Si dice che ha senso dell’orientamento chi ha la capacità di stabilire la propria posizione in uno spazio geografico, di muoversi sensatamente verso la propria meta. Una capacità in parte istintiva, in parte dovuta all’esperienza: si orienta meglio chi ha imparato a individuare punti di riferimento precisi e a immaginare in relazione ad essi possibili itinerari, cioè chi sa osservare e progettare. Il termine “orientamento” è utilizzato in senso metaforico anche nel mondo scolastico per denominare il percorso che precede la scelta della scuola superiore dello studente di scuola media. Un percorso che implica appunto disponibilità all’osservazione e intelligenza della progettazione.
Sono almeno tre i soggetti dell’orientamento: lo studente, i suoi genitori e i suoi docenti; ciascuno da un’angolatura differente è chiamato a contribuire alla decisione finale che si concretizza nell’iscrizione a una determinata scuola da effettuarsi in un tempo preciso: quest’anno tra il 15 gennaio e il 15 febbraio. Tale decisione non può certo essere il risultato di una media matematica tra desiderio dello studente, aspettative dei genitori e giudizio dei docenti, tre fattori così complessi da non poter sicuramente essere né sommati e divisi, né sedati, se in conflitto, da un compromesso, come ho potuto sperimentare coinvolgendomi nel processo orientativo di oltre mille studenti, dapprima come insegnante, in seguito come preside.
Il fattore principale del percorso orientativo è, senza dubbio, il desiderio dello studente: nell’età in cui “prorompe l’autenticamente umano” (Maria Zambrano), un ragazzo sa quello che desidera, ha fatto esperienza in otto anni di scuola di cosa significhi studiare ed è in grado di dire se lo studio delle discipline lo soddisfa, cioè è in qualche modo in grado di rispondere agli interrogativi che si agitano in lui. Sa attraverso quali linguaggi riesce ad esprimersi meglio, se per dire e dirsi trova più consone le parole o i numeri o il disegno o la musica o la pratica.
Certo, a condizione che i docenti siano stati seri con lui nella proposta didattica e nella richiesta, gli abbiano fornito consigli orientativi ragionevoli e ben argomentati, in famiglia lo abbiano stimolato a impegnarsi anche in altri ambiti oltre a quello dello studio, i soggetti della sua educazione gli abbiano insegnato ad osservarsi in azione, a giudicare quanto viveva, ad accrescere la consapevolezza delle sue doti, dei suoi interessi e dei suoi limiti.
In breve: se gli adulti sono stati degli educatori capaci di introdurre al significato della realtà, ciascuno seriamente impegnato nel suo ruolo e in dialogo con gli altri adulti coinvolti nella formazione del giovane, uno studente di terza media ha gli elementi per poter esprimere un desiderio sensato sul suo futuro. Almeno a grandi linee saprà dire se intende approfondire le discipline di studio presso un liceo, o piuttosto se preferisce dedicare gli anni dell’immediato futuro a prepararsi a un mestiere specifico attraverso scuole tecniche o professionali.
Ed è a questo punto che l’intervento degli adulti, genitori e docenti, diviene nuovamente importante, in quanto tocca a loro prendere sul serio il desiderio del ragazzo e, affinché si converta da sogno in ideale, dare le indicazioni perché si traduca in lavoro. L’informazione sugli indirizzi specifici dei tre rami degli studi superiori (liceo, istituto tecnico, formazione professionale) di necessità deve essere fornita dagli adulti, così come è importante che docenti e genitori sostengano la sua libertà, spesso ancora fragile, nell’impegno quotidiano dello studio in modo da non rimandare esclusivamente al futuro la propria responsabilità nella formazione, tentazione frequente nel giovane, più proiettato al domani che a prendere sul serio l’inevitabile fatica dell’apprendimento nel presente. Spetta poi ancora ai genitori, una volta individuato l’indirizzo preciso di studi, informarsi circa l’offerta del territorio per non lasciare alla casualità l’educazione dei propri figli negli anni più delicati per la formazione delle categorie culturali attraverso cui leggere e interpretare la vita nella sua interezza, per lo sviluppo dello spirito critico e per l’incontro con un significato, elementi necessari per affrontare da uomini liberi e ragionevoli l’esistenza.
Mi si obietterà che un percorso orientativo così lineare è raro, perché spesso le condizioni sopra esposte non si sono realizzate e il processo educativo è stato faticoso o accidentato. Ogni anno effettivamente mi si presentano casi di questo tipo, in cui desideri degli studenti, pareri dei docenti e aspettative dei genitori sono in conflitto. Ebbene è questa l’occasione, forse l’ultima nel triennio della scuola media, per incontrarsi nuovamente, per imparare a disporsi in ascolto innanzitutto di ciò che realmente il ragazzo desidera, di ciò che vuole affermare ultimamente di sé esprimendo di voler frequentare una scuola che magari gli adulti giudicano del tutto inadeguata a lui. Perché i ragazzi, anche quando mentono o esagerano, stanno dicendo qualcosa di vero di sé che va scoperto, portato a galla e giudicato insieme a loro.
Occorre poi che i genitori imparino ad ascoltare i docenti, che conoscono il ragazzo dal punto di vista dell’apprendimento scolastico meglio di loro e con cui spesso a questa età i ragazzi si confidano più liberamente. E viceversa occorre che i docenti imparino ad ascoltare i genitori, affinché emergano aspetti che non possono essere osservati a scuola, quali interessi particolari sviluppati in ambiti extra-scolastici, modalità di rapportarsi alla realtà che solo l’occhio attento di una madre può cogliere nel figlio, difficoltà che solo con i genitori un figlio si sente libero di dimostrare, mentre cela a scuola per timore del confronto tra pari.
Quando tale disponibilità all’ascolto e al dialogo si verifica, alla ricerca di una strada buona per il ragazzo, l’alleanza tra educatori diviene un’occasione preziosissima per imparare che la persona vale molto più dell’idea che inevitabilmente un adulto si forma del bene del figlio o dell’alunno. Chi ha questa posizione nell’educazione sa che ogni scelta, anche quella della scuola superiore, non garantisce né impedisce la crescita di un uomo vero: si può sbagliare indirizzo di studi e formarsi comunque una personalità vera e costruttiva, così come si può indovinare la scelta e perdere l’occasione di diventare uomini e donne liberi, capaci di amare, ragionare e costruire.