Pechino 10 Agosto 2008,
Ieri ho fatto un po’ di foto, e le ho mandate agli amici de ilsussidiario.net. Quelle con i fiori sono della famosa piazza Tian’anmen. Sono composizioni veramente splendide. Le altre invece sono state fatte a Casa Italia, la residenza degli altleti azzurri e di noi preparatori qui a Pechino. Mi sono concesso anche una fotografia con Giovanni Pellielo, immagino ormai lo conosciate tutti, è il nostro atleta che ha vinto l’argento nel tiro a volo. Una gioia grandissima, e non solo sua, ma di tutti noi che eravamo qui a Casa Italia.
Stasera poi ho incontrato Noemi (Cantele ndr). Era proprio mogia per il risultato di questa mattina. Come sapete è arrivata quindicesima, nel gruppo dietro alle cinque di testa. Aveva dei problemi fisici e la gara è stata molto dura. Nei momenti importanti spesso le capita veramente un po’ di sfortuna di troppo, nonostante questo ha fatto davvero una grandissima gara. Spero abbia la possibilità di rifarsi nella cronometro, ma molto dipenderà da come sta fisicamente.
Poi abbiamo visto in diretta la vittoria di Matteo Tagliariol nella spada e abbiamo fatto una festa enorme, c’era un entusiasmo contagioso e tutti gli altri partecipavano a questo entusiasmo anche se erano di altre discipline.
Abbiamo anche seguito il nuoto, con la Pellegrini che ha fatto il record olimpico del 400 stile libero: c’è davvero l’impressione che stiamo vivendo una avventura comune a tutti. Sia nel bene, che nel male. Oggi abbiamo visto Bettini e Rebellin e ho avuto l’impressione che stessero vivendo anche loro che sono grandissimi atleti famosi al grande pubblico questa dimensione comune. Così anche, mi raccontava uno dei ragazzi, l’impatto emotivo per tanti campioni come Nadal, Federer o il dream team del basket Usa durante la sfilata inaugurale è stato pari a quello degli altri atleti: stiamo davvero vivendo una situazione particolare e – al meno qui – la vera tregua olimpica sembra essere quella del divismo e dei contratti milionari. Tutti si sentono uguali agli altri.
Oggi, davvero, ho vissuto due aspetti contrastanti dal punto di vista emotivo. Prima la gioia, dicevamo, di questa medaglia d’argento. Lui era contentissimo, raggiante. Poi, dicevo ho incontrato Noemi che era tristissima. Io non le ho detto molto, anche perché gli atleti sanno che le regole del gioco sono queste: su dieci gare che fai ne puoi sbagliare sette, e magari puoi sbagliare quella a cui tieni di più. In momenti come questi non è a livello tecnico o professionale che credo si debba stare vicini a un atleta, ma a livello umano. Gli atleti sanno che può capitare di perdere una gara, per arrivare qui hanno vinto tanto, ma è anche capitato di rimanere delusi per risultati negativi. E’ a livello umano che si deve accompagnare un atleta di fronte a queste delusioni. Questa è un’esperienza umana come tante altre e da li si deve poter ricominciare, come sempre. E si riparte dal fatto che una persona vale e genera stima per la dignità del suo tentativo umano di affrontare una circostanza con tutta se stessa, come nel caso di Noemi. Il risultato è importante, ma non la può determinare.
Quanto più un allenatore e un atleta hanno questa profondità di rapporto umano, tanto più questo atleta potrà migliorare anche tecnicamente perché ogni alibi viene a cadere. Altrimenti c’è la tentazione di ributtare tutto sulla sfortuna, sull’infortunio, sulla contingenza, mentre così non serve trovare scuse ma si sta davanti alla delusione come alle circostanze tecniche con verità e allora si riesce davvero a migliorare, a crescere e a diventare più forti. E’ l’attenzione alla persona, all’uomo che fa la differenza. E la fa davvero.
Silvano Danzi