E’ ancora Novak Djokovic il signore di Londra. Terzo titolo Master per il serbo, il secondo consecutivo: piegato Rafa Nadal in un’ora e trentasei minuti di gioco. Potremmo cominciare da qui: dal tempo che Nole ci ha messo per vincere la partita e sollevare nuovamente il trofeo con i nastri blu. Oppure potremmo cominciare dal “super player” con cui Rafa omaggia l’avversario, per cui le fatiche non sono finite: ora c’è la finale di Coppa Davis. Le chiavi di lettura può sceglierle ognuno dei lettori e di chi ha visto la partita, quello che conta è la storia: Novak Djokovic ha schiantato Nadal in una finale che, non fosse stato per il carattere maiorchino che nessuno nel circuito possiede, e che forse nessuno mai ha avuto, sarebbe finita decisamente prima. Perchè in campo si è visto qualcosa di molto chiaro: si è visto un Rafa Nadal stanco, provato dal tour de force di un 2013 tutto spinto al massimo nel tentativo di recuperare i punti e le posizioni ATP perse. Ci è riuscito: aveva detto, prima di venire qui, che l’esito del Master non avrebbe cambiato la sua stagione. Chiunque contraddica questa affermazione può tranquillamente andare a rivedere le immagini dei 10 titoli conquistati da Rafa quest’anno; gli altri, che già sanno essere così, si gustano ancor più il capolavoro londinese di Djokovic. Si può dire tutto quello che si vuole, ma le realtà inconfutabili sono due. La prima: se Nadal è al 100% della forma fisica non lo batti nemmeno mescolando il DNA di Rod Laver, Bjorn Borg e Roger Federer. E questa sera Rafa non era al meglio, non lo è stato per tutto il torneo. La seconda: Nole lo conosce alla perfezione, e lo ha attaccato là dove era più debole. Sparandogli le risposte tra le stringhe delle scarpe, facendolo muovere per il campo e macinare chilometri, trovando un servizio incisivo (6 ace) e con percentuali paurose di realizzazione. A un certo punto è sembrato di vedere un incontro di boxe; non la prima volta, ma questa con un dominatore che chiudeva alle corde l’avversario e lo martellava senza pietà. Fin dai primi minuti: primo turno di servizio per Nadal, primo break. Sul Rafa ha vacillato per la prima volta, è stato in piedi salvando una palla break che lo avrebbe portato sotto 0-4 (malgrado due doppi falli, saranno quattro nel primo set); l’orgoglio spagnolo si è visto lì, quando certo Djokovic ha dato una mano sbagliando comodi colpi e però Nadal era lì ad approfittare minando certezze. Break, e parità raggiunta con tre errori in serie del serbo. La prima pietra sul successo, Nole l’ha messa a quel punto. Quando sul 4-3 si è procurato una palla break, se l’è vista cancellata ma sulla seconda ha tirato fuori nemmeno lui sa da dove un salvataggio in lob su un serve & volley perfetto di Nadal, che avrebbe fatto ciondolare la testa e cambiare lato del campo a chiunque. Non a lui: punto, secondo break, e chiusura subito dopo, quando pure la sorte gli è venuta incontro, sotto forma del nastro che ha accolto e mandato di là un drop di rovescio giocato non alla Djokovic. La seconda mattonella sui Championships, Nole la mette al terzo game del secondo set: palla break alla prima opportunità, con Rafa che invece annaspa e di possibilità di strappare il servizio all’avversario non ne vedrà più mezza. Il serbo va spedito come un treno: chiude a zero per il 3-1, sale con due ace. Poi arriva il momento topico: Nadal va al servizio, ma sbanda ancora e si trova a fronteggiare due palle break. Ed è qui che spiega al mondo perchè la vetta del ranking è meritata, perchè ha 13 Slam in carriera e perchè si dice che per batterlo devi farlo tre volte in una partità: il servizio che non aveva funzionato fin lì risorge, e con lui torna in vita Nadal, sia pure di sola rabbia, orgoglio e nervi. Lo spagnolo salva le palle break, sale 3-4 e poi, quando ancora serve sul 4-5, annulla al serbo un match point tirando un rovescio lungolinea, poi chiude ancora con il servizio, un dritto a uncino sulla riga e un “vamos” che sentono anche in Scozia. E tuttavia non basta, perchè il mondo sa della sua volontà ferrea ma anche di come Novak Djokovic sia ingiocabile da settembre in avanti: c’è spazio solo per un altro match point annullato, poi Rafa manda largo il terzo dritto incrociato da destra di una serie terrificante che Nole rimanda di là come i tocchi di un principiante alla quarta di dieci lezioni estive, e alza le braccia per la terza volta a Londra. “Complimenti per un anno strepitoso: la tua prima posizione mondiale è meritatissima”, si inchina Nole. E però il trofeo in mano ce l’ha lui, giunto a 22 vittorie consecutive e quattro titoli in serie, nel giro di un mese. L’ultima caduta? Agli Us Open, in finale. Contro Nadal. La rivalità non è certo finita stasera. (Claudio Franceschini)
Titolo a Novak Djokovic: il serbo vince gli ATP Championships battendo Rafa Nadal con il punteggio di 6-3 6-4. Dura poco più di un’ora e mezza la partita: terzo titolo Master per il numero 2 del mondo, per Rafa il torneo resta stregato.
Nadal fronteggia due palle break nel settimo game del secondo set e con orgoglio puro e da campione resta in partita: annulla con il servizio le due possibilità di Djokovic e ne mina per qualche secondo le certezze. 3-4, ma ora Nole va a servire per avvicinarsi ancor più al titolo.
Novak Djokovic ha in mano la finale dei Championships: il serbo centra il break nel terzo gioco del secondo set – nonostante Rafa annulli due palle break – e adesso la partita si gioca sui turni di servizio del serbo, che può così conservare il titolo conquistato sempre a Londra un anno fa.
Novak Djokovic vince il primo set: 6-3 in 44 minuti. Decisivo per il serbo un break nell’ottavo gioco (tre i break totali) e un nastro salvifico sul 5-3 15-30. Un Djokovic che ha spento la luce dopo il 3-0 iniziale, si è fatto rimontare ma è poi stato più lucido nel tenere il campo e trovare sempre il campo con i pedi. Ora, Nadal è chiamato al riscatto.
Altro break per Novak Djokovic: pazzesco recupero del serbo che sulla palla break mette in campo un lob incredibile salvando un serve & volley del maiorchino che lo aveva spinto due metri fuori dal campo. Ora Nole serve per il primo set.
Rafa Nadal cancella una palla break ma poi si rialza: controbreak nel quinto game e ora siamo 3-2 per Djokovic, ma con lo spagnolo al servizio. Male il serbo, che con la partita in mano ha sbagliato qualche colpo di troppo e ha fallito le opportunità che aveva. Partita che dunque si riapre del tutto.
E’ un Djokovic sugli scudi fin qui: 12 punti a 4 e Nole è avanti 3-0 nel primo set, con break nel secondo game alla seconda palla utile. Nadal non riesce a trovare la profondità con i suoi colpi e così il serbo entra alla grande: non c’è partita, ma Rafa è un grande combattente e le partita è appena iniziata…
Nadal-Djokovic, è giunta l’ora: si è appena conclusa la finale del doppio con la vittoria di David Marrero e Fernando Verdasco su Bob e Mike Bryan, e così Rafael Nadal e Novak Djokovic sono pronti a fare il loro ingresso sul cemento della O2 Arena di Londra. Ricordiamo: scontro numero 39 tra i due, la partita più giocata nella storia dell’era Open. Il bilancio dice 22-16 in favore di Nadal, che conduce anche 4-2 nel 2013 e 6-4 negli ultimi 10 precedenti. Siamo però sul cemento, che è il regno di Djokovic: basterà questo a far vacillare il numero 1 del mondo? Chissà: scopriamolo insieme.
Ci siamo quasi: tra poco, non appena sarà terminata la partita di doppio che vede opposti i fratelli Bob e Mike Bryan agli spagnoli David Marrero e Fernando Verdasco, entreranno in campo Rafael Nadal e Novak Djokovic per la finale degli ATP Championships 2013. Per il quinto anno consecutivo si gioca a Londra: nel 2009 vittoria di Nikolay Davydenko su Juan Manuel Del Potro, nel 2010 Roger Federe si impose sul maiorchino, nel 2011 ancora lo svizzero (in finale contro Jo-Wilfried Tsonga) mentre lo scorso anno a imporsi fu Novak Djokovic, in due set su Federer. Nell’albo d’oro del torneo comanda il Re con sei titoli; due per Djokovic, ancora nessuno per Nadal.
Torna la grande sfida Rafael Nadal-Novak Djokovic, torna la grande rivalità degli ultimi anni: stavolta siamo alla finale degli ATP Championships 2013, volgarmente chiamati Master. Semplicemente, il torneo che chiude la stagione e che mette di fronte, in una formula rivoluzionaria per il mondo del tennis, gli otto migliori giocatori dell’anno solare, con due gironi da quattro e semifinali incrociate. Siamo, per il quinto anno consecutivo, alla O2 Arena di Londra: impianto che ospita anche concerti e partite di basket, e che è la più grande arena al mondo quando si parla di racchette e palle gialle. Questo torneo è stato vinto per sei volte da Roger Federer, che precede nell’albo d’oro Pete Sampras e Ivan Lendl (5), poi Ilie Nastase (4), quindi Boris Becker e John McEnroe (3). Come detto, formula inusuale: ogni giocatore ha un minimo di tre partite, questo perchè di fatto si tratta di un All Star Game che però, a differenza degli altri sport, conta tanto. E’ sempre dura definire il reale valore sportivo di un torneo; potremmo comunque dire che i Championships sono un gradino sotto gli Slam, ovviamente quando non ci siano di mezzo le Olimpiadi. Comunque: Nadal-Djokovic va in scena per la trentanovesima volta nella storia, una rivalità infinita che ha superato quella che ci aveva accompagnato nel secondo decennio del XXI secolo, e cioè Federer-Nadal, di cui ieri si è consumato il 31esimo capitolo. Non solo: i freddi archivi ci dicono che questo è l’incrocio più giocato dell’era Open, e questa sera andrà a +2 su Lendl-McEnroe a quota 37 (a 36, Connors-Lendl). I numeri: Nadal conduce 22-16, le finali sono in parità (9-9), nel 2013 il bilancio è 4-2 Rafa; nelle ultime 20 è 12-8 Nole, ma nelle ultime 10 è 6-4 per il maiorchino, che è anche 6-2 negli ultimi due anni riuscendo a rialzarsi dopo 7 sconfitte consecutive, tutte in finale (tra Indian Wells 2011 e gli Australian Open dell’anno seguente). Se ci spostiamo sul solo cemento, cioè la superficie che ospita la finale di questa sera (siamo in indoor, come in tutti i tornei che seguono gli Us Open) Djokovic si prende il vantaggio per 12-7. Le statistiche servono a inquadrare la portata della sfida, alla quale va aggiunto il fatto che i rivali sono attualmente il numero 1 (Rafa) e il numero 2 del ranking ATP: il sorpasso è avvenuto a Pechino, dove il serbo si è immediatamente preso una semi-rivincita battendolo in finale. Per Nadal la certezza di chiudere in vetta è già acquisita: succede naturalmente a Djokovic, che lo aveva fatto nel 2011 e 2012, e per il maiorchino si tratta della terza volta in carriera (dopo 2008 e 2010). Due precedenti sono rimasti nella memoria di tutti gli appassionati: la finale degli Australian Open 2012 è in cima alla lista di tutti gli scontri diretti tra i due, rimasti in campo nell’occasione per 5 ore e 53 minuti. La vittoria allora andò a Nole, che mise le mani sul terzo Slam consecutivo battendo Rafa nella terza finale Slam consecutiva (5-7, 6-4, 6-2, 6-7, 7-5). Poi, la semifinale del Roland Garros di quest’anno: 6-4, 3-6, 6-1, 6-7, 9-7 in 4 ore e 37 minuti, con Djokovic che nel quinto set ha sprecato un break di vantaggio mancando clamorosamente un paio di smash che gli avrebbero regalato la finale (e probabilmente il titolo). Va comunque detta una cosa: al di là dei set e delle ore di gioco, ogni volta che questi due giocatori si affrontano l’intensità raggiunge valori sovrannaturali. I numeri totali non mentono: Nadal ha 60 titoli in carriera (su 88 finali), Djokovic 40 titoli (su 61 finali); 13 Slam Nadal, 6 Djokovic; 26 Master 1000 Rafa (record), 16 Nole.
Entrambi, per dirne una, hanno dimostrato ampiamente di essere un gradino – se non uno e mezzo – sopra Roger Federer, cui l’età che avanza non concede più il lusso di tirare di racchetta come nei tempi d’oro. Il Re ci ha provato a Londra: si è scontrato con entrambi sapendo di aver ritrovato freschezza e braccio – vedi la vittoria contro Del Potro, rimontando per due volte un break di svantaggio – ma è stato prima rimontato da Nole e poi travolto da Rafa. La storia del tennis attuale è di Nadal e Djokovic: non per niente, nelle ultime quattro stagioni si sono messi in bacheca 12 dei 16 Slam disponibili (7 lo spagnolo, 5 il serbo), un dominio inequivocabile. Sancito e approfondito negli anni e sublimato nel periodo in esame: il 2010 è stato il regno di Nadal, capace di portarsi a casa tre Slam (Australian Open a Federer) oltre a Roma e Tokyo. Replicato da Nole l’anno seguente: tre Major (naturalmente, Roland Garros a Rafa) oltre a Montreal, Madrid, Key Biscaine e Indian Wells. L’avvento di Andy Murray ha spezzato una routine che altrimenti sarebbe diventato un duopolio chiuso a chiunque; ma è innegabile che siano loro due gli assoluto dominatori del circus. L’età ci dice che lo saranno ancora per lungo tempo: 27 anni Nadal, 26 Nole, e a meno che certi talenti in erba non facciano il passo decisivo (da Janowicz a Dimitrov passando per altri) la realtà sarà questa. Rafael Nadal è rientrato in campo dopo un infortunio che lo ha tenuto fuori per 8 lunghissimi mesi: scivolato al quinto posto nel ranking ATP e “macchiato” dalla sconfitta al secondo turno di Wimbledon contro la meteora Lukas Rosol, il maiorchino che nella maggior parte dei tornei si fa accompagnare da zio Tony e sempre dalla sorella e dalla fidanzata Maria Francisca Perello ha sconvolto l’opinione pubblica vincendo immediatamente il Master 1000 di Indian Wells (sarebbe rimasto imbattuto sul cemento fino a Pechino) e poi dominando la stagione sulla terra rossa, lasciando per strada solo la finale di Montecarlo (a Djokovic) e per il resto archiviando Barcellona, Madrid, Roma e l’ottavo Roland Garros, diventando il primo tennista nella storia a vincere così tante volte un singolo Slam. Il flop di Wimbledon (fuori al primo turno contro Steve Darcis) non lo ha fermato dal dominare anche la stagione americana: vittorie in serie a Montreal e Cincinnati, poi la chiusura del cerchio agli Us Open conquistati per la seconda volta in carriera, tredicesimo Slam che lo pone a un solo Major da Pete Sampras e 4 dal record di Federer. Tornato al numero 1 del mondo si è come fermato sul più bello, perdendo in finale a Pechino e in semifinale a Shanghai e Parigi-Bercy: qualcuno ci ha letto i segni di una crisi incombente, altri hanno sostenuto che stesse solo tirando il fiato dopo una stagione da record, lui a Londra ha battuto Ferrer (6-3 6-2), poi Wawrinka (7-6 7-6) con tanto di primato mondiale blindato per il 2013, quindi Berdych (6-4 1-6 6-3), schiantando in semifinale Roger Federer senza nemmeno concedergli il lusso di un set (7-5 6-3). Si presenta alla finale del Master per la seconda volta in carriera: nel 2010 perse dallo stesso Federer e, avendo già conquistato la medaglia d’oro olimpica (a Pechino 2008), rimane questo l’unico torneo che ancora gli manca nell’albo d’oro. Non così a Novak Djokovic, che lo ha conquistato nel 2008 (finale contro Davydenko) e lo scorso anno battendo Federer: il serbo è dunque il campione in carica e, esattamente come dodici mesi fa, ha dominato la stagione prima dei Championships, vincendo sia a Pechino che ai Master 1000 di Shanghai e Parigi-Bercy (dove però lo scorso anno aveva clamorosamente perso da Sam Querrey facendosi rimontare da 6-0 4-0, nel giorno del famoso ingresso in campo con la maschera di Darth Vader). Sono sei i titoli di Nole nel 2013: oltre ai tre sopra citati vanno aggiunti gli Australian Open (per la quarta volta in carriera), Dubai e Montecarlo. Anche il serbo ha conosciuto un periodo buio: in particolare negli Slam è stato battuto in successione dai rivali, prima dallo stesso Nadal al Roland Garros, poi da Andy Murray a gli Us Open e ancora a Wimbledon, infine sempre da Rafa a Flushing Meadows. L’opinione pubblica, sempre pronta a sbranarti e in cerca di novità da raccontare, ha parlato di regno in discussione, numeri a parte: la realtà è ben diversa e, pur se il serbo ha perso il numero 1 del ranking (cosa che peraltro era già avvenuta dopo Wimbledon 2012, quando era stato Federer a scavalcarlo), la grande ripresa è arrivata da campione, sfruttando un po’ la stanchezza di Nadal e un po’ la sua classe e potenza sul cemento, superficie che lo vede signore incontrastato. La grande regolarità è dimostrata dal fatto che negli ultimi tre anni, quelli cioè della consacrazione definitiva, Djokovic non solo ha vinto 22 tornei (tra cui cinque Slam e 10 Master 1000) ma ha anche giocato e perso otto finali, riuscendo sempre o quasi ad arrivare fino in fondo. Come a Londra: sconfitti Federer (6-4 6-7 6-2), Del Potro (6-3 3-6 6-3) e Gasquet (7-6 4-6 6-3), dominando poi la semifinale contro Wawrinka (6-3 6-3). Forse meno cannibale di altre volte, ma senza mai dare l’impressione di poter perdere. In più, è da tempo maturato: certe gag che lo accompagnavano nel circuito sono sparite o comunque sono limitate a occasioni particolari (recentemente ha ballato con raccatapalle e mascotte di Montreal sulle note di “Get Lucky”), e intanto ha deciso di convolare a nozze con la storica fidanzata Jelena Ristic, con cui sta da 8 anni e grazie alla quale (Jelena ha studiato alla Bocconi) sa parlare molto bene l’italiano e tifa per il Milan. Il testimone di nozze, si mormora, potrebbe essere Andy Murray, amico di lunga data del serbo; non Rafa Nadal, con cui c’è comunque il grande rispetto che intercorre tra due straordinari campioni. Che si trovano faccia a faccia anche oggi: appuntamento da non perdere, a partire dalle 21 di questa sera. Preparatevi alla sfida numero 39, la diciannovesima in una finale: Nadal-Djokovic sta per cominciare…
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