La vittoria di Roberta Vinci contro Petra Kvitova nella finale del torneo di Katowice, dove la ceca era numero 1 del seeding, ha valenza tripla. Intanto, preso in sè, si tratta dell’ottavo trionfo della tarantina in un torneo di singolare, il primo nel 2013 dopo che la scorsa stagione aveva trionfato a Dallas; poi, consente a Roberta di salire al dodicesimo posto della classifica WTA, cioè il piazzamento più alto in carriera, ora ad un passo da quella Top Ten che potrebbe consacrarla a 30 anni (un po’ come era accaduto a Francesca Schiavone); infine, mette tanta pressione addosso alla Kvitova, che tra cinque giorni ritroverà l’avversaria a Palermo, nella semifinale di Federation Cup (l’altra è Russia-Slovacchia, le ceche hanno vinto le ultime due edizioni e lo scorso anno ci avevano battuto 4-1 ancora in semifinale). Ieri, tutto facile: Roberta ha avuto un attimo di defaillance solo nel primo set, quando la Kvitova si è ricordata quali sono i motivi per cui ha vinto Wimbledon due anni fa ed è salita al secondo posto del ranking mondiale, ed ha rimontato dall’1-3 al 4-3 andando anche a due punti dal vincere il set. Da lì in poi è stata una marcia trionfale, fatta di tocchi di classe e ritmo che ha tolto certezze a una tennista che dopo aver conquistato l’erba londinese non è più stata se stessa, schiacciata forse dal peso delle responsabilità sul campo e debilitata sicuramente da qualche guaio fisico di troppo. La Vinci invece ha raggiunto oggi la sua piena maturità: i successi di coppia con Sara Errani l’hanno aiutata a sviluppare un gioco che funziona finalmente anche nel singolare, come dimostra la classifica e il fatto che ieri abbia battuto per la nona volta una Top Ten. “A Palermo sarà diverso”, avverte lei, “Petra arriverà carica, ma anche libera dalle pressioni del pronostico”. Un modo elegante per dire che l’Italia, anche grazie al rientro di Pennetta e Schiavone, ha una squadra top. Basterà per rimettere le mani sulla Fed Cup?