Milano – Uscite inaspettate. Sono quelle che caratterizzano la vita della società nerazzurra nelle ultime settimane: da una parte l’eliminazione anticipata dalla massima competizione europea per mano degli inglesi del Liverpool, dall’altra le dichiarazioni di Mancini nel post-partita ed i recenti commenti di Ibrahimovic “rubati” dalle telecamere al momento della sostituzione nell’ultima partita contro il Palermo. Il tutto nel momento più caldo della stagione, ad una decina di partite dalla fine del campionato e all’approssimarsi di una settimana chiave in ottica scudetto, con l’ostica trasferta al Ferraris per la sfida contro il Genoa e col “derby d’Italia” con la juve a fine settimana. A fare il punto della situazione sulla capolista alla luce degli ultimi avvenimenti che l’hanno turbata è Nando Sanvito, giornalista professionista, già collaboratore da Madrid per Il Giornale di Indro Montanelli fino al 1984, poi redattore del settimanale Il sabato fino al 1988, collaboratore di Fininvest comunicazioni fino al 1991, e dal 1992 in forza alla redazione sportiva di Rti-Mediaset.
Incomprensioni – Partiamo dal caso Ibrahimovic e dal suo “Speriamo che questo se ne vada” rivolto a Mancini che lo aveva sostituito in Inter-Palermo: «Quando un giocatore viene sostituito non è felice, qualche gesto di rabbia ci può scappare. In questo caso però c’era qualcosa che covava nell’animo di Ibrahimovic. Ultimamente si era creata tensione tra lui e l’allenatore a proposito della gestione del suo problema al ginocchio. Mancini riteneva che lo svedese si fosse esageratamente risparmiato nel periodo tra le due partite col Liverpool. A sua volta il giocatore aveva sentito la sostituzione contro gli inglesi come un dispetto fatto a proposito dal tecnico, un cambio – a qualificazione compromessa – per metterlo alla berlina nei confronti del pubblico, che infatti lo aveva fischiato, colpevolizzandolo della eliminazione. Una sorta di standing ovation al contrario. Mancini fino a quel momento aveva sostituito solo 5 volte su 26 partite il giocatore e quando la storia si è ripetuta la domenica seguente contro il Palermo è esploso. In quel momento non ha pensato che il cambio fosse stato chiamato per fargli risparmiare energie visto che tre giorni dopo si sarebbe giocato di nuovo. Ha pensato che tra lui e Cruz non era stato lui a giocare peggio e quindi se qualcuno doveva uscire sarebbe stato l’altro. Ci ha letto insomma una sorta di accanimento».
Mancini – Viene a questo punto spontaneo sospettare che la rabbia di Ibrahimovic possa essere indice di qualcosa che non funziona all’interno dello spogliatoio, la spia che avverte che non tutti gli ingranaggi sono ben oliati: «Inevitabile – dice il giornalista – che la gestione di un gruppo da parte dell’allenatore porti qualche volta a degli scontenti, a situazioni un po’ di conflitto. Certo è che se in una fase delicata della stagione, che coincide con l’eliminazione dalla Champions League, l’allenatore si presenta dicendo che probabilmente se ne andrà, poi lo ripete il giorno dopo alla Pinetina ai giocatori prima dell’allenamento, e poi la sera praticamente fa retromarcia dicendo il giorno dopo ai giocatori “Ho sbagliato”, è chiaro che un po’ di credibilità la perde nei confronti dello spogliatoio e quindi diventa più difficile per lui gestire certe situazione che già sono difficili da gestire normalmente». Siamo giunti così all’altro nodo cruciale dell’ultimo periodo nerazzurro, la dichiarazione di Mancini secondo cui , nonostante il lungo contratto col club, questi saranno gli ultimi mesi sulla panchina interista.
Aut aut – Incalziamo Sanvito: è possibile che non sia stata la dichiarazione di Mancini il punto di partenza? E’ lecito pensare che ci fossero dei malumori pregressi nel gruppo? Anche su questo ha le idee chiare: «Intanto quella di Mancini è stata una dichiarazione mirata, senza che fosse sollecitato, preceduta da un “Credo che” in qualche modo utile a metterlo al riparo da possibili negative conseguenze sul piano legale-contrattuale. Frasi non perentorie che davano margine a una eventuale trattativa con il presidente, sorpreso e amareggiato da quelle parole dette in pubblico. Durante il successivo chiarimento faccia a faccia Mancini probabilmente pensava di trovare un presidente in qualche modo disposto a trattare la sua permanenza, invece ha trovato un Moratti molto fermo sulle sue posizioni e che ha preteso una sua rettifica pubblica, pena l’immediato esonero la sera stessa dell’incontro. A quel punto l’allenatore ha capito che l’unica soluzione era tornare pubblicamente sui suoi passi». Naturale chiedere a quale tipo di accordo avrebbe mirato Mancini. Il parere di Sanvito è che volesse avere maggior peso nella gestione della squadra: «epurazione di giocatori sgraditi, autonomia sul mercato, competenza sullo staff medico: insomma un ruolo di allenatore-manager all’inglese». Un’uscita che dunque non sarebbe stata finalizzata, come in molti hanno pensato, a scuotere il patron di via Durini nell’altro senso, spingendolo a licenziare un Mancini che, ormai ai ferri corti con la dirigenza, avrebbe preferito questa soluzione: «L’occasione ce l’aveva perché Moratti era deciso ad esonerarlo, se il suo obiettivo fosse stato quello di risolvere subito il suo rapporto con l’Inter ne avrebbe avuto la possibilità. Credo invece fosse proprio un modo per far uscire allo scoperto il presidente e poter negoziare il suo futuro nel club».
Futuro – Quale dunque il peso di questo dietro-front? Quale il destino dell’ex doriano a fine campionato? «Questa retromarcia nei termini formali in cui è avvenuta può anche far discutere perché nella lettera ci sono alcune incongruenze rispetto alle sue precedenti dichiarazioni, quindi io non so se sia veramente farina del suo sacco. Resta il fatto che questa retromarcia c’è stata e quindi è chiaro che la dobbiamo prendere per buona. Per quanto riguarda il futuro adesso come adesso non me la sentirei di mettere la mano sul fuoco sul fatto che a giugno Mancini possa essere ancora l’allenatore dell’Inter»; una breve pausa, poi rincara la dose: «Direi che per come è avvenuta la cosa le possibilità che resti sulla panchina sono di molto diminuite, ma Moratti è imprevedibile». Sanvito ha poi una personale opinione sulla legittimità del gesto di Mancini: «Credo che ormai Mancini dopo tre anni avesse capito che tipo di interlocutore aveva davanti, che avesse capito come Moratti gestisce la società, com’è fatto insomma. Se riteneva questo tipo di gestione del club incompatibile con la sua visione aveva l’occasione di interrompere il rapporto quest’estate quando gli è stato offerto il rinnovo del contratto, poteva dire “no”; avendo detto “si” è ovvio che si è preso anche tutti i rischi che questa scelta comporta». Tanto più che Mancini ha avuto molta più autonomia di molti altri allenatori del passato, gli è stata lasciata una maggiore libertà di incidere nelle decisioni societarie, ad esempio di mercato, rispetto ai molti colleghi che l’hanno preceduto.
Campionato – Interessante a questo punto capire come queste vicende possano influire sul prosieguo del campionato. «Non credo che la situazione creatasi attorno a Mancini influenzi le motivazioni dei giocatori sull’obbiettivo scudetto. Questi giocatori non vincono per Mancini, non vincono per Moratti, vincono per se stessi. Mi sembra inoltre difficilmente ipotizzabile un crollo verticale della squadra e nello stesso tempo che la Roma non paghi qualcosina sul fronte di tutte le competizioni in cui è impegnata. Questo dice la logica, anche se nel calcio non sempre è lei a dettare le regole…».