Abbiamo chiesto a Franco Bragagna, voce dell’atletica della Rai, un commento, in esclusiva per ilsussidiario.net, sulla debacle dell’Italia ai recenti Mondiali di Berlino 2009.
Bragagna, da cosa dipende la crisi dell’atletica italiana?
L’atletica è lo sport più competitivo. C’è tutto il mondo che partecipa a questa disciplina a differenza di altri sport. Quindi è anche più difficile primeggiare. Nel nuoto, ad esempio, l’Africa praticamente non esiste. L’atletica rimane il primo sport, quello universale, a cui guardano tutti. Ciò non giustifica comunque la crisi dell’Italia che è anche un declino dell’occidente rispetto ad altre parti del mondo. C’è da dire che la Francia ha ottenuto risultati importanti come la Gran Bretagna per via anche della presenza degli atleti delle ex colonie. Noi abbiamo meno immigrati rispetto alle altre nazioni ma anche la Germania e la Spagna hanno fatto meglio di noi, quindi anche questa non può essere una scusa.
E quindi qual è il motivo di questa crisi? Mancano più i bravi allenatori o i giovani talenti?
Entrambe le cose. C’è sicuramente una mancanza di grandi campioni. Parlando di allenatori va sottolineato il fatto che l’atletica non paga tanto, i tecnici così preferiscono rivolgersi ad altri sport. In Italia non è facile vivere con l’atletica…
Molti parlano della mancanza dello sport nelle scuole…
Lo sport nelle scuole è all’anno zero. E’ un disastro. Quando i Giochi della Gioventù erano al massimo del loro splendore i risultati si vedevano. Poi si fa molto meno sport nei cortili, negli oratori… i ragazzi stanno delle ore davanti a internet anziché giocare, fare attività fisica. Nelle scuole lo sport lo si fa poco e male. Rispetto alle altre nazioni siamo indietro anni luce.
Secondo lei qual è il settore dove siamo più in crisi?
Purtroppo, devo ammetterlo, stiamo facendo fatica dappertutto. Nella velocità, come nei salti, come nei lanci. Ci tenevano in piedi la marcia e la maratona, Il salto in alto, per fare un esempio, non può reggersi in piedi ogni volta con gli exploit di Antonietta Di Martino…
A proposito di crisi, come vede quella di Andrew Howe. Tornerà quello di prima?
Howe sicuramente ha avuto un grave infortunio. Per sapere se la sua carriera tornerà quella di un tempo dobbiamo aspettare. Certo, molti infortuni non nascono per caso. Nel senso che un atleta deve sapersi anche gestire. E magari se Howe affiancasse alla madre, che è sua allenatrice, altri preparatori, sarebbe una cosa buona.
E come si spiega il fatto che abbiamo centri federali d’eccellenza, disertati spesso dai nostri migliori atleti?
Significa che tanti nostri atleti preferiscono allenarsi per conto proprio. Non è una giustificazione certo a non frequentare questi centri, però non è neanche la principale ragione di questa crisi dell’atletica italiana. Soprattutto la Scuola di Formia è sempre quella che ha mantenuto un livello più elevato, a cui si rivolgevano anche molti atleti stranieri. Non dimentichiamo poi che la fortuna dell’atletica italiana sono stati per tanto tempo i gruppi sportivi militari.
C’è qualche talento del futuro che potrebbe fare cose buone alle Olimpiadi di Londra 2012?
Per Londra 2012 è ancora presto. Per il 2015 è possibile. Sto parlando di Alessia Trost classe 1993, una ragazzina nel salto in alto. E di Josè Bencosme un ragazzo di origine dominicane, corre i 400 e i 400 ostacoli.
Parliamo del fenomeno Bolt. Sono più i benefici derivati dall’effetto traino del personaggio o il giamaicano rischia di offuscare con le sue vittorie e i suoi record il resto degli atleti?
Ci sono tutti e due gli aspetti. Mai come ora l’atletica ha avuto con l’effetto Bolt un interesse incredibile da parte di tutti nel mondo. Bolt non è solo un fuoriclasse, è anche un grande comunicatore che farebbe bene a ogni sport. Ciò non toglie ovviamente che il resto dei campioni rischia di passare inosservato dinanzi a questo campione eccezionale.
Come sta l’atletica a livello mondiale?
Mi sembra che questa politica della Iaaf, la Federazione internazionale di atletica, non sia del tutto convincente e sia spesso confusa. Parlando della geografia dell’atletica mondiale ci potrebbe essere certamente una crescita della Cina, per il resto vediamo molte conferme. Nella velocità vincono sempre gli atleti statunitensi e quelli dei Caraibi, i migliori, in genere comunque quelli di colore. Nel mezzofondo e nel fondo l’Africa è sempre destinata a comandare. Per fare un esempio, è difficile che un velocista bianco torni a primeggiare come ai tempi di Mennea.
Eppure l’atletica fa sempre grandi ascolti a livello televisivo ovunque. Anche durante i Mondiali di Berlino c’è stato notevole interesse anche in Italia…
Si è vero abbiamo avuto degli ascolti molto alti, nonostante l’Italia non abbia preso una sola medaglia. Ciò testimonia che l’atletica è ancora uno sport di prima fascia, la regina degli sport. Chissà se avessimo avuto un fuoriclasse di straordinaria grandezza…
(Franco Vittadini)