Riccardo Chailly, direttore principale del Teatro alla Scala di cui dal 2017 sarà direttore musicale, adora Giacomo Puccini ed è uno specialista delle sue opere. Nei prossimi anni le vedremo tutte, ad iniziare dal prossimo Sant’Ambrogio (ma il titolo sarà ‘ disvelato ’ solo tra qualche settimana). Non saranno esecuzioni di routine, ma vere e proprio riscoperte di titoli notissimi.
La fanciulla del West che ha debuttato il 3 maggio è stata annunciata come una ‘prima mondiale’ dell’opera come la compose Puccini prima dei rimaneggiamenti effettuati da Toscanini in quella che è considerata ‘l’edizione di riferimento’. Settima opera di Giacomo Puccini, composta nel 1910 su libretto di Guelfo Civinini e Carlo Zangarini dal dramma di David Belasco, debuttò al Metropolitan con un cast stellare guidato da Arturo Toscanini.
E’ noto che Toscanini aveva un pessimo carattere. E’ meno noto che aveva la pessima abitudine di rimettere mano alle partiture dei compositori, di cui era invitato ad eseguire i lavori ed è ancora meno noto che a Milano nel 1919 fu capolista del Partito Nazionale Fascista alle elezioni comunali. Lasciamo ad altri commentare questa chicca di storia politica. Più importante in questa sede è il rimaneggiamento delle partiture: ne soffrì soprattutto Franco Alfano, il cui finale integrale di Turandot è stato riproposto negli Anni Sessanta del secolo scorso, ma nonostante la sua innegabile superiorità rispetto a quello ‘di tradizione’ si usa ancora oggi la versione ‘ritoccata’ da Toscanini. Per La fanciulla del West la mano di Toscanini comportò l’eliminazione di un duettino tra la protagonista ed un giovane indiano, un certo numero di battute nella rissa tra minatori al primo atto e soprattutto una sostanziale semplificazione dell’orchestrazione (l’orchestra – scrisse Gianandrea Gavazzeni – è la vera protagonista del lavoro).
La fanciulla del West debuttò al Metropolitan di New York nel 1910. Sul podio Arturo Toscanini come si è detto. Cantavano Enrico Caruso, Emmy Destinn e Pasquale Amato. La Scala ospitò la prima ripresa con Tullio Serafin nel 1912. Tra le riprese scaligere ricordiamo almeno la prima con Victor De Sabata (1930), le ultime con la regia di Jonathan Miller e le direzioni di Lorin Maazel (1991) e Giuseppe Sinopoli (1995) e quelle con Franco Corelli e Gigliola Frazzoni dirette da Antonino Votto nel 1956/57 e da Gianandrea Gavazzeni nel 1964. Proprio al maestro Gavazzeni Riccardo Chailly ha voluto dedicare la prima del 3 maggio, nel ventennale della scomparsa.
Un meticoloso lavoro ha restituito La fanciulla del West alla stesura originale di Puccini. Il diavolo, però, ci ha messo la coda: la protagonista scritturata Eva-Maria Westbroek si è ammalata ed è stata sostituita da Barbara Haveman che ha cantato il ruolo a Francoforte (sono pochi i soprano che lo affrontano) la quale è di fatto andata in scena senza prove. Quindi non si è ascoltato il ‘duettino’ ma in compenso la scena della rissa tra minatori e l’orchestrazione sono come volute da Puccini. Quindi una ‘prima mondiale’ a tre quarti. Ha diretto Riccardo Chailly; nella parti principali hanno cantato, oltre alla Haveman, Roberto Aronica e Claudio Sgura. La regia è di Robert Carsen, le scene dello stesso Carsen con Luis Carvalho, i costumi di Petra Reinhardt e le luci ancora di Carsen con Peter Praet.
Puccini era affascinato dalla ‘settimana arte’, il cinematografo e La fanciulla del West sembra un copione per Hollywood. Nella California delle febbre dell’oro, Minnie gestisce un “saloon” per minatori; si trinca whisky; ci si azzuffa e si spara, ma in un’atmosfera da Cral (ossia da dopolavoro) poiché tra una rissa e l’altra, la bella giovane ostessa da tutti desiderata tiene lezioni di alfabetizzazione e spiega la Bibbia. Lo sceriffo Jack vorrebbe portarsela a letto, ma la fanciulla lo respinge sia perché non ha “ancora dato il primo bacio”, sia in quanto innamoratasi dello “straniero” Dick (che in lingua inglese è anche un modo educato per indicare chi sa utilizzare a pieno il proprio fallo) da desiderare di andare con lui sotto le lenzuola. Dick è un ladrone in fuga, ma Minnie non lo sa. Finisce col pernottare (ma in giacigli separati) nella casa della ragazza. Lo sceriffo lo scopre, Minnie ingaggia con lui una partita di poker dove mette in palio la vita di Dick o la propria verginità. Barando, vince e salva temporaneamente il ladrone di cui è innamorata. Braccato, quest’ultimo finirebbe sulla forca se non arrivasse a cavallo, Minnie con due Colt cariche di piombo e un discorso ai minatori. Dick viene perdonato e i due lasciano la California.
L’introduzione dell’opera si svolge in un cinema inizio Novecento dove si proietta un Western; con un abile gioco di proiezioni, il cinema si trasforma nella locanda di Minnie. Parimenti, alla fine del terzo atto, la foresta diventa l’uscita del cinema ed i due protagonisti cambiano costumi; da quelli dell’intreccio diventano attori di Hollywood, Parte del loggione, che attendeva Minnie a cavallo e con le armi puntate, ha espresso proteste. Ottima la recitazione ed i movimenti delle masse. Molto bello il bianco e nero, interrotto solamente nel primo atto da una maxiproiezione , nel fondale, del rosso deserto californiano.
Andiamo alla parte musicale. Come detto da Gavazzeni, la protagonista è l’orchestra della Scala. La novità è che questa edizione critica rivela non solo l’abilità di Puccini di utilizzare ‘temi locali’ per aggiungere ‘colore locale’ ed un uso del leit motiv tale da incorporare la lezione wagneriana in una struttura musicale novecentesca ma anche una grande attenzione alla seconda scuola di Vienna ed alle innovazioni musicali che là stavano nascendo. E’ un Western ‘espressionista’ come al cinema si sono visti solamente negli Anni Sessanta. Bravissimi i professori dellaScala nell’affrontare la difficile prova. In certi momenti (specialmente nella seconda parte del primo atto), Chailly è cosi preso dall’orchestra da non tenere un giusto equilibrio tra buca e palcoscenico, coprendo le voci della Haveman e di Aronica.
La fanciulla del West richiede cantanti attori di grande vaglia. Il ruolo di Minnie è scritto per un soprano wagneriano (ricordo la Nilsson diretta da von Matacic) ma in grado di andare a cavallo ed utilizzare carabina e pistola. Tanto Eva-Maria Westbroek quanto Barbara Haveman sono soprani usi a Wagner. Haveman ha , per certi aspetti, salvato la serata ma, al debutto alla Scala e senza prove, non è usa alle peculiarità acustiche della sala del Piermarini. Quindi, ha ecceduto in vibrato. Roberto Aronica ha superato le mie aspettative. Claudio Sgura è stato un efficace sceriffo. Eccellenti i quindici caratteristici .
Molti applausi ma qualche ‘boo’ all’uscita di Carsen e dei suoi collaboratori.