Avevamo una squadra per vincere il Mondiale? No. Con questa squadra però potevamo fare meglio che arrivare ultimi in uno dei più facili gironi del torneo? Senza dubbio. E su questo punto Lippi e i giocatori non hanno alibi. E’ bastata l’assenza di Pirlo a mandare in crisi la Nazionale per 250 minuti, niente gioco, niente idee, niente di niente, nazioni disperse nei meandri del Ranking Fifa sono diventati ostacoli insormontabili, i campioni del mondo non sono riusciti a mettere sotto la Nuova Zelanda, terra di rugbisty e navigatori, non certo di calciatori. “Fragilità psicologica” è la spiegazione del commissario tecnico. Già, ma la testa è a posto quando c’è convinzione, naufraga quando sente insicurezza.
Quattro anni fa in Germania abbiamo giocato bene a sprazzi, in qualche rara occasione, ma partivamo da una certezza, una organizzazione di gioco ben definita con degli interpreti all’altezza del nostro tradizionale punto di forza, la capacità di difendere. In altre parole sapevamo che era difficile per chiunque farci gol e infatti ce ne hanno fatti solo 2 in tutto il Mondiale, uno su autorete e uno su rigore. Quando dietro (difesa e centrocampo) non soffri, il 70% del lavoro è fatto, davanti prima o poi qualcosa arriva. In Sudafrica invece non solo abbiamo continuato a giocare male (siamo anzi ulteriormente peggiorati) ma, a differenza del 2006, non abbiamo mai avuto punti di riferimento stabili, né come modulo di gioco né come solidità difensiva: se prima eravamo impentrabili adesso è troppo facile farci gol.
Ci sono giocatori rimasti in Italia, che ci avrebbero fatto comodo in Sudafrica? Sì. Qualcuno capace di saltare l’uomo ce l’avevamo e non portarlo è stato un errore: Balotelli avrebbe potuto adattarsi agli schemi di Lippi, Cassano forse un po’ meno, ma affidarsi al solo Camoranesi (vederlo nella Juve quest’anno per credere) come uomo d’inventiva è stato un azzardo troppo evidente dopo la sua tribolata stagione.
Avremmo fatto molta più strada al Mondiale? Ne dubito. Tra gli undici titolari contro la Slovacchia tre appartengono a squadre arrivate quint’ultime in campionato, altri cinque sono finiti a metà classifica, tre soli sono finiti nelle prime tre posizioni: De Rossi, Zambrotta, Gattuso, quest’ultimo ormai riserva nel Milan. Non c’è bisogno di aggiungere altro. E’ una Nazionale figlia di un campionato minore, scomparso da tempo dall’Europa che conta, non fosse per l’Internazionale che fonda le sue fortune sugli stranieri. A Berlino siamo usciti con la Coppa in mano, ma tanto di quel successo è stato frutto di un Destino che non ci voleva sepolti sotto Calciopoli e sotto i pruriti giustizialisti della classe politica. Questo naufragio può svegliarci. Avanti i giovani, peggio di questi non faranno. In questa fase la scelta di Cesare Prandelli è quella giusta.