Il 16 aprile per gli appassionati di musica è una data significativa perché si celebra il Record Store Day, una giornata intera dedicata al sostegno dei negozi di musica indipendenti.
Non è solo la giornata della solidarietà e dell’orgoglio dei negozianti di dischi sopravvissuti, anche se un po’ malconci, in un mondo in cui la modalità di fruizione della musica è completamente cambiata, ma è anche una occasione per tanti cultori che in quella giornata possono incontrare musicisti, assistere a sessioni esclusive e acquistare edizioni a tiratura limitata.
Giunto alla nona edizione, l’evento ha raggiunto una risonanza mondiale e ad oggi sono migliaia i negozi coinvolti nell’iniziativa. Nel 2016 gli “Ambasciatori” della Giornata saranno i Metallica mentre in passato i testimonial dell’iniziativa sono stati artisti del calibro di Iggy Pop, Jack White e Ozzy Osbourne. Da noi bisogna accontentarsi: l’hinterland milanese non offre le stesse possibilità di NYC quindi le quattro chiacchiere con James Hetfield o Dave Grohl dovranno essere rimandate ad un’altra occasione.
Il Record Store Day si realizza grazie allo sforzo congiunto di case discografiche, artisti e distributori allo scopo di dare visibilità e risonanza ad un prodotto che un tempo era la modalità privilegiata per conoscere la musica e che negli anni si è fatto sempre più di nicchia. Solo in Italia saranno 300 tra edizioni speciali, anteprime e ristampe, le pubblicazioni studiate appositamente e in uscita il 16 di aprile. Solo per citarne alcune: Bob Dylan, attualmente in tour in Giappone, con un ep di quattro brani inediti che anticipa il suo nuovo disco in uscita maggio, “Fallen Angels”; The Best of the Johnny Cash TV show (LP) raccoglie il meglio delle performance dello spettacolo televisivo di Johnny Cash (1969-1971) con brani eseguiti da Ray Charles, James Taylor, Roy Orbison, Joni Mitchell e altri ancora. Cambiando genere e supporto audio, i Metallica pubblicano il cd Liberté, Egalité, Fraternité, Metallica! – Live at Le Bataclan June 11th 2003 i cui proventi saranno donati alla alla campagna Give for France. Iniziative sporadiche a sostegno dei Record Store in realtà ci sono da parecchi anni. Ben noto è l’impegno dei Pearl Jam che nel 2005 si sono esibiti dal vivo nel loro negozio preferito di Seattle e la registrazione (7 canzoni su 16) è diventata un album “Live at Easy Street” distribuito nei negozi indipendenti.
Non tutti però si accorgeranno di questo evento: una giornata dedicata ai nostalgici del formato audio fisico non fa particolarmente notizia. In un mondo che si sta sempre più digitalizzando, il vinile può essere visto dai più giovani come un oggetto dell’era dei dinosauri. Nel terzo millennio, a meno che non si vada alla ricerca del suono perfetto, i vecchi impianti stereo o i giradischi non si ha nemmeno più l’interesse di ripararli, le nuove autoradio non contemplano più i cd, per non parlare poi dei lettori portatili completamente cancellati e sostituiti dai più pratici lettori MP3 prima e dagli smartphone poi.
Anno dopo anno si vedono tirare giù le serrande una quantità sempre maggiore di negozi prima a causa della grande distribuzione, poi del commercio elettronico ed infine per via della distribuzione digitale (legale e non). Ricordate Napster? Quello è stato solo la punta dell’iceberg.
È sotto gli occhi di tutti che negli anni la modalità di vendita del prodotto musica è completamente cambiata: nessuno sembra comprare più la musica ma tutti si mettono in fila (ops dietro ad una tastiera a colpi di click) per acquistare i biglietti dei concerti. L’artista riceve sempre meno introiti dalla vendita degli album e sempre di più dalle esibizioni dal vivo, questo almeno guardando i prezzi dei biglietti e la facilità dei musicisti (più famosi) di raggiungere i sold out.
Chi aprirebbe più un nuovo negozio di musica oggi? Dovrebbe bastare da monito vedere la fine che hanno fatto le videoteche: una morte certa. Al di là della passione, un business plan fatto con un minimo di cognizione difficilmente sarebbe supportato da dati incoraggianti e sostenibili. Per quanto i supporti fisici alla lunga siano destinati a soccombere ed i negozianti a trasformarsi in “antiquari e robivecchi” per soli cultori e collezionisti, l’obiettivo di molti negozi oggi è quello di sopravvivere a questo cambiamento epocale il più a lungo possibile. Pertanto non sorprende che il “digitale” abbia superato da diversi anni il “fisico” (con un divario in continuo aumento) e che l’ascolto in streaming abbia superato il download in tutti i principali mercati (Spotify avrebbe raggiunto 30 milioni di abbonati paganti con molti mercati ancora da esplorare).
Eppure i dati di vendita della musica nei vari formati disponibili, compresa quella su supporto fisico, sono sorprendenti. In Italia, secondo la rilevazione Deloitte/Fimi i ricavi del mercato nel 2015 sono cresciuti del 21% con un contributo trasversale positivo di streaming, cd e vinili. I cd sono cresciuti del 17% mentre la vendita di vinili, anche se conta solo il 4% del mercato, è quasi raddoppiata. Certo rispetto ai fasti del 1999 la musica ha perso oltre il 70% del valore, ma il dato di questi ultimi anni è ancora più stupefacente se si considera che solo nel 2013 si è interrotto un trend di 11 anni consecutivi di contrazione del mercato.
Anche negli Stati Uniti, secondo i dati RIAA, i ricavi sono cresciuti quasi dell’1% raggiungendo 7 miliardi di USD (giusto 50 volte più grande del mercato italiano). Cd in calo in questo caso ma forte crescita del vinile che regista un +28,3% (416 mln usd) livelli ma più raggiunti dal 1988.
Quali artisti vendono di più nel formato vinile? Nella Top 5, oltre alle “novità” Adele e Taylor Swift, troviamo dei grandi classici ovvero i Pink Floyd con The Dark slide of the Moon, i Beatles con Abbey Road e Miles Davis con Kind of Blue. Quali possono essere le ragioni del ritorno al vinile? Magari la necessità di possedere un oggetto tangibile e ben confezionato per sentirsi più legati ai propri idoli, oppure la qualità impareggiabile del suono o ancora il fascino che gli anni settanta riescono a trasmettere ancora oggi. Trend o meno, anche chi non frequenta i negozi di dischi, il ritorno al vinile lo si può notare osservando il banchetto del merchandising dei concerti: tra adesivi superflui, poster inutilizzabili, magliette orripilanti, i dischi con le loro copertine abbondanti invogliano maggiormente l’acquisto grazie anche all’ampia superficie fatta apposta per fare incetta di autografi (chissà poi quanti acquirenti hanno in casa il giradischi per ascoltarli)!?!
Un tempo la frequentazione dei negozi di dischi era un passaggio obbligato per conoscere la musica e per vedere e toccare con mano le novità musicali. L’acquisto poi richiedeva una attenzione particolare e sbagliare disco significava sprecare una chance e ritrovarsi fra le mani un oggetto ingombrante di cui non ci si poteva sbarazzare facilmente.
La musica andava scelta e già di per sé questo richiedeva una forma di educazione. Nel terzo millennio la musica viene spesso vissuta come “riempitivo” e come sottofondo in ogni contesto e momento. Un tempo invece, così come bisognava decidere un momento preciso per vedere un film o per leggere un libro, allo stesso modo andava dedicato all’ascolto di un disco un tempo e un luogo specifico. L’ascolto dal giradischi del salotto di casa, dallo stereo della cameretta o dall’autoradio della macchina anche a distanza di anni sono momenti impressi nella memoria di chiunque abbia vissuto la musica nei decenni scorsi. Era riconosciuto da tutti che la musica aveva un valore e con essa il tempo dedicato ad ascoltarla.
La giornata del 16 ha anche come obiettivo quello di suscitare nuovamente quella curiosità e di ridare all’ascoltatore quella emozione, quel senso di esclusività e quella ricerca di significato che l’ascolto veloce, globale e generalizzato tramite internet ha in parte tolto. Allora, almeno per un giorno, ben venga il Record Store Day. Vinyl Rocks!