E’ morto all’età di 45 anni Tito Vilanova, l’ex allenatore del Barcellona che dal 2011 lottava contro un tumore alla ghiandola parotide. Aveva rinunciato alla panchina blaugrana la scorsa estate, dopo che la malattia si era ripresentata, e il suo posto venne preso da Gerardo Martino. Il tumore delle ghiandole salivari è piuttosto raro e in media rappresenta meno dell’1% dei tumori umani (è raro soprattutto prima dei 40 anni). La ghiandola parotide, in particolare, fa parte delle ghiandole salivari maggiori e si trova di fronte all’orecchio: le altre sono la ghiandola sottomandibolare e quella sottolinguale.
Come si legge sul sito dell’AIRC, l’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro, la maggior parte dei tumori delle ghiandole salivari colpisce la ghiandola parotide, mentre solo il 10-20% riguarda quella sottomandibolare. Sono invece rarissimi quelli che interessano le ghiandole sottolinguali e le salivari minori. I tumori, in base al tipo di cellula dalla quale si sviluppano, possono avere nomi differenti: quello più comune nella parotide viene chiamato carcinoma muco epidermoide, mente il carcinoma adenoide cistico è tipico delle ghiandole salivari minori che sono presenti in diverse regioni del volto.
I sintomi dei tumori delle ghiandole salivari si avvertono soprattutto nell’area del collo e della testa: dolore al volto, alla bocca, al collo, ma anche difficoltà a deglutire e differenze evidenti nella forma e nel movimento di collo, bocca e volto. Come fa sapere l’AIRC, sono sintomi “che non necessariamente indicano la presenza di un tumore, ma che meritano comunque attenzione e un parere medico”.
Un eventuale problema di tipo oncologico può essere scoperto durante l’esame delle ghiandole salivari che fa parte della normale visita medica di controllo, attraverso cui è dunque possibile scoprire facilmente noduli o masse di nuova formazione. Nonostante ciò non è possibile effettuare una diagnosi certa, quindi il medico di base può eventualmente richiedere una visita specialistica. Tra gli esami utilizzati per diagnosticare un tumore alle ghiandole salivari vi sono i raggi X, TC (tomografia computerizzata) e risonanza magnetica. Si procede poi con la biopsia, in cui viene prelevato un frammento del tumore da analizzare al microscopio.
La scelta del trattamento più adatto ed efficace, fa sapere ancora l’AIRC, “deve tenere conto di molteplici fattori, tra i quali il tipo di malattia, la posizione e dimensione della massa, lo stato di salute del paziente e il possibile impatto del trattamento sulla vita di tutti i giorni: intervenire su questi tumori potrebbe infatti influenzare funzioni importanti come parlare, masticare o inghiottire. Rivolgersi a un centro specializzato è il primo fondamentale passo verso la cura di questi tumori piuttosto rari”. Tenuto conto di queste premesse, solitamente si interviene con la chirurgia, quindi rimuovendo la massa tumorale, altrimenti anche la radioterapia “rappresenta una valida opzione anche quando il paziente è troppo debole per affrontare l’operazione o quando il tumore, per dimensione o posizione, non può essere asportato chirurgicamente”. Al contrario, la chemioterapia non è molto utilizzata per i tumori delle ghiandole salivari e “viene scelta come trattamento solo nel caso di tumori già diffusi in organi lontani e in pazienti che non possono essere trattati con chirurgia e radioterapia”.