Potremmo riassumere il Roland Garros 2015 in cinque minuti: quelli che occorrono al pubblico del Philippe Chatrier per esaurire gli applausi e lovazione per Novak Djokovic, che sale sul palco, viene premiato e si lascia andare a una visibile commozione. E una cartolina perfetta da Parigi, anche senza linflazionatissima Torre Eiffel; senonchè Novak Djokovic la finale del torneo lha persa. Eppure, dalle tribune si è levato un battito di mani che è durato uninfinità: il Roland Garros lo ama, come del resto amava Guga Kuerten che pure non era uno dei loro, e si è capito sempre domenica quando il brasiliano è salito a premiare il vincitore. Che è Stan Wawrinka: il finale dello Slam francese è ancor più a sorpresa di quello degli Australian Open di un anno e mezzo fa. Perchè allora un Nadal reduce da due Major nella stagione precedente, e che aveva vinto quasi tutto quello che avrebbe potuto vincere, si arrendeva in quattro set; ma si era detto che la schiena malandata non lo avesse lasciato respirare. Curiosamente, di mezzo cera sempre Wawrinka; questa volta chiunque, anche i più sfegatati tifosi dello svizzero, erano pressochè sicuri che la finale del Roland Garros 2015 sarebbe stata un lento e combattuto, ma univoco, epilogo verso il nono Slam di Djokovic. Così non è: dallennesima battaglia tra questi due giocatori esce il nome di Stan the Man, primo giocatore ad aver spezzato legemonia dei Big Four (dopo 16 Slam) e primo, da quando Marat Safin trionfò a Melbourne nel 2005, ad aver vinto almeno due Major al di fuori della cerchia dei quattro grandi. Già, i quattro grandi: si fa un gran parlare di loro, ma intanto Wawrinka ha vinto gli stessi Slam di Andy Murray se vogliamo attenerci ai freddi numeri.
Il Roland Garros 2015 ci ha regalato la favola di Stan; un giocatore che fosse più costante, e magari con un fisico più scolpito, darebbe ampiamente e continuativamente fastidio ai migliori. Ha demolito non solo Djokovic ma anche lamicone Roger Federer, che è stato il primo a twittargli i suoi complimenti; e anche lidolo di casa Jo-Wilfried Tsonga, che non ci ha capito granchè. Vince con merito lo svizzero, perchè nei momenti decisivi ha saputo elevare il suo gioco e renderlo efficace e mortifero contro i migliori giocatori del circuito. Ma ci hanno regalato altro, le due settimane di Parigi. Ci hanno regalato per esempio un Novak Djokovic vecchio stampo, quello che raggiunge le finali sbadigliando ma poi le perde. Non avesse 8 Major in bacheca diremmo quasi, crudelmente, che il serbo ha la sindrome da incontro decisivo; 8 finali le ha vinte, 8 le ha perse, e quando sei uno come lui e giochi come lui la statistica stranisce. Avrà tempo e modo di rifarsi Nole, ma forse inizia a capire che se anche ha dominato la prima parte di stagione può sempre incontrare qualcuno più in forma e con più fame di lui, ed è meglio che non sia Wawrinka perchè a dispetto del record nei precedenti lo soffre terribilmente. Questo Roland Garros ci ha detto che Rafa Nadal, purtroppo, attraversa uninvoluzione fisica che incide sulla tecnica; il dritto con cui apriva il campo per distruggere gli avversari non esiste più, adesso esce molle e corto dalla racchetta, così che lo spagnolo diventa giocatore normale che può perdere con chiunque. Stavolta nessun miracolo alla Soderling: la sua seconda sconfitta parigina in carriera è stata annunciata e confermata. Se tornerà, come è tornato Federer, è da vedere; ma sono due giocatori diversi, Rafa farà comunque più fatica. A proposito, Roger Federer non ha intenzione di smettere e fa bene; ma su questa infida terra rossa se pure ha superato la sua nemesi Monfils ha poi ceduto di schianto al primo avversario che sparava cannonate senza mai fermarsi, evidenziando una volta di più come il suo gioco sia ancora da primi al mondo ma come ormai vincere gli Slam richieda 15 giorni di forma fisica perfetta e concentrazione alle stelle. Fanno 11 Major di digiuno, il periodo più lungo in carriera; adesso arriva Wimbledon che è casa sua, e dove lanno scorso ci andò ad un passo.
Ancora, questo Roland Garros ci ha raccontato la storia di un Andy Murray maturato mentalmente al punto di avvicinarsi alle grandi vittorie sulla terra (per Wimbledon e Us Open sarà una minaccia concreta); quella di giocatori come Tomas Berdych, Kei Nishikori, Marin Cilic e perchè no Grigor Dimitrov, che sono competitivi e di gran livello, ma ai quali manca sempre qualcosa per avvicinare sul serio i primi della classe. Un flop qui, una distrazione là, gli Slam non arrivano mai (se non per Cilic, finora); si diceva così anche di Wawrinka, ognuno di questi è pronto ad approfittare delleventuale zona dombra segnata dalladdio di Federer e dal calo di Djokovic-Murray. Quando arriverà però? Vale lo stesso discorso per le nuove leve: i Dominic Thiem, i Nick Kyrgios, i Borna Coric. Fanno già faville, ma dovranno aspettare il loro turno. E infine, il Roland Garros 2015 ci ha detto che in questo momento il miglior italiano è Simone Bolelli; che il bolognese è nel periodo doro della sua carriera, che la coppia con Fabio Fognini può vincere altri Slam e che il sanremese purtroppo ha forse oltrepassato i giorni in cui poteva legittimamente aspirare alla Top Ten, perchè ora dà meno in escandescenze ma perde lo stesso. Non è un grande periodo per il tennis italiano e anche per questo abbiamo bisogno che volti giovani come quelli di Gianluigi Quinzi, Filippo Baldi e Matteo Donati ci spingano verso lalto. Non sarà affatto semplice.
(Claudio Franceschini)