Vengono mille dubbi sulla visita improvvisa, e preparata con una discrezione sospetta, che il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, ha fatto tra sabato e domenica al neopresidente degli Stati Uniti, Donald Trump.
A prima vista, l’accoglienza fatta alla premier italiana a Mar-a-Lago in Florida, la residenza di Trump, sembra l’investitura, il riconoscimento a un’alleata privilegiata, quasi fosse diventata la nuova leader europea.
La visita è stata fotografata con accuratezza: Meloni a fianco di Trump, ma anche del prossimo segretario di Stato americano, Marco Rubio, e del prossimo segretario al Tesoro, Scott Bessent. Meloni era accompagnata dall’ambasciatrice italiana negli Usa Mariangela Zappa.
Naturalmente l’incontro, che viene definito giustamente incontro-lampo, era stato ampiamente condiviso, chissà se non addirittura sollecitato, dall’eminenza grigia delle prossima amministrazione americana, cioè Elon Musk, personaggio che riunisce in sé una immagine di dimensione tecno-politica che fa a pensare a un futuro piuttosto complicato per la democrazia liberale. Ma detto questo, perché abbiamo parlato di mille dubbi?
L’apparente successo di questa visita non può nascondere un problema che interessa tre Stati e che comporta rischi molto gravi, perché due Stati, Iran e Usa, si contrappongono duramente. Vediamo brevemente questa sequenza.
In una visita tra due capi di Stato ci sono molti problemi da discutere, soprattutto in questo momento storico, ma non è possibile scantonare dal problema principale che vede coinvolti Italia, Stati Uniti e Iran.
Il caso della giornalista Cecilia Sala è stata la priorità dei colloqui, perché implica una questione diplomatica tra Italia e Usa ed è per questo che il tema è stato affrontato subito, in tutte le sue implicazioni.
Ricordiamo. La giornalista è detenuta in una prigione iraniana dal 19 dicembre scorso. Cecilia Sala è tenuta prigioniera, in condizioni che non sono affatto dignitose, nella nota e famigerata prigione di Evin, nota ormai in tutto il mondo per le dure condizioni di detenzione e per il trattamento riservato ai prigionieri politici. Perché? Il contesto di tutta la vicenda è particolarmente complesso.
L’arresto di Sala è avvenuto pochi giorni dopo che le autorità italiane avevano fermato un cittadino svizzero iraniano, Mohammad Abedini Najafabadi, accusandolo di spionaggio e di far parte di un gruppo terroristico, mentre Cecilia Sala è accusato di aver violato la legge islamica.
A ben guardare entrambe le accuse non corrispondono a una precisa fattispecie giuridica punibile con il carcere prima di un processo.
Il 38enne Abedini è cofondatore di un’azienda in Svizzera, vicino a Losanna, che gli Usa ritengono abbia usato per esportare tecnologia verso l’Iran aggirando le sanzioni. Cecilia Sala è una giovane giornalista che collabora con Il Foglio e Chora Media.
Il fatto che l’Iran abbia assunto una posizione così dura nel trattenimento di Cecilia Sala se non viene liberato Abedini, non svela al momento segreti particolari, ma piuttosto crea tensioni di particolare rilievo.
Quello che ci si chiede è perché, in una simile vicenda, e in una situazione geopolitica come quella attuale, non si siano mossi con il “tempo necessario” i nostri servizi segreti. Possibile che del caso Abedini non si fosse venuti subito a conoscenza e non si sia intervenuti per smontare i presupposti che hanno portato la Sala in cella?
Ora facciamo il punto: l’Italia ha buoni rapporti con l’Iran e ovviamente ha rapporti di alleanza con gli Stati Uniti. Ma se le richieste di scarcerazione di Cecilia Sala vengono subordinate alla liberazione di Mohammad Abedini, i rapporti diplomatici si complicano e non di poco.
L’avvocato difensore dell’iraniano ha formalmente chiesto gli arresti domiciliari, una mossa per ammorbidire probabilmente la posizione di Teheran. Ma gli americani hanno già detto che l’uomo potrebbe scappare. Poi c’è la possibilità del guardasigilli italiano Carlo Nordio di revocare l’arresto, secondo le norme italiane, dell’ingegnere iraniano che ha provocato la cattura della giornalista italiana. Cercando al contempo di evitare una crisi diplomatica con gli Stati Uniti.
E qui ritorniamo ai dubbi di cui parlavamo all’inizio, perché la triangolazione diplomatica rischia di diventare un contenzioso tra Italia e gli Usa. Quindi una sorta di “trappola”, nonostante l’accoglienza mostrata da Trump alla Meloni. Un paradosso? Difficile dare una risposta fino alla conclusione della vicenda.
È vero che durante la riunione si è discusso di tanto altro, dai dazi ai rapporti tra Europa e America, sull’Ucraina e sul Medio Oriente, ma un incidente diplomatico potrebbe incrinare rapporti molto buoni, cementati da un’alleanza storica.
Sulla vicenda diplomatica, la presidente del Consiglio ha insistito e secondo una nota del New York Times, è apparsa aggressiva, alzando anche la voce.
Bisognerà aspettare qualche giorno per risolvere un rebus diplomatico su una vicenda complicata, che può provocare diversi gravi problemi.
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