In attesa della ripresa degli allenamenti, fissata per mercoledì, nella Capitale non si fa che parlare di derby ma soprattutto di Marco Cassetti. Il difensore ha infatti regalato il gol partita ai giallorossi e, insieme a Julio Sergio, si è ricavato un posto nel cuore dei tifosi e nella storia della stracittadina romana. “Se devo dare un abbraccio particolare, non posso che darlo a Marco Cassetti che questo gol se lo meritava sia come uomo, sia come giocatore”, parola di capitan Totti e lui, il difensore della vittoria, aggiunge che “una notte così non la dimenticherò per tutta la vita”.
Come dargli torto? D’altronde, quella di segnare in un derby, è un’ambizione che hanno tutti i giocatori giallorossi. Marco Cassetti, che tra l’altro stava attraversando un periodo di alti e bassi, ha realizzato questo sogno e forse per lui ora si aprono nuove porte e prospettive più luminose per l’immediato futuro. A partire dalla stessa Roma, con la quale ha un contratto in scadenza a giugno.
Il difensore, con la maglia numero 77, è nato a Brescia, guarda un po’, nel maggio del 1977, segnando la rete del “destino” al minuto 77. Numeri e coincidenze, anche se davvero sorprendenti. Comincia la sua carriera dalla serie D (Montichiari), per poi approdare in C2 al Lumezzane. Nel 2000 esordisce in serie A tra le fila dell’Hellas Verona e da lì in poi collezionerà sempre più presenze nella massima serie.
Infatti, oltre all’esperienza veneta, Cassetti va poi ad indossare la maglia del Lecce, quella che inizierà a far parlare di lui nel giro delle squadre "che contano". E infatti poi ci sarà il grande salto alla Roma nel 2006 (stesso anno dell’arrivo di Julio Sergio!). Fino ad approdare, come in un baleno, alla magica notte del derby, catapultato in campo senza preavviso, con il ruolo di insospettabile protagonista.
“Io ho sempre creduto in questa squadra, abbiamo grandi potenzialità”, ha affermato il difensore a fine derby. Una costanza che lo ha premiato con il più bello dei regali: un gol nel derby in cui lui, pensate un po’, avrebbe dovuto guardare la partita dalla panchina.
(Marco Fattorini)