Tanto di cappello agli organizzatori del Giro per aver disegnato la splendida tappa di ieri, esaltata dallimpresa di un italiano e dalla cornice di pubblico, in questo caso aiutata da favorevoli e straordinarie condizioni meteo. Ma siccome non si finisce mai di imparare, sarà bene che i grandi capi della corsa rosa si annotino qualche rilievo critico. Nella discesa dallo Stelvio, dopo la tredicesima posizione di Dumoulin, gli intervalli di passaggio del resto del gruppo hanno cominciato a distanziarsi: 3-5 anche 7 minuti. In questo contesto le migliaia di cicloamatori saliti sui tornanti dello Stelvio, man mano hanno cominciato – a gruppi sempre più numerosi – a scendere in picchiata verso Bormio, col risultato che i 156 professionisti arrivati dopo Dumoulin a un certo punto si son trovati in traiettoria nugoli di turisti in sella, bambini compresi. Solo gli attardati oltre la mezzora da Dumoulin e con la fortuna di essere aggregati in folti gruppi hanno avuto una scorta motociclistica e dunque si sono tra virgolette salvati, ma gli altri, almeno una quarantina di professionisti che occupano la parte di classifica a ridosso della top ten e che scendevano isolati o al massimo in 3-4, si sono trovati nel marasma, costretti a frenare e schivare, e con scene anche plateali di disappunto nei confronti degli imbucati abusivi.
Personalmente ho assistito in questo senso a una scena con protagonisti gli austriaci Konrad e Muhlberger, tra laltro arrivati nei primi 20 della tappa e non certo nelle retrovie. Non si tratta solo di salvaguardare pari opportunità a chi è in competizione, in gioco cè il tema della sicurezza. Immaginatevi anche solo la vecchia e stretta galleria (a circa -7 km dal traguardo) in cui ci sono infiltrazioni dacqua e si creano pozzanghere. Per fortuna a un certo punto della gara ieri dopo il passaggio dei primi 20-30 corridori provvidenzialmente è stata segnalata da un motociclista addetto alla assistenza, ma se un incauto cicloamatore fosse caduto lì gli sarebbero finiti addosso senza poterlo schivare. Ringraziamo Dio che non sia successo nulla di grave proprio sul tema sicurezza. Queste situazioni spiacevoli non sono affatto rare nel ciclismo: qualche anno fa mi è capitato di vederle anche sul Ghisallo a un Giro di Lombardia, ma era la gara di un giorno.
In conclusione: è chiaro che, quando si propone un doppio passaggio dello stesso valico sia in senso ascensionale che di discesa, il pubblico in bici vada disciplinato, tanto più se si disegna una tappa così dura che il passaggio del gruppo finisce per avvenire come ieri in uno spazio di tempo di 52 minuti. Se non si può immaginare che ci sia una moto davanti ad ogni ciclista o che si proibisca luso delle bici, qualcosa va comunque fatto.