Sono tornato con gioia al ‘Der Ring’ (‘L’Anello del Nibelungo’) di Richard Wagner, nell’allestimento (aggiornato ma non stravolto) del Festival del Tirolo che avevo gustato nel 2005. Il lavoro dura quindici ore: un prologo di due ore e mezzo e tre ‘giornata’ ciascuna di tre atti per cinque-sei ore per opera intervalli compresi. E’ un’intrapresa che può portare al dissesto i teatri anche perché richiede 180 strumentisti in orchestra e circa 60 solisti, se vengono offerti più cicli. Al Festival del Tirolo non si rappresentava del 2005, ma è in programma già l’anno prossimo: le prenotazioni sono aperte tanta e tale la richiesta. Nel 2014 vengono offerti (sino al tre agosto) in due, ciascuna opera è separata dalle altre; in uno si inizia la mattina di una domenica e si termina nel pomeriggio del lunedì con una pausa dalla 3 alle 11 del mattino per consentire ad artisti e pubblico di riposare.
Il Festival si tiene a Erl, a 75 chilometri da Innsbruck ed a 70 da Monaco di Baviera), nonché ad un’ora e mezza di auto da Salisburgo. E’ nato circa tre lustri per iniziativa di Gustav Kuhn, direttore d’orchestra (Karajan lo considerava il suo erede), regista e scenografo. Ha lavorato a lungo in Italia dove è stato tra l’altro direttore artistico dell’Opera di Roma, del San Carlo e di Macerata Opera e dove, in Gargafagnana, ha affittato (a vita) il Convento dell’Angelo dei Padri Passionisti per farne un’accademia di alta formazione.
Il Festival è iniziato come un’occasione estiva nella la Passionsspielhaus, un auditorium per 1500 posti costruito dalla comunità di Erl negli Anni Cinquanta e dove ogni otto anni i cittadini del villaggio Erl rappresentano la Passione. Non c’è il golfo mistico; quindi l’orchestra è disposta in fondo, a vista, su alti gradoni, in alto le arpe, e poi, a scendere, ottoni, fiati, archi. L’azione delle opere si svolge davanti all’orchestra che, con un sapiente gioco di luci, ne diventa protagonista. Da alcuni anni, però Kuhn è riuscito ad ottenere ciò che unicamente Richard Wagner ha avuto: un teatro di 800 posti (la Festivalspielhaus) dove in autunno ed inverno si propongono opere ed in estate si completa l’offerta della Passionsspielhaus. La bellissima costruzione, perfettamente integrata nello scenario delle Alpi Baveresi, è stata interamente finanziata da privati.
Il vostro “chroniqueur” è un melomane inveterato da quando aveva l’età di 12 anni. E’ anche un economista. Sa, quindi, che i trattati sull’economia delle arti sceniche spezzano molte lance a favore del supporto pubblico. Dato che nelle arti sceniche il progresso tecnologico è modestissimo (ove non nulla) – per la Nona di Beethoven ci vuole lo stesso organico necessario ai tempi in cui venne composta e non si possono sostituire orchestrali e cantanti con sintetizzatori elettronici ed altri marchingegni – senza la mano del Principe, elementi essenziali della nostra cultura sono destinati a perire. Occorre, però, che la “triste scienza” (l’economia) entri anche in come si organizzano, gestiscono e finanziano le manifestazioni. Dobbiamo, ad esempio, chiederci se l’estate italiana debba essere contrassegnata da 50 festival di musica lirica, se il Rossini Opera Festival meriti un budget di 6 milioni di euro l’anno, se i due festival spoletini ne valgano altri 6, se l’Arena di Verona con i suoi 16.000 posti non debba essere in grado (con il programma adatto) di finanziarsi da sola. Dobbiamo soprattutto domandarci cosa fare perché la cultura (tramite le arti sceniche, e specialmente tramite la più bizzarra ed altera di tutte, l’opera lirica) non resti appannaggio di un’élite, ma si diffonda diventando punto di riferimento di partecipazione
Un esempio importante (che il Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo dovrebbe seguire ed indicare ai nostri organizzatori di spettacoli lirici) è lo sviluppo dei Festivall del Tirolo a Erl.
Prima di commentare brevemente l’appassionante “Ring” seguito in quattro giorni vediamo alcuni aspetti di politica dello spettacolo:
· Il budget. E’ un terzo di quelli del Rossini Opera Festival dei due Festival spoletini. Il 30% viene dalle casse dello Stato, della Provincia e dei Comuni interessati. Il resto dalla biglietteria , da sponsor ( una ventina di ditte del luogo) e da vendite di spettacoli ad altri teatri ed a canali televisivi.
· La partecipazione comunitaria. Molto forte. Ad esempio, 55 bambini lavorano gratis ne “L’Oro del Reno” come comparse (i nani nibelunghi), 30 ne “La Valchiria” (le fiamme dell’incantesimo del fuoco). I pompieri di Erl staccano i biglietti e soprattutto portano a spalle le navicelle di Sigfried e di Gunter nei viaggi sul Reno de “Il Crepuscolo degli Dei”. La cavallerizza del capoluogo è mobilitata per “La Valchiria”. 75 coristi uomini e 30 donne (per il “Crepuscolo”) vengono da formazioni locali. Mesi di lavoro insieme contribuiscono non solo ad apprezzare la musica ma anche a dare vita ad un forte capitale sociale.
· Gli italiani. Il festival è un’idea di Gustav Kuhn, direttore d’orchestra e regista di Salisburgo che opera, però, soprattutto in Italia, dove venne apprezzato soprattutto da Piero Buscaroli. L’organico orchestrale prevede ben 180 professionisti; 50 sono italiani, gli altri vengono da 14 Paesi. Due dei protagonisti principali del “Ring” sono italiani che – mistero doloroso dei nostri teatri – da noi solcano raramente il palcoscenico mentre stanno facendo una grande carriera in Germania, Austria ed Europa centrale in senso lato.
Il “Ring” del Tirolo si differenzia dalle altre versioni che si sono viste nel 2013 (bicentenario della nascita di Wagner) questi per vari motivi. Vediamo i principali:
· L’impianto scenico è essenziale (dando un ruolo di vera protagonista all’orchestra) ed il budget minimo. Viene utilizzato, però, tutto lo spazio disponibile per ottenere effetti speciali (incantesimo del fuoco, cavalcata delle Valchirie, ascesa al Palazzo degli Dei, viaggio sul Reno). Si è supplito con fantasia e grande accento sulla recitazione (ottima) . Si è eliminato sia il ciarpame tardo maxista sia il vecchiume proto germanico (come immaginato nella seconda metà dell’Ottocento); la regia spiega il libretto non si sostituisce ad esso: Come voleva Wagner, ne fa un grande e complesso dramma sulla fine del politeismo degli antichi Dei tedeschi e la nascita di un monoteismo con un forte contenuto etico. Wagner, ricordiamo, era un luterano osservante. Il cattolicismo di Kuhn è dimostrato dall’alternare in questo festival 2014 il ‘Ring’ con le sinfonie di Bruckner (il più rigorosamente cattolico dei compositori tedeschi).
· Kuhn padroneggia l’orchestra e l’azione con puntualità. Mantiene egregiamente i tempi quali prescritti da Wagner e per accentuarne il protagonismo fa partecipare l’orchestra all’azione; ad esempio, le sei arpiste in lungo rosso diventano parte integrante dell’”incantesimo del fuoco”.
· Dato che di massima i cantanti sono giovani, c’è molta atletica. I due giganti sono giocatori di baseball e da hockey, Thor di golf, Donner di lancia-martello, le Valkirie scorazzano in mountain bike, Brunilde fa vere e proprie capriole (a letto con Sigfrido, un fustone da scalate alpine). Gutrune veste un tailleur di Chanel e Fricka spicca per l’eleganza di tutte le sue mises.
· I cantanti sono in gran misura sconosciuti in Italia. Anche se italiani ( come il baldanzoso Siegfried di Gianluca Zampieri, la toccante Brunnhilde di Elena Comotti D’Adda).Facciamoli conoscere nelle prossimi stagioni liriche e festival. Se lo meritano.