Per Claudio Trotta, titolare dell’agenzia di spettacoli Barley Arts, chiesta condanna a un mese di carcere. La richiesta arriva dal pm di Milano Giulio Benedetti.
Il fatto è noto, almeno per i tanti che seguono i concerti rock. A Claudio Trotta viene contestato di non aver fermato un concerto di Bruce Springsteen allo Stadio San Siro nel 2008 nonostante la delibera che obbliga gli spettacoli a terminare alle 23.30: “Sforò di 22 minuti la fine prevista dai regolamenti e superò anche il limite dei decibel fissato. L’esibizione di Springsteen si tenne la sera del 17 maggio 2008 e terminò alle 23.52, invece che alle 23.30, come previsto”.
Il promoter è accusato di disturbo della quiete pubblica e di inosservanza dei provvedimenti dell’autorità pubblica. Nella requisitoria si sostiene che gli abitanti del quartiere “lamentano da anni l’invivibilità della zona a causa dei concerti”.
Da 11 anni, ha proseguito il pm, “si attende un piano di insonorizzazione, mai stato fatto”. Nel caso del concerto del Boss, ha spiegato il magistrato, “si potevano tollerare 5 o 10 minuti in più, ma 22 minuti, con 3 bis da parte del cantante, sono troppi anche per la tipica tolleranza italiana”. L’imputato, ha concluso il pm, “passati 5 minuti avrebbe dovuto far togliere la corrente”.
È un caso del tutto inedito in Italia, ma anche nella scena musicale internazionale. È difficile immaginarsi le conseguenze, anche dal punto di vista dell’ordine pubblico, se davvero si fosse staccata la corrente. Abbiamo sentito Claudio Trotta, titolare di Barley Arts e organizzatore dei concerti di Bruce Springsteen in Italia sin dal 1985, per avere una sua dichiarazione esclusiva sulla vicenda.
Quali sono le sue reazioni, dal punto di vista umano e professionale, alla richiesta di condanna?
Dal punto di vista personale non è bello, dopo 32 anni di impegno nel mondo della musica, sapere di aver ricevuto la richiesta a essere condannato a un mese di carcere. E il motivo poi. È ovvio che il pm doveva fare il suo lavoro, ma la sua richiesta è in sostanza questa: un mese di carcere per non aver staccato la spina della corrente elettrica. Molto triste.
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C’è però dell’altro, oltre al piano personale, mi sembra di capire…
C’è un problema che va sicuramente al di là della faccenda che mi tocca personalmente. Se si arriva a un episodio come questo, è ovvio che c’è un problema culturale. L’Italia è un paese che continua a considerare la musica popolare contemporanea qualcosa di serie B. In 32 anni che faccio questo lavoro, in Italia non è ancora stata fatta una legge per regolamentare la fruizione della musica. Non è stata costruita una sola struttura per concerti con denaro pubblico. Addirittura invece c’è una legge che ha messo in condizione un pm di fare la richiesta di condanna che ha fatto. È un fatto culturale, ma anche generale. È una indicazione che non riguarda solo me, ma tutta la musica, i cantanti, il pubblico, gli organizzatori… Andando avanti così, chi avrà ancora voglia di organizzare concerti a Milano?
Musica rock dunque come qualcosa da mal sopportare e magari eliminare?
Io non sono un funzionario del Panteon e mai andrò sul palco a staccare la spina a un artista. Mi domando se il sovraintendente alla Scala andrà mai da Pollini a chiedergli di smettere di suonare se suona cinque minuti in più, e se un pm farà mai la richiesta di incarcerare il sovraintendente alla Scala se farà qualcosa del genere.