Pier Luigi Pizzi ama dire che Un Festival non è tale se non presenta una prima mondiale od una riscoperta di lavori dimenticati dell’antichità. Il Maggio Musicale Fiorentino 2018 ha ambedue questi ingredienti: il 3 giugno ha presentato in prima mondiale Infinita Tenebra di Luce di Adriano Guarnieri al delizioso teatro Goldoni (un gioiello di circa 350 posti, palchi e loggione compresi) ed il 25 giugno metterà in scena La Dafne di Marco da Gagliano nella Grotta dei Buontalenti del Giardino dei Boboli. Guarnieri è uno dei compositori italiani contemporanei più apprezzati e più noti. Marco da Gagliano è un esponente del barocco fiorentino che, al pari ad esempio del barocco bolognese e romano, si è poco a poco perduto.
Il teatro in musica di Guarnieri è molto particolare in quanto si tratta di teatro ‘spirituale’ senza una vera e propria trama. Ricordo, ad esempio, Il Trionfo della Notte , su versi di Pier Paolo Pasolini, che ottenne il ‘Premio Abbiati’ (alla fine degli Anni Ottanta), Pietra di Diaspro su frammenti di Celant e Maritain tratti dall’Apocalisse che trionfò al Teatro Nazionale (la sala ‘piccola’ del Teatro dell’Opera di Roma) nel 2007 e Tenebrae su testi di Massimo Cacciari, Friedrich Nietzsche , Martin Heidegger e George Tral al Ravenna Festival del 2010, nonché L’Amor che muove il Sol e le altre Stelle, su testi danteschi, che si è vista sia al Festival dei Due Mondi sia al Ravenna Festival rispettivamente nel 2014 e nel 2015. Tutti lavori, di ispirazione spirituale ove non apertamente religiosa, in cui la drammaticità è interamente interiore. La messa in scena fa ampio ricorso ai video e la partitura anche a musica elettronica. Di gran parte di questi lavori esistono registrazioni in DVD. Guardandole ed ascoltandole si può seguire un filo conduttore: Pietra di Diaspro, Tenebrae e L’Amor che muove il Sol e le altre Stelle, ad esempio, sono un vero e proprio trittico sulla trascendenza
Lo è anche Infinita Tenebra di Luce che prende indirettamente lo spunto dal saggio L’Angelo Necessario di Massimo Cacciari, una lettura filosofico-teologica dell’Angelo attraversando i testi e le immagini, a partire dall’antichità giudaico-cristiana o pagana o iranica sino a Klee o a Rilke o alla riflessione di Henry Corbin. Guarnieri utilizza versi tratti da Poesie alla Notte di Rainer Maria Rilke, si tratta di singoli versi non di brani completi. In tal modo si da il senso di come la luminosità dell’Angelo penetra l’oscurità e la sconfigge.
L’opera inizia nel Foyer del Teatro dove gli spettatori, entrando, sono confrontati con una bella statua vivente di un Angelo dorato. Non ci sono personaggi, ma volti (due soprano, un baritono, un tenore, una voce recitante, un solista di ottavino che appare nell’ultima ‘sequenza’) . Il lavoro è suddiviso in 18 ‘sequenze’ , senza però soluzione di continuità. Le ‘sequenze’ non sono ‘numeri chiusi’ ma momenti che si susseguono con quattro interludi orchestrali dove entra in gioco ‘la voce recitante’. Guarnieri non fa uso di musica elettronica in Infinita Tenebra di Luce ; un piccolo ensemble (ContemporArtEnsemble) guidato da Pietro Borgonovo ed integrato da un ottavino sul palcoscenico nel finale da grandi sonorità nel piccolo ambiente del Teatro Goldoni. La scrittura musicale è rigorosamente cromatica. La parte vocale è, per molti aspetti, ‘classica’: voci straniate come in Monteverdi, arie, duetti, quartetti , momenti polifonici. Livia Rado e Clara Porta sono i due soprano, Gregory Bonfatti il tenore, Salvatore Grigoli , il baritono, Fulvio Cauteruccio l’attore/voce recitante. I cantanti restano immobili su due tavoli,
La regia, la scena e le luci di Giancarlo Cauteruccio (l’allestimento è in collaborazione con l’Accademia di Belle Arti di Firenze) sono imperniate sul bianco e nero delle tenebre, con un breve momento di luci rosse anche sui palchi a rappresentare il pericolo dell’inferno,
L’opera dura un’ora. Di grande tensione e di grande spiritualità. Al debutto, il teatro era pieno ed ha salutato autore ed artisti con dieci minuti di applausi.