La musica che si sporge verso l’immagine, la prepara, ci fa trovare pronti. Il suono che diventa punto di fuga, allusione verso un centro cui tutto tende. È questa la stoffa di cui sono fatte le colonne sonore di Ennio Morricone, incollate a volti, scene, storie, eppure autonome come se esistessero da sempre. Scortato da Luca Ranieri, l’arzillo ottantenne è come la sua musica: eclettico, signorile, diretto.
Maestro, la sua musica inchioda l’ascoltatore con un timbro (armonica, fischio, ocarina), fa innamorare con sole due note. Ridurre ai minimi termini per colpire dritto al cuore?
Non generalizziamo. L’ispirazione non esiste. Esistono tentativi, incessanti cancellature, esercizio, duro lavoro. Ho abbracciato tutti i generi musicali, dallo swing all’atonale, dalla polifonia colta alla canzone. Li amo tutti. Eppure è sempre il mio volto: curato nei minimi particolari, ogni volta diverso dal precedente.
La musica colta di Ennio Morricone, quella non destinata al cinema, quale carattere rivela, quali diverse urgenze interiori?
All’inizio della mia carriera facevo la distinzione fra musica applicata e musica assoluta. Oggi sento che i due binari sono vicinissimi, destinati a un inevitabile incontro. Fra un po’ di anni ascolteremo la musica da film come musica classica e viceversa. Il tempo renderà tutto più chiaro. D’altra parte la musica applicata è sempre esistita, si chiami «Musica per i Reali fuochi d’artificio» di Haendel o «Tafelmusik» di Telemann. E le Cantate di Bach cos’erano, se non musica funzionale?
Che metodo di lavoro usa?
Non ci sono regole, solo impegno, tecnica, esperienza. Io scrivo sempre me stesso, ogni volta. Una volta mi capitò di scrivere al buio un tema, mentre vedevo scorrere le immagini mute, usando solo note con tagli addizionali, senza il pentagramma sottostante. Se un regista chiama dieci buoni compositori e commissiona a ognuno di loro una colonna sonora per lo stesso film, ne otterrà dieci diverse. Questo significa che le strade per scrivere musica per il cinema sono potenzialmente infinite. Nessuna è più giusta delle altre. Tutte sono lecite. Alcune potranno funzionare meglio, altre peggio.
C’è un “trucco Morricone”?
L’aspetto melodico è ormai logoro. Da un po’ sto fondendo la musica tonale con il sistema dodecafonico, con esiti che mi soddisfano. Per lasciare il segno basta un ritmo speciale, un tocco particolare di colore.
Quali autori ama di più?
Non pochi, ma nemmeno troppi. Palestrina, Monteverdi, Frescobaldi, Nono, Petrassi, Aldo Clementi. Ogni volta che arrivo al termine della «Sinfonia dei Salmi» di Igor Stravinsky, mi commuovo fino alle lacrime. Potrei anche dire che quando compongo riscrivo sempre la Sinfonia dei Salmi, ma nessuno se ne accorge.
Esiste un nuovo Morricone?
Ci sono molti giovani preparati, ma anche tanti compositori improvvisati, che affidano all’elettronica le loro acerbe idee, illudendosi che un computer possa supplire l’intelligenza, la fatica, lo studio.
(Enrico Raggi)