Gioia, divertimento, cultura, innovazione tante sono le parole che si possono accostare a questo grande avvenimento che per dieci giorni monopolizza l’attenzione degli appassionati di jazz e buona musica. Lo splendore di Perugia, una delle nostre città più belle, fa la differenza fra questo e i tanti Festival Jazz sparsi per il mondo. Con una legge del 2017 Umbria Jazz è stata riconosciuta manifestazione di rilevanza nazionale a suggello di quarantacinque anni di storia e di cultura.
Concerto inaugurale dedicato a Quincy Jones, e alla celebrazione degli 85 anni di questo grande del jazz e della musica (79 nomination e 28 Grammy vinti), produttore di Michael Jackson.
Jones, considerata la vetusta età e le condizioni di salute, ha assistito all’esibizione ai margini del palco comodamente seduto in poltrona rispondendo brillantemente alle domande di Nick The Nightfly, presentatore della serata. Gran spiegamento di forze con l’Umbria Jazz Orchestra in gran evidenza, supportata dal grande Nathan East al basso, Harvey Mason alla batteria, Hans Vroomans, piano e tastiere, Simone Bertoletti tastiere e Rocco Zifarelli alla chitarra.
La serata è stata estremamente godibile con momenti di grande musica grazie alla presenza di ospiti del calibro dei Take 6, Ivan Lins, Patti Austin, Dee Dee Bridgewater, Noa & Gil Dor , Alfredo Rodriguez ,tutti artisti che hanno in qualche modo incrociato la loro carriere con il grande Q.
Prima parte dedicata ai brani storici (Ironside, Soul Bossa Nova, I Can’t stop Loving You,etc) suonati dall’orchestra, diretta in modo superbo da John Clayton che ha potuto avvalersi della chitarra di Rocco Zifarelli autore di pregevoli a solo. E’ poi iniziato il susseguirsi degli ospiti dai Take 6, memorabile la loro esecuzione di Setembrodi Ivan Lins ( contenuta in BACK ON THE BLOCK di Jones) . Lo stesso Lins è apparso in gran forma quando ha eseguito alcuni dei brani del suo repertorio come la stupenda Love Dance. Sempre all’altezza un’abbagliante Dee Dee Bridgewater (applauditissima in Mistye Honeysuckle Rose), gran classe quella di Patti Austin (Razzmatazz). Impeccabile e lirico Paolo Fresu impegnato in My Shipe Novo Tempo con Ivan Lins. Autentica protagonista della serata è stata Noa, in forma smagliante, capace di coinvolgere il pubblico con un adattamento di Bach e con Beautiful That Way di Nicola Piovani.
Clima al calor bianco con una trascinante versione di Wanna Be Startin’ Somethin’di Michael Jackson . Gran finale con tutti i musicisti diretti dallo stesso Quincy Jones che ha invitato sul palco il suo vecchio amico Tony Renis ed un visibilmente soddisfatto Carlo Pagnotta patron del Festival che ha premiato il grande Q al quale dobbiamo dire grazie, non solo per lo splendido concerto, ma per quanta grande musica ci ha saputo regalare nel corso della sua straordinaria carriera.
Gran bel concerto quello di Stefano Bollani che si è presentato con la sua formazione brasiliana con la quale presentava l’album QUE BOM inciso con nome del calibro di Caetano Veloso, Jaques Morelenbaum e João Bosco. E’ stato un susseguirsi di pregevoli esecuzioni grazie alla bravura dei musicisti capaci di regalare finezze in continuazione. Dalla ritmica composta da Jurim Moreria alla batteria e Jorge Helder al contrabbasso, alle percussioni di quell’autentico maestro che è Armando Marçal che molti ricorderanno nel Pat Metheny Group degli straordinari album Still Life (Talking) e Letter From Home. Le capacità comunicative, la tecnica pianistica, il sense of humor di Bollani fanno breccia sul pubblico che gli riserva una valanga di appalusi (meritati) in una serata che ha poi visto in scena Ofertorio di Caetano Veloso, uno dei giganti della musica brasiliana . Bella e semplice la scenografia con una enorme corda posta alle spalle dei musicisti a simboleggiare il concetto di unione e di famiglia. Passata in rassegna gran parte della sua produzione lasciando spazio anche ai brani composti dai tre figli (Moreno, Zeca e Tom). Un tantino eccessive le continue lodi ai figli che hanno comunque mostrato qualità di eccellenti strumentisti. Proposti i brani contenuti nel recentissimo album OFERTORIO (Ela e Eu, Clarão, Sertão/Ninguém Viu), Trem das Cores da CORES,NOMES del 1982, O Leãozinho da BICHO (1977). Fra i brani composti dai figli molto bella Deusa Do Amor, di Moreno Veloso.
Grande sorpresa ha destato la esibizione del quintetto del bassista americano Kyle Eastwood, figlio del celebre regista ed attore Clint. Svezzato dal padre a pane e jazz, Kyle si è ritagliato una carriera nella quale le colonne sonore firmate per i grandi film del padre rappresentano la parte più visibile. All’Arena Santa Giuliana ha mostrato delle grandi doti di strumentista al contrabbasso e al basso elettrico a cinque corde. Eastwodd si è posto con molto garbo, il che gli ha permesso di riscuotere, insieme al suo eccellente quartetto, i riscontri del pubblico e della critica, anche quella più conservatrice. Accanto a composizioni originali proposte Cinema Paradisodi Morricone e una gran bella versione di Boogie Stop Shuffledi Charlie Mingus. Grandi applausi per lui e il suo quintetto (Andrew McCormack piano, Quentin Collins tromba, Brandon Allen sax e Chris Higginbottom batteria).
Nella stessa serata è stata poi la volta di Pat Metheny, che con il Pat Metheny Group, è stato il dominatore del jazz elettrico degli anni ’80 accanto a giganti come Zawinul, Davis e Corea.
Come non ricordare lo storico Song X inciso insieme a Ornette Coleman e le straordinarie esibizioni succedutesi a Umbria Jazz da quelle del suo trio a quelle in duo con Charlie Haden. A Perugia si è presentato in quartetto con Linda May Han Oh al contrabbasso, Gwilym Simcock al piano e Antonio Sanchez alla batteria. Si tratta del quartetto con il quale si sta esibendo da circa tre anni proponendo il medesimo repertorio che attinge a vecchi cavalli di battaglia e brani indimenticabili del Pat Metheny Group. Apertura con la pikasso guitar a 42 corde con Make Peaceed a seguire classici come Have You Heard, Unity Village, Travels, Bright Size Life, James, Phase Dancee meddley finale in solitario. Conoscendolo, ci riserverà speriamo, delle nuove sorprese. Proprio ad Umbria Jazz Spring alcuni suoi storici collaboratori ci hanno preavvisato della imminente uscita di due nuovi album.
Gigantesca goduria al concerto di David Byrne che di questa edizione verrà ricordato come il trionfatore. Il leader dei Talking Heads, artista a tutto tondo, ha letteralmente fatto esplodere l’Arena Santa Giuliana, piena all’inverosimile con una musica ritmicamente densa nella quale ha sapientemente miscelato brani vecchi e nuovi, impegno civile e divertimento. Il sipario si è alzato sul palco completamente vuoto, delimitato da tende metalliche, al centro del quale è apparso Byrne seduto con in mano un enorme cervello dando il via alla sua esibizione con Here. Grande sorpresa desta il gruppo di 12 persone che suonerà dal vivo agendo all’interno delle coreografie nelle quali si è mosso con incredibile vitalità anche lo stesso Byrne. Cantanti, percussionisti, tastierista, chitarrista etc. hanno suonato con i loro strumenti a tracolla grazie a delle apposite imbracature che hanno consentito loro di muoversi e ballare . Show impegnativo quindi anche dal punto di vista fisico che Byrne ha saputo reggere alla grande.L’atmosfera si fa incandescente, quasi da ritmo tribale; si susseguono I Zimbra, Slippery People. Seguono I Should Watch Tv. E’ poi la volta di Every Body’s Coming to my House(scritta con Brian Eno). Byrne conferma la sua attenzione verso il sociale, raccomandando al pubblico di andare sempre e, comunque, a votare. E poi la volta di This Must Be The Place (naive melody)che il grande pubblico ha conosciuto nella colonna sonora del film di Paolo Sorrentino. A questo punto la serata prende quota e Byrne con un tempismo perfetto, quasi un colpo di teatro, sospende dopo poche battute l’esecuzione di Once In a Liftime:“Hey voi della security lasciateli ballare!”. A quel punto il pubblico ha lasciato i propri posti accalcandosi sotto al palco per poter condividere a pieno il concerto.
Incredibile la qualità delle esecuzioni, forse anche con qualche utilizzo di sequenze, anche se Byrne ha precisato che tutto quello che si è ascoltato è stato eseguito dal vivo. Particolarmente coinvolgenti Every Day Is a Miracle, Like UmansDo. Clima da festa tribale con Blind e Burning Down The House.
Sicuramente questo concerto rimarrà negli annali di Umbria Jazz e, per quanto ci riguarda, uno dei più belli di sempre che, per certi versi, ci ha ricordato la grandezza di quello proposto da Prince anni fa sempre qui a Perugia. .
Convincente esibizione alla sala Podiani di Daniele Di Bonaventura Band’Uniòn. Bonaventura si è avvalso del talentuoso Marcello Peghin alla chitarra 10 corde, Alfredo Laviano alle percussioni e Felice Del Gaudio al contrabbasso ( da ascoltare il suo album DESERT).
Da segnalare la mostra Harari, nella quale il grande fotografo italiano Guido Harari ha esposto alla Galleria Nazionale alcuni dei suoi più celebri scatti che vedono protagonisti grandi del rock e del jazz (Joni Mitchell, David Byrne, Pat Metheny, Zawinul, Davis etc). Un’occasione da non perdere per riassaporare, attraverso le immagini anni di grande musica. La mostra resterà aperta fino al 26 agosto.
Grande successo sempre alla sala Podiani della Galleria Nazionale quello riscosso da Danilo Rea in sold out da diversi giorni, che ha costretto gli organizzatori a bissare l’esibizione con un concerto straordinario pomeridiano. Il pianista romano, in un periodo di particolare ispirazione, ci ha regalato una brillante performance confermandosi fra i grandi del pianismo europeo. Rea ha poi presentato alla Feltrinelli di Perugia il suo libro Il Pianista Imperfetto.
Straordinarie le esibizioni del chitarrista brasiliano Yamandu Costa in duo con Guto Wirtti alla chitarra basso e artista resident . Funambolico e al tempo stesso emozionante, capace di raffinatezze inarrivabili all’età di trentotto anni è uno dei massimi chitarristi viventi. Tocco unico, bella ricerca delle dinamiche, grande sensibilità ritmica. Yamandu ( Signore delle acque in lingua uruguagia) si è confermato signore della chitarra stupendo il pubblico che ha stipato il club Umbrò. Bossa nova, chorinho, chamamé, milonga, tango, bolero confluiscono nelle sue composizioni eseguite sulla chitarra sette corde supportato dal talento di Wirtti amico di vecchia data.
Gran serata finale con Melody Gardot e Gregory Porter. La Gardot per la quarta volta a Umbria Jazz, vanta un sofisticato e trasversale pubblico che le ha tributato un caloroso successo. La cantante ha confermato la sua bravura accompagnata dalla band con la quale ha inciso il recente album live. Sul palco oltre alla ritmica e al chitarrista, presente una sezione di quattro archi fra i quali si è messo in evidenza il bravissimo Artyom Manukyan. Un repertorio a volte non facile, che spazia fra climi sudamericani influenze classiche e il jazz, proposto con concentrazione ed indubbia bravura. Artista non ovvia ed intrigante.
Conferma di Gregory Porter a chiusura del festival . Voce potente e suadente sulla scia dei grandi crooner americani, forte di due Grammy vinti, Porter si è ripresentato a Perugia con il suo nuovo album NAT KING COLE & ME con il quale ha proposto il repertorio del suo idolo. Arrangiamenti del grande Vince Mendoza, che ha diretto la convincente Orchestra da Camera di Perugia composta da giovani musicisti. Il concerto è stato un tuffo nel passato, graditissimo al pubblico più maturo che ha vissuto l’epopea del grande cantante americano. Mona Lisa, Smile, Pick Yourself Up, alcuni dei brani tratti dall’album. Quanto a Vince Mendoza del quale apprezziamo le capacità di compositore, oltre a quelle note di arrangiatore e direttore di orchestra, ci auguriamo che la sua venuta a Perugia sia la prima di una lunga serie.
Una edizione convincente e coinvolgente. Tantissima musica gratis, i seminari della Berklee, i palchi che coinvolgono il centro storico, nuove location, concerti insoliti ma riusciti come per i Massive Attack, spazio alle giovani leve del jazz, presenza qualificata dei migliori italiani con i loro gruppi (Fresu, Bosso etc), la possibilità di respirare musica in ogni dove grazie ai Funk Off la marching band sapientemente condotta da Dario Cecchini. Questo e tanto altro è Umbria Jazz. Prossimi appuntamenti il 15 Agosto in Brasile con Danilo Rea per la presentazione di Umbria Jazz Sao Paulo (10-14 aprile 2019) mentre a Changsha dal 1 al 7 ottobre sarà la volta di Umbria Jazz in China.
Gran chiusura di anno ad Orvieto dove dal 28 dicembre al 1 gennaio 2019 andrà in scena Umbria Jazz Winter 26.