I loro corpi senza vita sono stati trovati in una stanza del Lutetia, storico albergo nel cuore di Parigi, sulla Rive gauche. Stesi sul letto, mano nella mano, entrambi con un sacchetto di plastica in testa. Hanno scelto di morire in questo modo due intellettuali francesi di 86 anni, Bernard e Georgette Cazes: studioso di filosofo e letteratura lui, docente di lettere e latino lei, “temevano la separazione e la perdita dell’autonomia più della morte”, ha detto il figlio al quotidiano Le Figaro. La settimana scorsa i due hanno preso una camera in hotel, hanno scritto le lettere contenenti le loro ultime volontà e, poco dopo aver ordinato la colazione per la mattina successiva, si sono tolti la vita. A trovarli è stato il cameriere venerdì, verso le 9.30. Lette le parole messe nere su bianco, ci si è subito resi conto del durissimo attacco dei due anziani allo Stato francese, colpevole a loro giudizio di aver rifiutato di prendere in considerazione ogni legittimità del suicidio assistito, condannandoli di fatto a una morte dolorosa e clandestina: “La legge proibisce il ricorso a qualsiasi pillola letale che permetterebbe una morte dolce – si legge in una delle lettere, come riportato oggi dal Corriere della Sera -. Ma la mia libertà non è forse limitata solo da quella degli altri? Con quale diritto impedire a una persona che non ha più doveri, in regola con il fisco, che ha lavorato tutti gli anni dovuti e si è dedicata poi al volontariato nei servizi sociali, con quale diritto costringerla a pratiche crudeli, quando vorrebbe solo lasciare serenamente la vita?”. Il figlio della coppia ha poi aggiunto che i due “hanno preso la decisione di togliersi la vita, quando fosse stato il momento, molti anni fa”. In Francia, questa vicenda ha ovviamente riaperto il dibattito su eutanasia e suicidio assistito, temi che il presidente Francois Hollande aveva promesso di voler regolare tramite una legge da approvare al massimo entro la fine dell’anno. E’ atteso invece per il prossimo 16 dicembre l’esito dei lavori del Comitato consultivo nazionale d’etica (Ccne), lo stesso che questa estate aveva già pubblicato una nota in cui ribadiva chiaramente che il mantenimento del divieto per i medici di “provocare la morte in modo deliberato” protegge le persone in fin di vita e che il fatto di poter partecipare a “dare la morte” costituirebbe un pericolo per la società.