Michele Gazich sarà in concerto a Madrid per la Giornata della memoria. Il 27 gennaio alle ore 13.00 presso il Senato spagnolo; il 28 alle 19.30 presso il Circulo de Bellas Artes.
Il concerto è stato organizzato con la partecipazione delle Nazioni Unite, il Centro Sefarad-Israel, l’Istituto Italiano di Cultura, l’Istituto Polacco, l’Ambasciata di Francia e altre istituzioni europee.
L’intervento musicale in Senato vedrà la presenza del Re di Spagna Felipe VI, di vari ministri del governo spagnolo, di Isaac Querub, Presidente della Federazione delle comunità ebraiche spagnole e di Juan de Dios Ramirez Heredia, Presidente della Uniòn Romani.
Il Maestro Gazich eseguirà sue composizioni connesse con il tema della giornata. Il concerto è un viaggio attraverso lo spirito ebraico.
Il concerto è compimento di un percorso di ricerca culturale e spirituale, che ha impegnato Gazich nel corso degli anni.
Tra gli antecedenti più recenti a questo concerto ricordiamo:
30 Marzo 2012: Concerto a Cracovia, dopo aver viaggiato con mille studenti europei sul “Treno della memoria”, partito da Milano, e visitato i campi di sterminio di Auschwitz e Birkenau.
18 Maggio 2012: “Verso Damasco”, concerto nel Duomo Vecchio di Brescia. Concerto spirituale, nell’ambito dell’omonimo convegno ideato dallo stesso Gazich, presso l’Università di Brescia.
7 Aprile 2013 Roma: Prima esecuzione della composizione “Sette esercizi di celebrazione per Pasqua/Pesah” nell’ambito del convegno promosso dall’Amicizia Ebraico-Cristiana a Roma. Riflessione attraverso la musica e parole sul tema di Pasqua/Pesah.
Racconta Gazich: “Ho sempre cercato di caricare di senso la giornata della memoria, trasformarla in qualcosa di più radicale e sconvolgente del giorno in cui ci si ripulisce la coscienza con un pensierino. Per questo ho composto, qualche anno fa, la canzone Il latte nero dell’alba, dedicata al poeta di cultura ebraica Paul Celan (1920-1970). I suoi genitori morirono in campo di concentramento, mentre lui si salvò dalla cattura. Paul Celan visse tutta la sua esistenza con l’ossessione di non avere fatto abbastanza per salvare i suoi e, in fondo, con il senso di colpa per essere sopravvissuto, per non essere morto con loro: la memoria dello sterminio dei suoi genitori e del popolo ebraico, la memoria delle violenze della guerra, lo ossessionò al punto tale che, infine, si suicidò, buttandosi nella Senna dal Pont Mirabeau. Un caso, in fondo, simile al nostro Primo Levi. Il latte nero dell’alba è stata tradotta in molte lingue, tra cui anche il Polacco, l’Yiddish e lo Spagnolo. La canzone ha attratto l’attenzione della Comunità Sefardita di Madrid che si è fatta promotrice di questo concerto verso le altre prestigiose istituzioni coinvolte”.
Aggiunge Gazich: “L’Europa di oggi, lacerata da conflitti, in crisi da centinaia d’anni, ha bisogno di memoria, noi europei dobbiamo ripensare all’Olocausto prima di puntare il dito su altra violenza intorno a noi oggi. Abbiamo bisogno di una nuova Europa che si presenti come progetto culturale universale, un’Europa aperta a tutte le culture per attingere alle specificità di ognuna di esse. Un’Europa che sappia riscoprire la propria radice democratica, tollerante, umanista e spirituale. Con questi pensieri nel cuore varcherò la soglia del Senato di Madrid”.
Programma del concerto
Michele Gazich: voce, violino, viola, piano
Marco Lamberti: seconda voce, bouzouki, chitarra classica, piano
No Jerusalem but this
Composizione strumentale ispirata da una poesia di Samuel Menashe (1925-2011). Il corpo del poeta è come un altare per una processione interiore.
Guerra Civile
Gazich apre sempre i suoi concerti con questa canzone, una canzone religiosa. Gazich crede fermamente che “Dio sopravvive nei dettagli / nelle crepe dei centri commerciali”.
Fuoco nero su fuoco bianco
Nella tradizione rabbinica la pagina scritta della Bibbia o, più precisamente, della Torah è chiamata “Fuoco nero su fuoco bianco”, come se lettere fatte di fuoco nero bruciassero sul fuoco bianco della pagina. La canzone parla oltre che di ciò anche dei nostri tempi, dove la pagina, il libro è dimenticato a favore di una informatizzazione che troppe volte è anticamera del nulla. L’invito è a farsi bruciare dal fuoco dei libri, invece di bruciare i libri stessi
Shekinah
“Shekinah” è una parola ebraica, che allude alla presenza di Dio nel mondo. Viene dalla radice “stare, dimorare”. Un faccia a faccia con Dio.
Salmo Magico
Magic Psalm è anche il titolo di un componimento di Allen Ginsberg (1926-1997), il solenne, irrituale e sconvolgente maestro della poesia Beat americana. Magic Psalm fa parte di Kaddish and Other Poems 1958-1960. Il Kaddish è una preghiera che, nella liturgia ebraica, si recita per accompagnare la sepoltura dei morti. La canzone è una litania, un mantra, guidato dall’ipnotico arpeggio del bouzouki mediterraneo.
Dia de Shabat
La canzone racconta l’incendio che, alla fine dell’800, distrusse il quartiere ebraico di Salonicco, il giorno del Sabato. Testo tradizionale della tradizione sefardita, in spagnolo con inflessioni ebraiche, adattato e messo in musica da Michele Gazich.
Come Giona
Il profeta biblico Giona trascorse un soggiorno coatto nella pancia di una balena per non aver voluto compiere la sua missione: profetizzare. Vomitato dalla balena, dopo tre giorni di reclusione, profetizzò. Perenne attualità di Giona: il suo morire, il suo risorgere dal mare e la sua energia nel cambiare vita. Dice Gazich: “Il mio Giona cammina sul ritmo delle preghiere medioevali: un frammento testo latino del XII secolo conclude, infatti, la miasequentia apocrifa”.
Leggenda del santo bevitore
Ispirata all’omonimo racconto di Joseph Roth e alla vicenda esistenziale dell’autore stesso. Joseph Roth giace nello stesso cimitero di Paul Celan, l’immenso e anonimo cimitero-città di Thiais fuori Parigi, ripetizione inesorabile di morte; nulla a che vedere con i romantici cimiteri parigini degli artisti.
L’Angelo di Saorge
Saorge (Région Provence Alpes Côte d’Azur, Département des Alpes-Maritimes, Francia), dove la montagna si scalda all’aria di mare, aria di luce. A Saorge la terra è spalancata, aperta, lucente di visioni soprannaturali. A Saorge si può anche attendere la morte con quieta, inesorabile dolcezza.
Venezia 1948
Dice Gazich: “Nel 1948 la mia famiglia si spostò da Zara (che, in seguito al trattato di pace del 1947, entrava a far parte della nascente Jugoslavia del Maresciallo Tito) verso Venezia. Inizialmente, ma non per tempi brevi, essi trovarono collocazione in campi-profughi sparsi per tutto il territorio nazionale; uno dei campi era ubicato proprio a Venezia, nel quartiere popolare di Cannaregio, nella zona delle Fondamenta Nuove, emblematicamente e fin troppo eloquentemente collocato alle spalle dello storico Ghetto ebraico e di fronte all’isola-cimitero di San Michele”.
Perché non siamo rimasti a bere latte sotto gli ulivi?
Diche Gazich: “Questa domanda è una delle frasi che ricordo con maggior precisione tra quelle pronunciate da mia nonna, Angela Gherdovich, l’altra madre in questa storia di madri. La frase è immediatamente poetica, nell’evocare una Dalmazia rurale, dove c’erano “latte”, cioè nutrimento e “ulivi”, cioè pace. Cercando di leggere il pensiero di mia nonna dietro e oltre questa domanda, ho costruito un testo fatto solo di domande, un Salmo del migrante. Domande, invocazioni destinate a restare senza l’unica risposta veramente necessaria: chi ha lasciato la propria terra può chiedersi in tutti i modi possibili perché l’ha lasciata, ma la ferita incurabile è appunto l’averla lasciata”. Il violino in questa canzone è come un grido.
La casa nella neve
Quando crolla il tetto di una casa, l’abbandono diviene irredimibile, assume caratteri di definitività. Pauroso l’accanirsi degli elementi atmosferici sugli oggetti “lasciati, violati e ancora lasciati”. Ha qualcosa di sacro la carezza della neve, che giunge a coprire con un sudario di freddo l’interno morto di una casa, la carcassa di muri non più caldi di vita. Neve sacra e indifferente come è Dio: invocato, atteso, sembra non giungere mai. Brucia e si secca la gola di chi lo prega e viene meno il canto, come recita il salmo 69.
La sabbia nelle scarpe dei morti
Un’altra composizione strumentale, ispirata ad una poesia della poetessa premio Nobel Nelly Sachs (1891-1970). Ella scrisse riguardo all’Olocausto e il suo lavoro poetico è fortemente connesso con quello di Paul Celan. Questa composizione è un’introduzione, un pannello complementare alla canzone successiva.
Il latte nero dell’alba
L’espressione “Il latte nero dell’alba” è misteriosa, ma molto evocativa.
È tratta da una poesia di Paul Celan (1920-1970), uno dei massimi poeti di cultura ebraica del secolo scorso.
Nato in Romania, morto a Parigi, scriveva in tedesco. Come tanti artisti ha cambiato tante patrie, senza mai trovarne una.
Il latte nero dell’alba è quello che bevevano ogni mattino gli ebrei che sapevano di dover morire; il latte nero dell’alba lo bevve Paul Celan, prima di sprofondare nella terribile pace della morte, nel grande cuore nero delle acque del fiume.