Sbaglia chi ritiene Paul McCartney l’anima più zuccherosa e commerciale dei Beatles e John Lennon quella impegnata, sperimentale, anarchica. È vero: Paul scriveva Obladi-Oblada, ma un paio di canzoni dopo, nello stesso disco (per la cronaca, il “White Album”) ci infilava una delle più terrorizzanti e apocalittiche composizioni della storia del rock, quella Helter Skelter che una mente malata come quella di Charles Manson utilizzò come colonna sonora per la strage di Beverly Hills di quarant’anni fa, quella in cui il suo gruppetto di hippie massacrò la moglie incinta del regista Roman Polanski e altri disgraziati che si trovavano lì per un party. Ma soprattutto, già ai tempi di “Revolver” (1966), era Paul lo sperimentatore, il primo dei Fab Four a interessarsi di distorsioni sonore in studio di registrazione, a produrre il primo brano di musica sperimentale e psichedelica del gruppo (Carnival Of Light, rimasta inedita fino a oggi e che proprio in questi giorni il musicista ha dichiarato di voler finalmente pubblicare) o ideare il concept dietro “Sgt. Peppers And The Lonely Hearts Club Band”, il disco che cambiò per sempre la storia della musica pop.
Certo, negli anni della sua carriera solista, Macca ha fatto di tutto per oscurare questa sua anima, con dischi che cadevano spesso nella muzak più banale e approssimativa. Ma ogni tanto si è concesso delle fughe, usando però lo pseudonimo di Fireman (da un verso contenuto nella sua Penny Lane).
Già due volte, nel 1993 e 1998, aveva pubblicato strani dischi fatti di collage sonori a base di hip-hop, dance elettronica, sperimentazioni rumoristiche. Adesso fa di più: il disco “Electric Arguments,” in uscita il 21 novembre per la piccola etichetta indipendente One Little Indian, ancora a nome Fireman, lo vede proseguire nella sperimentazione, ma questa volta con vere e proprie canzoni. Il risultato è una delle sue migliori raccolte di musica di sempre, che lo vede tornare un po’ ai fasti dell’epoca più innovativa dei Beatles.