Troppo rock per piacere agli amanti del songwriting e della musica country, troppo songwriter e country per piacere agli amanti del rock stradaiolo e urbano. Forse sono questi i motivi del mancato successo commerciale di Will T. Massey, texano purosangue, un esordio col botto grazie alla produzione di Roy Bittan e la presenza costante in alcuni dischi di giganti come il chitarrista degli Heartbreakers, Mike Campbell o anche l’immenso Charlie Sexton, da anni alla corte di Bob Dylan.
In realtà Will T. Massey è stato uno dei pochi a unire l’eccellenza del rock urbano alla canzone d’autore folk e country della sua regione di nascita con risultati affascinanti e originali. In sostanza, un autentico “balladeer” di scuola antica e classe sopraffina, per questo difficile da inserire nelle strategie marketing delle case discografiche. Il mancato riconoscimento popolare può essere anche una congiunzione astrale di sfighe, quelle che ti portano a finire nella categoria frequentatissima di cosiddetti “beautiful loser”, artisti dotatissimi e ispirati ma rimasti sempre fuori del grande giro (ne citiamo uno solo, Eric Andersen e, a proposito, ne approffittiamo per suggerire il suo nome per un disco analogo a questo).
Ci pensa adesso l’etichetta italiana Route 61, casa di produzioni prestigiose e di “nicchia buona” diretta da Ermanno Labianca, a togliere un po’ di polvere da Massey, pubblicando “30 years in the rearview – the collection: 1987-2016”, una raccolta che spulcia qua e là nella sua comunque parca discografia.
Il brano iniziale, reinciso per l’occasione solo voce e pianoforte, A summertime graveyard, dovrebbe da solo fugare ogni dubbio sul livello del nostro, un pezzo di malinconia notturna, a metà strada tra Tom Waits e il primo Springsteen.
La successiva Slow Study è l’anima rock del cantautore, rockabilly di pura marca texana, mentre la dolce Mr. Johnson’s Store è una meravigliosa ballata acustica, dominata da incantevoli corde d’acciaio in cui il debito di maestri come Guy Clark appare evidente.
Blue Shadow richiama addirittura il primo Elvis Costello (impressionante la similitudine vocale), quello più romantico e pop. Piace citare ancora il talkin’ blues Letters in the wind, quelle storie che pur non masticando l’inglese ti catturano nella loro asciutta solitudine, e che capisci parlano un linguaggio universale, quello del cuore.
Il cd, confezionato con l’usuale cura grafica tipica della Route 61, contiene anche rarità e inediti, come un demo inciso in casa quest’anno, la pianistica You take the town, che dimostra come la classe di Massey è ancora intatta e tre bonus track, brani risalenti alle primissime incisioni ancora prima del contratto discografico d’esordio. Registrazioni “garage” in cui si capisce bene perché il giovane Will T. Massey si aggiudicò un contratto da esordiente per la prestigiosa Mca (la quale, nel frattempo, ha cessato di esistere, mentre lui continua a fare dischi. Piccole vendette che i “beautiful loser” possono concedersi).