L’acceso dibattito intorno all’emergenza educazione che si è sviluppato negli ultimi tempi si è incanalato quasi esclusivamente verso la riforma della scuola superiore, accettando di fatto l’equazione che fa di quest’ultima la sola agenzia educativa per i giovani degna di attenzione e quindi di riforma.
Si sta così dimenticando un fatto che invece è sotto gli occhi di tutti, vale a dire che i giovani nutrono un’attrattiva potente verso lo sport e la musica.
Questi fenomeni assorbono ingenti energie nei giovani, sono per gran parte di loro un vero pane quotidiano, costituiscono un terreno importantissimo per le loro relazioni sociali. Dimenticarli o presumere che l’educazione non passi, e molto, anche di lì è nasce da uno sguardo intellettualistico sulla persona, vale a dire un’incapacità a coglierla nella sua interezza quando deborda dai propri schemi precostituiti. Schemi che hanno d’altronde radici storiche ben precise.
Per limitarmi allo sport, che è mia materia per professione e passione, e per stare solo all’ultimo secolo, il regime fascista pensò di strumentalizzare per i suoi scopi il fenomeno sportivo che stava contagiando grandi masse di italiani, esaltandone gli aspetti di forza, coraggio, disciplina, affermazione dell’italianità. Sul fronte agonistico perciò furono portati ad esempio campioni come Guerra o Carnera; mentre sul fronte scolastico furono enfatizzate le marce, le evoluzioni e gli esercizi simil-miltari. Le due ore di ginnastica che Gentile previde per le scuole superiori avevano questo taglio, si ponevano cioè su un piano diverso da quello delle altre materie, non concorrevano alla formazione culturale dell’ alunno, ma solo alla sua preparazione a diventare un buon italiano fascista: forte e disciplinato, quindi efficiente soldato, se maschio; sana e obbediente, quindi energica madre di molti figli, se femmina.
Lungi quindi dall’includere l’attività motoria nella formazione completa del giovane, come da tempo avveniva nel mondo anglosassone nei cui college lo sport era tenuto in altissima considerazione, le due ore di ginnastica della riforma Gentile rispecchiarono esattamente l’impostazione idealistica del suo autore che concepiva la persona costituita da una parte nobile, la mente, ed una vile, il corpo.
Lo sport quindi prese un’altra strada. Cacciato dalla scuola delle elite intellettuali, attecchì tra la gente, dove la gente si ritrovava: le strade (ciclismo), gli oratori e i prati di periferia (calcio), le spiagge (nuoto),… Nacquero dovunque società sportive, spesso per iniziativa di gente semplice, quasi sempre senza risorse né capacità organizzative, ma con una grande passione per quell’occasione immediata e potente di espressione di sé che lo sport costituiva. Senza esserne in molti casi coscienti, questi improvvisati dirigenti sportivi diedero vita ad una vasta e capillare rete di “scuole di vita” che usavano lo sport come strumento educativo. Un impianto popolare, parallelo alla scuola ufficiale e statale, che ad essa rimase completamente estraneo, cogliendone istintivamente una profonda diversità di impostazione.
Passata la guerra e caduto il mito fascista, l’educazione fisica nella scuola si trovò priva della sua molla vitale e con strumenti didattici obsoleti.
Rivolse perciò lo sguardo verso il mondo dello sport, che nel frattempo si stava velocemente evolvendo. Ma non avviò in alcun modo un ripensamento profondo del valore del corpo, unica possibilità per reinserirsi nel processo culturale alla pari con le altre materie.
Si trovò perciò, ed è storia di oggi, a scimmiottare grottescamente il mondo dello sport “vero”, costruendo percorsi e manifestazioni (quali i Giochi della Gioventù o i Campionati Studenteschi) che dello sport serio riflettono solo l’elefantiasi organizzativa, mentre non riescono in alcun modo ad attrarre davvero i giovani, non avendo né l’esperienza né la struttura delle società sportive. Le quali, peraltro, stanno vivendo una profonda crisi di identità, come gli scandali ormai quotidiani documentano.
Se non si vuole affrontare l’emergenza educativa in modo parziale, bisogna cercare di capire come il meglio dell’esperienza dei due sistemi educativi (scuola e società sportive) possano entrare in contatto cominciare a dialogare.