Beethoven è stato e sarà uno dei più grandi protagonisti della storia della musica! Ma in fondo questo essere protagonista a Beethoven in vita viene negato: desiderava amare ed essere amato da una donna, “l’amata immortale” e invece non si sposerà mai; desiderava avere un figlio ma non lo avrà, anche se il desiderio talmente vero gli farà vivere una forma di paternità nei confronti del nipote Carlo; voleva essere presente nella società in modo attivo, ma la sua sordità non glielo permetterà.
Tutto questo però non lo ha affossato, è stato protagonista in un tempo e con una modalità diversa da quella che lui avrebbe voluto. Pensate, ancora oggi parliamo di lui, la sua musica è eseguita in tutto il mondo, il suo inno alla gioia è oggi l’inno europeo!
Cosa ha permesso ciò, cosa gli ha permesso ciò? Vivere il reale, cioè la sua solitudine, la sua malattia, la sua musica, non smettendo mai di dar voce al desiderio del suo cuore, attendendo dalla realtà il compimento vero! Come è vero quello che ci ha detto Don Giussani in punto di morte: «la realtà non tradisce mai!».
Beethoven nella seconda metà del 1806 mette mano a questo concerto (l’unico per violino). Una sorta di timore revenziale per uno strumento che non era il suo, la mancanza di circostanze favorevoli, il successo che veniva da altre composizioni lo avevano però distolto dal continuare l’opera iniziata.
L’incontro con un giovane violinista, il bambino prodigio Franz Clement, gli fa riprendere e concludere l’opera che dedica all’amico d’infanzia Stephan von Breuning e il 23 dicembre del 1806 il Concerto viene eseguito al teatro di Vienna.
La critica non fu per niente tenera e il concerto sembrava non dovesse avere lo stesso destino delle sue altre composizioni. Solo dopo quarant’anni di silenzio, è il 1844, il grande violinista Joachim, ancora tredicenne, lo riscoprirà suonandolo a Londra sotto la direzione di Mendelssohn, esecuzione poi ripresa dieci anni dopo a Dusseldorf con Robert Schumann. Da quel giorno il concerto op. 61 per violino e orchestra di Beethoven diventerà uno dei pezzi più ambiti nel repertorio di ogni violinista.
“O protagonisti o nessuno”. Quale musica più dell’op. 61 di Beethoven poteva esprimere meglio il contenuto del titolo del Meeting di quest’anno!
Ma qual è lo scopo dell’essere protagonista? Come diceva Don Giussani: «Dal peccato originale in poi gli sforzi dell’uomo per rendersi autonomo come cultura e come dinamica di amore si sono solo moltiplicati e nel concerto che ci apprestiamo a conoscere esprime esattamente questo, con quel tema che percorre tutto il pezzo: la vita dell’uomo, della società, è segnata dalla melodia dell’orchestra dalla quale per tre volte il violino fugge per affermare se stesso e dalla quale per tre volte viene ripreso fino a riposare in pace. Quando è ripreso e continuamente riaccolto nella grande armonia dell’orchestra il violino ritrova la pace, ritrova se stesso e la forza di rigenerarsi ancora. Riconosce la sua dimora. La dimora dell’io».
(Giovan Battista D’Asta)