Per capire una corsa come il Mondiale bisogna partire dall’inizio. La domenica del Mondiale comincia in maniera sonnolenta: sveglia dell’antidoping alle 6:35 per gli azzurri. Comincia Cunego, finisce Bettini; così, all’alba, i nostri 9 uomini si sottopongono al controllo a sorpresa. Poi si preparano alla gara: indossano il completo da ciclista (questa volta, giustamente, tinte del nostro colore, quello azzurro-Savoia, e non di quello bianco-sponsor usato alle olimpiadi), e finalmente si parte. Il cielo è azzurro, il sole fa capolino subito sul circuito, l’aria è calda al sole, e fresca all’ombra, per colpa e merito di una brezza montanina che avrebbe poi tenuto compagnia per tutta la giornata ai corridori. Subito in fuga 3 atleti: Ochoa Quintaro, venezuelano, Goss, austriaco, Chuzhda, ucraino: sconosciuti ma coraggiosi. Dietro il bel tempo fa stare tutti quieti. Dopo 3 giri, ossia 52 km, i fuggitivi tengono una media di 39 km all’ora, il gruppo di soli 35 all’ora. Il vantaggio dei 3 coraggiosi continua a crescere: 7 minuti prima, poi 10. Addirittura, quando i giri percorsi sono 6 e alla fine ne mancano 9, raggiungono i 17 minuti. Saranno sconosciuti quei 3, ma 17 minuti sono tanti, troppi: qualcuno deve prendere in mano la situazione. Chi? Di sicuro non gli spagnoli, perché da quando hanno vinto 2 mondiali e un’olimpiade succhiando le ruote agli italiani pensano che il modo di correre in bici sia quello, ossia quello trapattoniano. E allora ci pensa l’Italia col suo super uomo di fatica: MARZIO BRUSEGHIN. Bruseghin, che quest’anno ha fatto 3° al Giro, 9° alla Vuelta e ha portato a termine pure le 3 settimane di Tour, si mette davanti e tira, tira, e ancora tira. Sempre. L’Italia di Ballerini, come già al mondiale di Salisburgo di 2 anni fa, decide di comandare dall’inizio alla fine: quando si hanno tanti campioni lo si può fare, e quindi è giusto farlo. Bruseghin tira regolare in pianura, e rilancia la bici di forza in salita. Quando mancano 8 giri lo svantaggio del gruppo è sceso a 15 minuti. Quindi il milanese BOSISIO affianca Bruseghin, e lo svantaggio cala ancora. Poi arriva anche PAOLINI, e quando mancano 7 giri alla fine il vantaggio è sceso a 6 minuti. La corsa va via così, noiosa, coi 3 (Ochoa, Goss, Chuzhda) davanti e Bruseghin con l’Italia ad inseguire. A questo punto tutta la squadra italiana, salvo Rebellin e Cunego, si mette davanti a tirare. BETTINI, in sesta posizione, fa da capitano e sprona i suoi. Quando mancano 90 km alla fine, e se ne sono già coperti 170, i 3 fuggitivi restano solo con 6 minuti di vantaggio. L’Italia continua a dare il ritmo, e qualche belga, finalmente, si degna di dare una mano ai nostri, e quando mancano 4 giri ormai i 3 hanno poco più di un minuto. Poi una fiammata: sulla salita di via Montello, CUNEGO, GARATE, RODRIGUEZ e BETTINI assieme a pochi altri compagni di ventura si avvantaggiano. Può essere una mossa decisiva, ma si rivela poca cosa; gli spagnoli non collaborano e i nostri preferiscono non spremersi. Nel frattempo l’ucraino in fuga, Chuzhda, stacca gli altri 2, e si fa tutto il quart’ultimo giro da solo. Ripreso l’attacco di Cunego e Bettini, super-Stakanov-Bruseghin sta davanti a macinare. Lo aiuta anche Ballan, e i due veneti, insieme, riprendono l’ucraino e scarrozzano il gruppo. L’Italia c’è, ma la corsa non esplode. Partono scattini e controscattini, soprattutto dei francesi, con Le Meven; poi si avvantaggiano CUNEGO, REBELLIN, RODRIGUEZ, GRYVKO, ma senza convinzione. L’impressione è che le nostre seconde linee, Rebellin e soprattutto Cunego, siano in grande condizione atletica, però nessuno le aiuta mai a far partire una fuga. Bettini, la nostra punta, è sempre lì a vigilare. Scattini, abbozzi di scatto, ma mai qualcosa di più di questo, mai una fuga vera. Su tutto aleggia la figura di Bettini e la paura blocca i corridori: tutti i big controllano lui, e le fughe, sempre con almeno 2 italiani, stentano a prendere il largo. Sul traguardo, quando mancano due giri, ossia 34,7 km, il gruppo è compatto, con 64 elementi dei 205 partiti. TOSATTO è davanti, tiene alta l’andatura, e attacca in testa la salita di via Montello, con tutti gli italiani, salvo TONTI, che si ritira, ancora presenti in gruppo. Finalmente la gara, sino a quel momento poco selettiva, esplode. Davanti restano in 5, tra cui Ballan, Wegmann e Rodriguez; poco dietro il gruppetto con Cunego. Nel 3° gruppetto, con Bettini, Valverde, Freire, e tutti gli altri. Sembra l’ennesimo frazionamento destinato a durare un istante, invece il gruppetto di Cunego si riporta su quello di Ballan e grazie a Wegmann e a un olandese indiavolato riescono a tenere alta l’andatura e a presentarsi in 26 all’attacco della salita via Montello, 15a ed ultima volta che viene affrontata. Bettini è dietro: tutti lo marcavano e lui li ha fregati. Come a Pechino, Valverde & C. lo hanno controllato troppo, e lui ha mandato avanti gli altri mettendosi tranquillo a ruota. Con la differenze che, rispetto a Pechino, davanti non c’è solo Rebellin, ma anche Cunego e Ballan, due vincenti dallo sprint avvelenato che danno grandi garanzie per il finale. Dietro Bettini chiacchiera coi compagni di fuga; davanti, sulla salita dei Ronchi, Rebellin rilancia l’andatura e scatta quando mancano 10 km al traguardo. Viene ripreso ma Ballan scatta in contropiede; poi parte a tutta Pfanneberger. È l’attacco decisivo: rispondono solo in 5, tra cui i nostri BALLAN, REBELLIN e CUNEGO. Su 5 corridori, ben 3 sono italiani. Riscatta Rebellin, ma è ripreso; comincia la tattica degli stacchi alternati, per sfiancare gli avversari. Alla fine, per l’ennesima volta, scatta un italiano: questa volta è BALLAN. Nessuno va più a riprenderlo. Per il veneto, già vincitore del Fiandre alcuni anni fa, il falsopiano che conduce all’arrivo è una passerella trionfale. Urla, applausi, click dei fotografi e trombette da stadio lo sospingono fino al traguardo dell’ippodromo di Varese, dove va a vincere a braccia alzate. Dietro CUNEGO si impone nettamente nella volata per l’argento, Matti Breschel, danese, terzo, mentre REBELLIN finisce quarto. Un trionfo. Dietro, Bettini continua a salutare, stringe mani ai corridori che ha attorno e si gode l’abbraccio della gente, mentre tutti i grandi favoriti, che lo marcavano, si interrogavano se forse non valeva la pena attaccare a tutta come ha fatto l’Italia.