Da capitano-condottiero a terzo incomodo o, peggio, capro espiatorio di una crisi sorprendentemente profonda. Dal compimento del 34esimo anno, in data 27 settembre, Francesco Totti non ha certo trascorso giorni di festa e spensieratezza. A cavallo della crisi giallorossa, proprio lui, 245 gol e una carriera senza eguali nella storia romanista, è stato messo in discussione per le ultime prestazioni e il rapporto con mister Ranieri. Tifoseria e addetti ai lavori si sono interrogati sul ruolo di Totti, se punta o trequartista, titolare inamovibile o giocatore da “massimo 20 partite”. E ancora le sostituzioni, i gol, il ruolo nella società. Fino ad arrivare allo spiacevole episodio del sasso lanciato contro il suv del calciatore (una Mercedes ML) nella notte, a due passi da casa.
“Posso accettare le critiche per quanto avviene in campo ma ultimamente mi ha amareggiato l’accanimento che c’è stato nei miei confronti sul piano personale”. Dopo la lettera al Corriere dello sport e il silenzio stampa imposto da Rosella Sensi, capitan Totti è tornato a dire la sua a margine della premiazione per il “Golden Foot 2010” a Montecarlo. Il riconoscimento, un premio internazionale alla carriera per cui erano in lizza anche Raul, Buffon, Beckham, Pujol, Eto’o, Gerrad, è stato vinto proprio dal numero 10 giallorosso grazie ai voti via web espressi dai tifosi di tutto il mondo. Totti avrà ora l’onore di lasciare l’impronta dei propri piedi sul lungomare di Monaco per una sorta di “Walk of Fame” dei calciatori dove hanno già messo la propria firma, tra gli altri, Roberto Baggio, Pavel Nedved e Ronaldo.
A margine del premio monegasco, il capitano rompe il silenzio. E lo fa in un momento delicato, tra i più bui della storia recente giallorossa, in cui Totti è implicato, ma non passivo spettatore. "Ho parlato con Ranieri – ha dichiarato a Sky Sport – sono a sua disposizione. Se sto bene vorrei giocare, ma se il tecnico mi vorrà mandare in panchina, lo accetterò volentieri". Conclusa l’era degli intoccabili a Trigoria, anche Totti (com’è giusto che sia) è in discussione e il suo utilizzo vagliato da Ranieri. Ma il messaggio del numero 10 è rivolto a tutti, compreso chi ha intravisto aria di guerra nei suoi atteggiamenti recenti. Atteggiamenti che tifosi, critica e occhi indiscreti vari hanno passato in rassegna con anomala oculatezza.
Lo sguardo incupito, l’uscita dal campo senza passare dalla panchina, le parole sul catenaccio e le lettere al giornale. Ogni gesto del capitano è stato letto con la lente della miglior dietrologia politica dei nostri tempi. Senza fermarsi a riflettere sulla semplicità e la sincerità delle emozioni di un giocatore combattivo per la propria maglia. Francesco Totti è sempre stato emblema di genuinità e schiettezza, senza la pretesa di apparire davanti a questo o quel riflettore. E se oggi è tornato a reagire da capitano, con tanta grinta e pochi peli sulla lingua, è stato perché Totti continua a scommettere sulla Roma come fa da vent’anni a questa parte. Lui, che più di tutti ha servito la causa giallorossa, ora è additato quale imputato principale in un processo affollato quanto confuso.
La tattica del capro espiatorio non regge perché il problema della Roma non è insito nell’individualità dei suoi calciatori ma nello spirito di un gruppo che sembra rimasto fermo al maggio scorso. Tra una difesa colabrodo, un centrocampo in ritardo di condizione e un attacco sovraffollato ma abulico, ora qualcuno pretende di spedire Totti in pensione e risolvere di colpo tutti i problemi della squadra. Isterismo o malafede? Forse anche un pizzico di amnesia, visto che numeri e prodezze del numero 10 sono verificabili ovunque, compresi i 25 gol della passata stagione. D’altronde la pur non cercata sovraesposizione mediatica del capitano lo ha condannato ad un’amplificazione di dichiarazioni e comportamenti che lo riguardano. Con il risultato che, in un paio di settimane, uno degli ultimi talenti nostrani che avrebbe meritato di vincere il pallone d’oro è stato trasformato in un vecchio scarpone da riporre in soffitta. Per fortuna qualcuno, lassù a Montecarlo, si è ricordato del capitano.
(Marco Fattorini)