Molto è stato detto, troppo è stato scritto. E l’impressione è che si sia persa un’altra, l’ennesima, occasione. Perché, come al solito, la morte di Morosini è stata investita da un’ondata di retorica, il solito pesantissimo moralismo che tanto piace sfoderare in queste occasioni. È infatti ancora nella memoria il ridicolo “Insegna a impennare agli angeli” che si era diffuso dopo la morte di Simoncelli, e come allora sta passando in secondo piano l’unica cosa che conta, cioè il restare in silenzio di fronte alla scomparsa di questo giovanissimo ragazzo. E la cosa peggiore che possa succedere, è cercare di colmare questo silenzio con mielose frasi da “bacio Perugina” o con assurde accuse ad un fantomatico ritardo dell’ambulanza. La cosa più incredibile, più triste, è che non si riesca ad accettare il fatto che la morte ci possa sorprendere quando meno ce lo aspettiamo: nessuno muore accompagnato dal suono di violini, ma all’improvviso, in qualsiasi condizione egli sia. Il rifiutare questo fondamentale aspetto della nostra vita sarebbe irrazionale, ed è molto più interessante cogliere questa tragedia come occasione per capire che la vita non è nostra e non ce la diamo noi, piuttosto che lamentarsi ed arrabattarsi in contorte domande senza via d’uscita. “Com’è possibile morire così?”, ci si chiede: è possibile, è successo infatti, e non c’è niente e nulla che si possa fare. “Si poteva evitare?”: forse si, forse no, il problema, almeno immediato, non è questo! Ecco perché, seppur fastidiosa per noi spettatori, è giusta la decisione di sospendere il campionato: perché anche il calcio deve fermarsi, deve restare in silenzio a guardare quello che è successo, per capire che c’è qualcosa da cui dipendiamo che può cambiare tutto, in tutti gli istanti, più grande e misterioso di un gol o di un tackle. Insomma, l’atteggiamento giusto non è cercare protagonismo con l’azione o la frase “morally correct”, ma è una specie di passività, nel senso di farsi investire in pieno da ciò che è successo per poter provare a trovare un senso. E paradossalmente, è ciò che ha fatto colui che meno mi aspettavo: Mario Balotelli. Lo spaccone, il gradasso, lo sciupafemmine, ha testimoniato di avere molto più sale in zucca di tanti che lo criticano dall’alto della loro purezza:
”Sono rimasto P e senza parole quando ho saputo della morte di Morosini, non ci credevo, pensavo a un brutto scherzo” – ha raccontato Balotelli, suo compagno nell’Under 21. “Era un bravo ragazzo, davvero un ragazzo d’oro. Questa storia mi fa riflettere su tante cose della mia vita. Mi insegna ad apprezzare la vita, a rispettarla, a viverla con cautela e dignità”. Non sentite che respiro diverso ha questa frase rispetto ad un dibattito sulla necessaria presenza di defibrillatori a bordocampo? Se guardata così, perfino la morte riesce ad essere spiegata.
(Giovanni Gazzoli)