“Controvento” è il nuovo testo che Giuseppe Anastasi ha composto per Arisa per questa edizione del festival di Sanremo. È il paroliere che con più frequenza ha lavorato con questa cantante: ricordiamo che sua è la canzone Sincerità che segnò l’esordio di Arisa a Sanremo, sua è Malamorenò, uno dei brani più simpatici della cantante che nel 2010 non ebbe il giusto riconoscimento arrivando solo nona (riconoscimento che venne però nelle vendite) e sua è La notte, piazzatosi seconda tra i big nel 2012. Ma Anastasi ha lavorato anche con altri: basterà ricordare la sua collaborazione come assistente di metrica musicale al CET di Mogol e quella con Francesco Baccini, per il quale ha scritto l’originale canzone Son resuscitato che già nel 2001 faceva presagire una vena non convenzionale di questo paroliere. E infatti anche stavolta Anastasi ha saputo trovare un tema autentico e pregevole, fuori dalla mediocrità di molta musica leggera. Già perché, a ben guardare il testo, si scopre che l’argomento è il male di vivere, proprio quello di montaliana memoria. La voce che canta si rivolge alla persona amata, spronandola fin dall’apertura del brano a guardarsi dentro, perché “la vita lascia i lividi” e “certe volte è più un combattimento”. E poi, formidabile: “C’è quel vuoto che non sai, che poi non dici mai, che brucia nelle vene come se/il mondo è contro te e tu non sai il perché, lo so me lo ricordo bene”. Un male senza nome, quasi accidioso, ha colpito tanti fratelli uomini del nostro tempo, e la canzone ricorda il sentimento di dolore, di provata ostilità di un “mondo” apparentemente senza motivo, un vuoto che si apre nelle giornate e che sembra contagiare addirittura il corpo, fino ad arrivare a bruciare le vene. Si può chiamare depressione, nevrosi, male di vivere appunto, come diceva Montale negli anni Venti (“Spesso il male di vivere ho incontrato”…). Ma se a quel tempo il male di vivere era prerogativa di un’elite, dato che la maggioranza degli italiani, contadini e pastori, aveva altri problemi contro cui combattere ma anche una fede più robusta che li accompagnava e che era ultimamente un’ipotesi positiva persino nella miseria, oggi quello stesso stato psicologico ed esistenziale si è esteso a una moltitudine di persone – e non c’è bisogno di citare i fatti più tragici delle cronache degli ultimi anni, lo sappiamo tutti. Che una canzone pop se ne occupi è un buon segno per la musica italiana, un segno di capacità artistica di Arisa e Anastasi, ma è un cattivo segno per la nostra società: significa che il male di vivere è diventato pop. Il testo ha però un altro colpo d’ala veramente notevole: la soluzione, o meglio, la non-soluzione. Sul palco dell’Ariston sentiremo infatti Arisa cantare: “Io sono qui/Per ascoltare un sogno/non parlerò/se non ne avrai bisogno/ma ci sarò/perché così mi sento/accanto a te viaggiando controvento./Risolverò/magari poco o niente/ma ci sarò/e questo è l’importante”. Ancora una volta è raro trovare tanto realismo in quella che dovrebbe essere, ricordiamolo, solo una canzonetta. Cosa può fare e dare, di fronte al male di vivere, chi ama l’altro? Esserci, fare compagnia nella lotta quotidiana, non sottrarsi a questa lotta. Senza la pretesa di risolvere problemi tante volte più grandi, che vengono da altrove (“il tempo solo lui lo sa, quando e come finirà”), anzi sapendo che “risolverò/magari poco o niente” (cosa possiamo noi risolvere dei problemi degli altri? E dei nostri?) eppure continuando a stare, magari viaggiando controvento, per essere almeno acqua “che spegnerà un momento” del vasto male di vivere che sembra misteriosamente attanagliarci.