Frederich Merz ha aperto la campagna elettorale della Cdu per il voto tedesco del 23 febbraio lanciando un mercato unico fra Ue e Usa. Due giorni dopo la premier italiana Giorgia Meloni è volata da Donald Trump, presidente americano eletto, dando concretezza allo stesso messaggio: l’Europa può sopravvivere solo se diventa parte di un nuovo “blocco occidentale” con l’America.
Merz – di fatto cancelliere in pectore a Berlino – vuol ripartire da un “mercato unico”: il primo format dell’Europa unita, creato nel 1957 a Roma. Ma guarda con decisione a una dimensione strutturale transatlantica, cioè lo schema solidificato già nel 1949 nell’alleanza militare fra Stati Uniti ed Europa liberata dagli Usa.
La stessa agenda del vertice di Mar-a-Lago fra Meloni e Trump ha avuto il massimo dell’apertura. Il caso di Cecilia Sala ha fatto da spunto d’emergenza contingente nell’ampio dossier strategico mediorientale, fra Israele e Iran. Nel frattempo una nuova impennata del prezzo del gas ha colpito l’Europa all’indomani dell’offerta di Trump di sostituire il combustibile di provenienza russa (oggi bloccato dall’Ucraina) con quello statunitense. E di quanto sia già oggi decisiva Starlink – la rete satellitare inventata da Elon Musk – ha dovuto prendere atto negli ultimissimi giorni l’ormai effimera grandeur francese: senza Starlink il presidente Emmanuel Macron e i primi soccorsi da Parigi avrebbero incontrato più difficoltà a raggiungere le isole di Mayotte, spazzate da un uragano a nord del Madagascar.
L’impulso venuto da Merz e Meloni, appena doppiato il Capodanno 2025, appare in sé lineare. Dopo la Terza guerra mondiale il Vecchio continente deve seguire la pista tracciata al termine della Seconda, quando Nato e Piano Marshall furono i pilastri di una ricostruzione in ambito democratico. Questa poté coinvolgere inizialmente solo metà Europa, ma si estese poi fino ai confini russi dopo la caduta del Muro. La riunificazione tedesca è stata la leva strategica e simbolica di quella europea, portata a nuove dimensioni dall’unione monetaria e ricompresa in una Nato allargata.
È presto per approfondire in dettaglio tutte le prospettive di un nuovo “grande gioco” geopolitico che si aprirà il 21 gennaio con l’insediamento di Trump alla Casa Bianca. Paiono però già intuibili due possibili “regole”. La prima è che difficilmente in Europa vi sarà spazio per partite nazionali autonome, anzitutto nelle relazioni con la Cina. La seconda è che due dei tre maggiori Paesi dell’Ue mostrano una convergente sensibilità euramericana a partire da posizioni politiche oscillanti fra il centro e la destra. E su questo sfondo l’Ue di Ursula von der Leyen non sembra avere a disposizione troppo tempo per attendere la soluzione della crisi politico-istituzionale interna alla Francia. O il riposizionamento della Gran Bretagna fra spinte al ritorno nell’Ue e nuove scommesse sulla “relazione speciale” con gli Usa nell’era Trump.
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