Il Cio apre ai transessuali. E’ la notizia che rimbalza oggi su tutte le agenzie di stampa: una rivoluzione epocale, perchè alle Olimpiadi (forse già a partire da Rio de Janeiro, tra pochi mesi) l’identità di genere surclasserà per la prima volta il sesso biologico, diventando il primo criterio di selezione e di partecipazione alle gare. Niente operazione chirurgica, niente terapie ormonali: semplicemente, un uomo potrà partecipare a una competizione maschile dimostrando in maniera retroattiva (cioè ad almeno un anno dalla data della gara) di avere rispettato una soglia ormonale di testosterone inferiore ai 10 nanogrammi per litro. “Eravamo indietro” ha dichiarato Arne Ljungqvist, uno degli esperti che hanno stilato le nuove bozze del regolamento. “Adattarci al diritto internazionale era una necessità, non potevamo più imporre un intervento chirurgico”. Già, perchè fino a oggi era stato così: le competizioni ai transgender erano aperte, ma soltanto dopo un’operazione o almeno due anni di terapia ormonale di conversione. Ora non più: addirittura, le donne che si sentano uomini non avranno bisogno di altro se non della loro volontà a partecipare a competizioni maschili. Per esempio – giusto per citare un esempio più volte usato a scopo provocatorio – Serena Williams potrebbe decidere di iscriversi al torneo olimpico di tennis maschile. Una volta c’era Caster Semenya, la sudafricana campionessa mondiale negli 800 metri: accusata dalle avversarie di essere un uomo, venne fuori – ma la conferma delle analisi non è mai stata resa pubblica – un caso di pseudoermafroditismo, e le venne permesso di continuare a gareggiare con le donne. Il Sudafrica la fece portabandiera per Londra 2012; il caso aveva fatto scalpore e anche per questo motivo il Cio ha lasciato qualche settimana di tempo alle federazioni nazionali e internazionali per orientarne i comportamenti secondo queste linee guida. L’obiettivo è quello di arrivare a Rio 2016 con un regolamento vero e proprio, e già in vigore.