Oggi ultimo giorno dell’anno, in tutte le Chiese, dopo il Vespro o dopo la Messa serale si intona il Te Deum, inno di ringraziamento all’Alto per l’aiuto che ci ha dato nei dodici mesi appena terminati. È un canto in prosa, non in versi, le cui origini si perdono nella notte dei tempi. Viene solitamente attribuito a San Cipriano di Cartagine, ma anche a Sant’Ambrogio e a Sant’Agostino (nel giorno del battesimo di quest’ultimo). Oggi, gli specialisti sostengono che la redazione finale si deve al Vescovo di Remesiana (attualmente Bele Palanka nella Serbia centrale) alla fine del IV Secolo. Naturalmente, la partitura originale non ci è stata tramandata. Verosimilmente aveva molti punti in comune con l’Exsultet di Avezzano, forse la prima partitura rimastaci (risale al X secolo ed è dipinta su tela), ascoltata nel 2007 a Roma a Santa Maria Maggiore in una rara occasione in cui la tela su cui è vergata (con le annotazioni musicali) è stata mostrata al pubblico.
L’inno, di solito cantato a cori alterni (presbitero, o celebrante, e la congregazione, il popolo), si può dividere in tre parti. La prima, fino a Paraclitum Spiritum, è una lode trinitaria indirizzata al Padre. Letterariamente è molto simile ad un’anafora eucaristica e contiene il triplice Sanctus. La seconda, da Tu Rex Gloriæ a Sanguine Redemisti, è una lode a Cristo Redentore. L’ultima, da Salvum Fac, è un seguito di suppliche e di versetti tratti dal libro dei Salmi.
In quanto inno di ringraziamento, viene cantato in numerose occasioni solenni, al termine di un Conclave o di un Concilio od anche per occasioni puntuali di celebrazione. Nell’opera Tosca di Giacomo Puccini viene intonato alla fine del primo atto in Sant’Andrea della Valle a Roma all’arrivo della notizia, successivamente rivelasi falsa, secondo cui la “coalizione” avrebbe sconfitto l’armata di Napoleone nella battaglia di Marengo. Puccini era un laicista e giustappone il Te Deum, intonato sia dai sacerdoti sia dalla congregazione, ai desideri libidinosi del Barone Scarpia, il temuto capo della polizia nella Roma dell’epoca, che vuole sedurre la protagonista del lavoro.
Tuttavia, gran parte dei musicisti che hanno composto “loro” versioni del Te Deum (ad esempio, Purcell, Händel, Charpantier, Bruckner, Berlioz, Lulli, Mendelssohn, Mozart, Haydn, Verdi, Galassi, Reger) hanno mantenuto la struttura originale, apportando principalmente variazioni in linea con il loro stile e con la loro epoca.
Pochi sanno che il preludio del Te Deum di Charpantier è la sigla dell’inizio e della fine delle trasmissioni in Eurovisione e viene anche suonato al termine dei concerti del gruppo pop-rock italiano I Nomadi.
In altre occasioni, anche di recente, abbiamo ricordato su questa testata, l’importanza che Papa Benedetto XVI attribuisce alla musica. In occasione del suo ottantesimo compleanno ha detto: “Sono convinto che la musica sia il linguaggio universale della bellezza, capace di unire tra loro gli uomini di buona volontà su tutta le terra e di portarli ad alzare lo sguardo verso l’Alto ed ad aprirsi al Bene ed al Bello assoluti, che hanno la loro ultima sorgente in Dio stesso”. Dovremo riflettere su queste parole quando questa sera alle 17, nella basilica di San Pietro, il Papa presiederà i vespri e reciterà il Te Deum.