzialmente non rilevanti, e concentrarsi invece sulla gestione dell’emergenza profughi e migranti. E sulle operazioni militari contro gli scafisti, “l’operazione Sofia” annunciata da Federica Mogherini e che dovrebbe partire in questi giorni.