Mentre la musica rock cosiddetta “bianca” si trova sempre più in affanno, incapace di individuare stimoli che non siano il mero ripetersi di un clichè all’infinito, dal profondo Sud degli States arriva ancora musica capace di emozionare. Dopo l’orgia di suoni sintetici, di rap becero e tirato a lucido per portarlo fuori dai ghetti e farne l’ennesimo intrattenimento per ragazzini brufolosi che si nutrono a dosi quotidiane di Mtv, dopo le finte signore indegnamente definite soul singer che hanno ammorbato il mondo della canzone femminile negli ultimi vent’anni (un nome su tutti, Mariah Carey) a dosi di smielata sensualità pop, la black music prova a ritrovare se stessa.
Per fare ciò bisogna tornare là dove tutto era cominciato: non a caso questa band si chiama Alabama Shakes perché è dall’Alabama che la cantante Brittany Howard, il chitarrista Heath Fogg, il bassista Zac Cockrell e il batterista Steve Johnson provengono. Tutti molto giovani, hanno nella cantante di colore, Brittany (un’autentica blues mama anche per la stazza fisica non indifferente) il punto di forza grazie a una voce potente e sensuale nel modo autentico, cioè carica di sofferenza e passione. A fare i generosi si possono tirare in ballo i nomi di Aretha Franklin e Janis Joplin, ma ovviamente non è così: lei è lei, e tanto basta. Il disco d’esordio del gruppo, appena uscito, “Boys and Girls” infatti marcia per la sua strada: quella di un rock-blues tirato ed essenziale, privo di fronzoli o concessioni. Non a caso ricorda i primi lavori di un’altra grande rock band sudista, i Kings of Leon: riff di chitarra serrati, drumming preciso e ficcante e su tutto la voce di Brittany.
Il brano manifesto è ovviamente la straordinaria You’re Not Alone, dove veramente si può intravvedere il fantasma di Janis Joplin sorridere affettuosamente davanti a questa torrenziale ballata soul come non se ne sentivano da decenni. Non da meno la potentissima Heartbreaker, dove Brittany mette in mostra doti che ne potrebbero fare la voce più straordinaria in molti decenni di black music. Le note grasse di Hammond fanno da cornice a tale performance.
Il resto del disco funziona egregiamente, con brani come l’iniziale Hold On, che suonano freschi e accattivanti, con quella forza che solo la black music più sincera e onesta sa comunicare.
Che i ragazzi ci sappiano fare lo dimostra poi il retro vintage in salsa caraibica di Going to the Party con quell’atmosfera sospesa tra sogno e visionarietà e qui a sorridere potrebbe essere un altro fantasma illustre, quello di Amy Winehouse.
In I Ain’t the Same si permettono pure di citare il riff iniziale di Little Wing di Mr. Jimi Hendrix, ma poi il pezzo deborda verso un’altra pulsante soul ballad. Che gli Alabama Shakes siano sulla buona strada, quella che potrebbe dare uno scossone alla finta black music di cui dicevamo all’inizio, lo potrebbe provare il fatto che uno come Jack White, sì proprio l’ex White Stripes, li abbia presi sotto la propria ala protettiva portandoseli in tour con lui.
Il successo arriverà? Potrebbe: resta il fatto che “Boys and Girls” si candida a esordio dell’anno. Un esordio che va per la propria strada, come sottolinea il brano conclusivo, On Your Way, il più rock’n’roll della raccolta, dove anche il chitarrista del gruppo trova il modo di sfogarsi (non avrebbe sfigurato nell’esordio dei Kings of Leon). Ragazzi del Sud crescono e questo non può che far bene alla musica rock in generale.