La recente cronaca fuori dal terreno di gioco e, in particolare, la mente va ai fatti di Udine (protagonisti i tifosi del Napoli), Reggio Calabria, Firenze, o alla contestazione in casa Lazio a Formello, hanno fatto alzare il livello dell’attenzione di tutti gli addetti ai lavori. Dai Questori sono partiti i provvedimenti di Daspo per i tifosi del Napoli, della Fiorentina e della Reggina. Tutti, chi più e chi meno, sono pronti a portare avanti il refrain del ritorno delle famiglie allo stadio. Quali genitori? Quelli che ogni domenica si arrampicano alle reti dei campionati giovanili per inveire contro arbitro e avversari? Abbiamo chiesto un parere in esclusiva per ilsussidiario.net a Maurizio Marinelli, direttore del Centro studi sulla sicurezza pubblica e professore di Sociologia dello Sport presso l’Università Statale di Brescia. Marinelli sgombra il campo dai possibili equivoci e senza mezzi termini auspica «un cambio di mentalità» a tutti i livelli e che, soprattutto, «le norme approvate vengano adottate». Non manca, quindi, un chiaro riferimento alla questione del biglietto nominale e all’annoso problema degli stadi di proprietà. E per chi tradisce la fiducia delle istituzioni lo stop alle trasferte diventa quasi automatico.
Marinelli, partiamo dagli scontri causati dai tifosi napoletani nella trasferta di Udine. Cosa è successo?
I tifosi del Napoli dopo tante trasferte vietate hanno ripagato in questa maniera la fiducia. Le trasferte organizzate inducono a una riflessione: i napoletani, ad esempio, sono in ogni parte d’Italia e, nonostante il divieto, possono andare allo stadio a vedere le partite della loro squadra. Proibire le trasferte è, comunque, un motivo valido se si tengono i comportamenti di domenica.
Gli episodi di violenza sono mutati nel corso degli anni?
Mi sembra di poter dire che la violenza è un po’ cambiata. Ci sono nuovi fenomeni da controllare come l’utilizzo dei laser per infastidire i giocatori. Con le telecamere si possono individuare i responsabili, ma servirebbe il biglietto nominale per sapere chi occupa questa o quella posizione. I tifosi non vogliono, però, essere schedati.
Per quanto riguarda il biglietto nominale anche molte società e alcuni dirigenti hanno lamentato qualche perplessità…
In Italia va superato tutto questo provincialismo. Ci deve essere l’interesse di tutti: se ci sono le regole vanno rispettate.
Anche a Formello è salita la protesta degli ultras…
Sono episodi che vanno interpretati: a Formello abbiamo assistito alla contestazione di una tifoseria nei confronti della propria squadra.
Si può dire che la violenza è aumentata?
Il dato più preoccupante resto quello dell’aumento nelle categorie minori, dove c’è una violenza inaudita anche nelle partite dei giovani. Siamo in presenza di un approccio culturale sbagliato, bisogna fare un progetto educativo che coinvolga le famiglie, gli oratori, le scuole e le squadre. La società deve insegnare a rispettare l’avversario.
In pochi toccano questo tasto, perché?
Sono episodi che hanno un minor rilievo, ma basta chiedere ai Comitati regionali per avere il quadro della situazione.
In passato si è fatto più volte il raffronto tra l’Italia e l’Inghilterra, Paese nel quale sono riusciti a contenere il fenomeno hooligans, cosa ne pensa?
Siamo in presenza di situazioni differenti. In Italia abbiamo problemi all’interno, in Inghilterra, salvo qualche caso, hanno a che fare con gli ultrà che seguono la nazionale.
Che fare?
All’Italia serve un cambiamento di cultura.
E’ d’accordo con chi sostiene l’introduzione di nuove norme?
Sarebbe sufficiente che le norme approvate, vengano adottate. Con gli stadi di proprietà delle società si potrebbe incominciare a risolvere alcuni problemi.
(Luciano Zanardini)