Il nuovo corso dirigenziale bianconero non ha mai raccolto i favori dei propri tifosi. Un atteggiamento dimesso (che è costata una retrocessione in serie B) nell’affaire calciopoli e alcune cessioni impopolari (vedi Ibra ai rivali dell’Inter) non erano certo state delle mosse da luna di miele. La voglia di risorgere della squadra dalle ceneri della serie cadetta e la successiva buona stagione in serie A avevano riavvicinato la società e i tifosi. Lo stesso Ranieri, superato il difficile periodo autunnale di quest’anno, aveva incominciato a riscuotere tiepidi consensi. Adesso nel giro di due settimane sono cambiate completamente le carte in tavola: la sconfitta con il Genoa, che ha chiuso in anticipo la pratica scudetto, e l’eliminazione nella semifinale di Coppa Italia hanno lasciato il segno. La squadra sembra avere perso la bussola dell’orientamento, complice anche un timoniere (Ranieri) in balia dei venti degli spogliatoi. Per carità nessuno sostiene che qualcuno stia remando contro al tecnico romano, ma di certo la crisi di risultati non può trovare un’unica risposta nella stanchezza fisica. In questa parte finale, sfumato lo scudetto, la priorità era quella di salvaguardare il secondo posto e di puntare alla scalata della Coppa Italia. Contro la Lazio la Juve è stata anche sfortunata, ma non si può comunque andare sotto di due reti in casa. Nell’ambiente di Torino si dava quasi per scontato l’accesso in finale. La difesa era stato il fiore all’occhiello dell’anno scorso, oggi assiste inerme a numerosi gol nella propria porta (quanto pesa l’infortunio di Sissoko). Per non parlare del settore offensivo, dove Trezeguet improvvisamente è diventato una seconda linea. Persa la Coppa Italia che avrebbe permesso di vincere un trofeo nella stagione e soprattutto di cominciare quella successiva con una finale (la Supercoppa proprio contro l’Inter). Ranieri ha fatto, forse, il possibile con il materiale umano a disposizione e ha fatto anche molti errori. Le principali responsabilità di questo crollo sono comunque da attribuire alla società, che non è riuscita a fare quadrato attorno all’allenatore. Le voci di Lippi (addirittura orchestra il mercato) come team manager e del suo pupillo Conte come allenatore si sono alternate a quelle di Spalletti. Per non citare gli elogi a Gasperini. I contratti nel mondo del calcio sono fatti per essere rivisti. Nessuna sorpresa, quindi, se Ranieri dovesse terminare già a giugno la sua esperienza sulla panchina bianconera. Il secondo posto diventa ora la conditio sine qua non per restare in sella. I tifosi chiedono uno scatto d’orgoglio, altrimenti è giusto cambiare. Le ipotesi sono anche quelle di fare ancora un anno di transizione, liberandosi però di quei giocatori stanchi di restare (vedi Camoranesi, due espulsioni in due gare).
(Luciano Zanardini)