Milano, 22 settembre 2011, ore 21:00: il Re Matto è finalmente tornato a cantare davanti al pubblico per presentare il suo nuovo Album “Solo 2.0”. La sala dell’Area Pergolesi dove si svolge l’esclusivo showcase di presentazione per pochi intimi è piena, i giornalisti attendono con i sentimenti più svariati l’arrivo dell’istrionico giovane. C’è curiosità, pregiudizio, ma soprattutto desiderio di essere stupiti da quello che capiterà. Marco Mengoni sale sul palco ed è quello che tutti ricordavano: un ragazzo forse troppo magro, eccentrico, sottilmente ironico e, al fondo, timido.
Comincia lo spettacolo, verranno presentati alcuni brani dell’ultimo disco (che uscirà il prossimo martedì 27 settembre). Marco e il gruppo di musicisti che lo ha accompagnato durante tutto quest’anno di preparazione e duro lavoro eseguiranno i brani in versione acustica. “Come ti senti?” si rivolge provocatoriamente agli astanti Mengoni, cantando il primo pezzo che lui stesso definisce “provocatorio”. Condensa ironicamente le battute, le domande, insistenti spesso, che gli sono state rivolte fin dall’inizio della sua ascesa al successo dopo la fortunata vittoria nel talent-show X-Factor. Il pezzo, racconta, avrebbe dovuto dare il titolo all’album ma all’ultimo momento questo ha preso il nome di “Solo”. La solitudine. “E’ la ricerca della solitudine… non come cosa triste!”, aggiunge Marco. Un attento ascoltatore non potrà che storcere il naso a quest’osservazione. Solitudine e tristezza camminano mano nella mano. Ma è noto che il giovane Re Matto ha scelto di posare i piedi del suo personaggio proprio sul contrasto, l’opposizione, a volte la contraddizione stessa.
Seguono altri cinque pezzi, tra i quali risuonano due successi passati: la malinconica e dolcissima “In un giorno qualunque” e la più sostenuta “Stanco (Deeper inside)”, interpretata in una chiave nuova dal giovane artista, con voce più agile ed impressionante che mai, e dai musicisti stessi, con pregevoli armonie vocali e nuovo arrangiamento. Mengoni dimostra di sapersi reinventare, sempre diverso, sempre sorprendente, nelle note che corrono veloci, nei gesti sinuosi, nelle mani tremanti.
Il nuovo album ha certamente un’identità più definita rispetto al precedente, forse troppo affrettato. I brani vivono di sonorità ricche ed è riconoscibile il gusto di Mengoni negli arrangiamenti orchestrali (come nel singolo appena uscito) che richiamano ai Muse, nella voce quasi “felina” che ricorda a tratti Jeff Buckley. Certo la personalità artistica del giovanissimo artista ha bisogno di acquistare ancora molti caratteri, i brani ascoltati del nuovo album risultano di qualità assai diversa rispetto ai precedenti ma spesso mantengono credibilità solo grazie alla straordinarietà della performance vocale ed espressiva di Mengoni, mentre soffrono per la scarsa forza di alcuni testi.
“Sono io, sempre lo stesso”. Così canta Marco sulle ultime note di questo spettacolo, che certamente non ha deluso i suoi attenti spettatori. No, non è cambiato quel Re Matto che ha fatto parlare di sé dal primo istante in cui si è mostrato a chiunque fosse disposto a guardare. Ringrazia il suo team, i musicisti, i compagni di lavoro. “Solo” resta una scritta sopra un disco, ma di certo non descrive un artista, che più di ogni altro scopre vicine a sé le cose e per questo le racconta. Di certo non descrive Marco Mengoni.
E domani, sempre su IlSussidiario.net, l’intervista esclusiva a Marco Mengoni.
(Cristina Picariello)