Lippi-Donadoni, atto secondo. Continua la schermaglia a distanza tra il vecchio ed il nuovo allenatore della nazionale italiana: quello attuale e vincente, accusato di avere contribuito con le sue pressioni all’esonero di Donadoni, e quest’ultimo, cacciato e perdente dopo la debacle azzurra all’Europeo. Proprio il bergamasco aveva recentemente lanciato qualche frecciatina al collega che lo ha sostituito: «Io posso tranquillamente guardarmi allo specchio, non credo che altri possano fare altrettanto». Replica del viareggino: «Non penso che Donadoni si riferisse a me e comunque io ho dato la mia disponibilità a tornare in nazionale soltanto dopo essere stato contattato dal presidente Abete. Qualsiasi altra ricostruzione dei fatti è destituita di fondamento». Donadoni, non contento, rincara la dose con ancora maggiore chiarezza sul bersaglio delle sue affermazioni: «Adesso andrò a vedere partite, mi aggiornerò. Non mi metterò in vetrina come ha fatto Lippi». Immediata la risposta: «In vetrina? Forse Donadoni voleva dire che sono andato in tv»; e poi: «Il tridente è una possibilità di gioco. Del resto anche chi mi ha preceduto ha schierato tre attaccanti… mentre io ero in televisione».
A stemperare la dialettica è intervenuto Carlo Ancelotti, con l’ironia che lo contraddistingue e il suo fare mansueto da pacere: «Anche se non è proprio la frase più adatta in questa vicenda, diciamo che tra moglie e marito non bisogna mettere il dito… Solo che per non urtare la suscettibilità di Lippi e Donadoni è meglio non approfondire chi, in questo caso, è la moglie e chi il marito… In realtà credo che qualche battuta tra di noi allenatori possa fare anche bene, l’importante che non si esageri e che le battute non diventino troppo acide».