Il bicchiere è mezzo pieno o mezzo vuoto? L’Italia torna dalle Olimpiadi Invernali di Sochi 2014 con otto medaglie, di cui due d’argento e sei di bronzo. Cominciamo dunque ad analizzare i “freddi” numeri. Pesa l’assenza di successi, come non succedeva dal lontano 1980, anche se va detto che i miglioramenti rispetto a Vancouver sono stati netti. Il movimento italiano non vive anni facili negli sport invernali, sono lontani i fasti di Olimpiadi trionfali come Lillehammer 1994 o comunque molto positive come tutte quelle dal boom di Alberto Tomba fino a Torino 2006, ma il peggio è passato. Il punto più basso è stato appunto il 2010, e il guizzo finale di Giuliano Razzoli era servito soltanto a salvare la faccia. A Sochi non è arrivato nessun oro, ma il bilancio è stato comunque sufficiente, grazie alle otto medaglie e anche agli altrettanti quarti posti, anche se ovviamente su questi ultimi pesa una domanda. Quanto questi piazzamenti – comunque eccellenti, perché arrivare quarti in una gara olimpica significa essere ai vertici mondiali – sono podi sfumati solo per sfortuna e quanto invece è mancato qualcosa in termini di personalità e tenuta psicologica al momento decisivo? In positivo ci sono il saldo delle medaglie (+3 sul 2010) e la crescita nella classifica a punti, quella che assegna otto punti a ogni successo e poi a scalare fino a un punto per ogni piazzamento nei primi otto. Qui l’Italia è dodicesima grazie a un totale di 38 piazzamenti per 142 punti, fotografia complessiva più corretta rispetto al ventiduesimo posto nel medagliere, influenzato dal fatto che un oro conta più di otto medaglie di altri colori. In positivo ci sono anche i valori di alcuni risultati. La discesa libera sta ai Giochi invernali come i 100 metri a quelli estivi, e l’argento di Christof Innerhofer ha portato dunque gli azzurri alla ribalta nella gara clou dell’Olimpiade; Armin Zoeggeler ha ottenuto il record storico assoluto della sesta medaglia nella stessa gara individuale in sei edizioni diverse; Carolina Kostner è salita sul podio nella gara più bella in assoluto di Sochi; Arianna Fontana ha stabilito alcuni record importanti nello short track in quanto a numero di medaglie, sia complessivo sia in una singola edizione. Ma soprattutto, l’età media dei nostri medagliati è stata di 25,81 anni, “nonostante” l’eterno Armin. Per fare un paragone, a Salt Lake City 2002 (edizione ben più positiva con 13 podi e quattro ori) fu di 30,47 anni. Insomma, come ha detto il presidente del Coni Giovanni Malagò, a Pyeongchang 2018 potrà essere possibile ottenere 10-13 medaglie, si spera anche con un buon numero di ori. Fin qui i dati positivi. Non mancano però i motivi di preoccupazione, che andranno analizzati con attenzione. Il primo è relativo allo sci di fondo, che ci regalava almeno una medaglia fin da Calgary 1988. Insomma, bisogna tornare al 1984 per trovare un’Olimpiade senza podi azzurri in quella che a lungo per noi è stata una miniera. Il problema – del fondo ma non solo – è l’esigua base di praticanti. Non è un caso che molti sport ci diano risultati solo grazie ad alcune piccole “isole felici” come la Valtellina nello short track e Anterselva nel biathlon, che è tornato a farci felici dopo troppi anni. A proposito di geografia: mai prima d’ora l’Alto Adige aveva avuto un peso così decisivo.
Solo le medaglie di “Arianna e le sue sorelle” non arrivano dalla provincia di Bolzano. Comprensibile che questa sia la leader del movimento degli sport invernali, ma su questo ci sarà da riflettere. Da Alberto Tomba a Deborah Compagnoni, da Manuela Di Centa a Stefania Belmondo, da Enrico Fabris a Giorgio Di Centa, solitamente le medaglie e gli eroi azzurri erano ben distribuiti in tutto il Nord Italia. E il resto del mondo? Il successo è stato della Russia, sia dal punto di vista organizzativo – tutti i dubbi della vigilia si sono rivelati infondati – sia da quello sportivo, anche se su quest’ultimo pesano alcune polemiche, vedi i voti per l’oro di Adelina Sotnikova ma anche sulla naturalizzazione di Victor An. In entrambi i casi, c’è di mezzo la Corea del Sud, organizzatrice fra quattro anni: nel 2018 ci sarà la “vendetta”? Nessun dubbio invece su chi domini gli sport di squadra: quattro ori tra curling e hockey, tutti e quattro sono andati al Canada. Tuttavia, l’Europa è tornata ad essere il continente dominante: citazione d’obbligo per la Norvegia, capace di chiudere davanti sia ai canadesi sia agli Stati Uniti, ma anche all’incredibile dominio dell’Olanda nel pattinaggio di velocità. Chiusura sui personaggi: tre ori per la norvegese Marit Bjoergen e la bielorussa Darya Domracheva, oltre che per Victor An. In copertina anche Tina Maze per lo sci alpino, Felix Loch nello slittino, Dario Cologna nello sci di fondo, Kamil Stoch nel salto, Vic Wild nello snowboard e Alexander Zubkov nel bob, tutti a quota due medaglie d’oro. Dulcis in fundo, il nuovo detentore del record assoluto nel numero di medaglie ai Giochi invernali: Ole Einar Bjoerndalen ha di diritto un posto nella leggenda dello sport. (Mauro Mantegazza)