Roberto Rosato, 67 anni, è morto ieri dopo lunga malattia. Roberto Rosato, ex difensore di Torino e Milan fra le altre, campione d’Europa nel 1968 e vice campione del mondo nel 1970, è scomparso per un tumore che lo aveva colpito ormai da diversi anni. Ieri la nazionale italiana nell’incontro dei mondiali con la Nuova Zelanda ha indossato la fascia nera in ricordo di questo grande giocatore che ha segnato la storia dello sport italiano. “I medici” ha ricordato la primogenita Carola “non si sarebbero aspettati tanta resistenza”. Rosato aveva infatti lottato per ben dieci anni contro il cancro. “Papà è sempre stato un grande combattente” ha continuato la figlia “anche nella vita personale, non solo sul campo di calcio. Prima di essere un ottimo calciatore è stato un uomo grandissimo”. Roberto Rosato lascia tre figli, Carola, Davide e Alessandro, e la moglie Anna. I funerali si terranno martedì nel Duomo di Chieri .
Paolino Pulici, da noi raggiunto telefonicamente lo ricorda così: “Il ricordo bello di Roberto” dice l’ex goleador del Torino, la voce affranta nel ricordo della scomparsa di Rosato “è quello di quando era in campo. Purtroppo l’ultima volta che l’ho visto, in occasione del centenario del Torino, era già malato. Non stava bene, era in un momento di difficoltà e questo nè un ricordo pieno di tristezza”. Pulici e Rosato non ebbero mai occasione di giocare insieme: “Quando io arrivai al Torino” ricorda “lui era appena andato al Milan. L’ho conosciuto dunque come avversario, anche se lui non mi ha mai marcato direttamente, perché Roberto giocava centrale e a me marcava Anquiletti. Però Roberto è una di quelle persone, di quei giocatori, che non si dimenticano lo stesso. Lui rappresentava un calcio vero, un calcio di altri tempi, dove veramente oltre alla capacità tecnica dell’elemento c’era l’uomo, la persona fisica, che trasmetteva tantissimi valori. Quando io arrivai al Torino, sentivo i tifosi che ne parlavano benissimo, e questo dà la statura di un giocatore. Per me, che ero più giovane, lui era un esempio da seguire, non come calciatore, ma come uomo”.
– Gigi Riva, che giocò con Rosato in nazionale, lo ricorda anch’egli commosso. “Sapevo da tempo che Roberto era malato, ora è finita. Era un gran marcatore e una gran brava persona. Io lo ricordo come un leone per il coraggio, nel calcio ma anche nella vita. Abbiamo passato una vita insieme, in nazionale. Ho ancora nella mente la finale del ’70, a lui spettava Pelè: ci mise tutto il suo coraggio, fino alla fine, oltre il vantaggio del Brasile". Nato a Chieri il 18 agosto 1943, era cresciuto calcisticamente nel Torino, squadra che lo fece esordire in serie A il 2 aprile 1961 in contro la Fiorentina.
Nel Torino giocò sei stagione, poi Nereo Rocco, allenatore del Milan, lo volle nei rossoneri dove si trasferì nel 1966. A Milano raggiunse storici traguardi: la Coppa Italia appena arrivato, poi lo scudetto, la Coppa delle Coppe nel 1968, la Coppa dei Campioni nel 1969 e anche la Coppa Intercontinentale. Vincerà un’altra Coppa delle Coppe nel 1973 per poi trasferirsi al Genoa. La sua ultima stagione da professionista è quella del 1976-77.
– In Nazionale aveva esordito nel 1965, per diventare campione d’Europa nel 1968 e partecipare alla grande avventura messicana del 1970, quella della storica semifinale Italia-Germania 4-3 e della finale persa con il Brasile. E’ forse proprio la partita Italia-Germania a lasciare di lui il ricordo più indelebile, quando, con Albertosi battuto, Rosato salvò sulla linea un tiro di Gerd Muller.