«No, non sono un drogato». Sono queste le parole amare di Francesco Flachi, che, trovato positivo alla cocaina dopo la gara Brescia-Modena, ora rischia la radiazione. Il fantasista toscano era già stato squalificato due anni per lo stesso motivo. A Brescia, purtroppo, non è il primo caso. Chi ha buona memoria si ricorda anche del laterale Bachini, vittima anche lui della stessa situazione.
In queste ore si è mobilitata la consueta caccia alla streghe nei confronti di un giocatore che ha sbagliato, che per utilizzare le parole sagge di Gigi Maifredi (consulente tecnico del Brescia) è «caduto nei tranelli della vita». Da questo punto di vista l’atteggiamento del Brescia calcio è stato meritorio, perché ha continuato a sottolineare l’aspetto umano della vicenda. Adesso c’è una persona che ha bisogno di essere seguita, non abbandonata. C’è una famiglia che ha bisogno di essere protetta, non messa alla berlina.
La droga colpisce là dove c’è una debolezza, ma può essere ancora più letale se questa debolezza diventa isolamento. Francesco Flachi ha bisogno del sostegno di tutto l’ambiente, anche di quei tifosi che proprio nel match contro il Modena si sono esaltati per il suo gol in semirovesciata. Questo è il momento del conforto, dell’accompagnamento. Poi ci si potrà chiedere perché il mondo del calcio non è nuovo a questi casi. Poi ci si potrà interrogare perché, con i mille controlli degli staff medici, nessuno si accorge di una possibile dipendenza dalla cocaina. Poi ci si potrà domandare perché i giocatori sono sempre di più emotivamente fragili, incapaci di reggere successo e fama. Poi ci si potrà chiedere che società vogliamo costruire se non abbiamo chiari i modelli di riferimento. Poi, però.
(Luciano Zanardini)