Polemica che rischia di esplodere in chissà quali modi. Il cantante dei Radiohead, Thom Yorke (che proprio in questi giorni è in Italia per alcuni concerti del suo progetto alternativo, gli Atoms for Peace) attacca Spotify, la nuova piattaforma Internet per l’ascolto della musica. Arrivata anche in Italia da alcuni mesi, Spotify sta avendo un successo di massa, grazie alla possibilità di ascoltare milioni di canzoni in streaming, naturalmente senza il download che rimane tutto o quasi nelle mani di iTunes. Ma comunque anche l’ascolto soltanto di un brano secondo le leggi del diritto d’autore va pagato. E’ così che Thom York su twitter oggi ha scritto a chiare lettere: “Attenzione giovani artisti non fatevi ingannare da Spotify: non sarete pagati. Ma intanto chi possiede azioni sarà ripagato, ecco come funziona”. E fa togliere dalla piattaforma le sue canzoni da solista o con progetti alternativi, mentre rimangono quelle dei Radiohead. Scoppia la polemica e Yorke ribatte: lo faccio per sostenere i nuovi musicisti. Un gesto apprezzabile di solidarietà dunque. Ma come funziona Spotify? Per ogni ascolto di un brano, l’artista detentore del copyright riceve 0,5 centesimi di euro. E’ ovvio che per riscuotere cifre considerevoli ci vogliano milioni di ascolti, cosa che succede solo ai nomi affermati. Molte giovani band hanno accolto con piacere la protesta del musicista. Spotify da parte sua ha replicato con un comunicato: “L’obiettivo di Spotify è fornire un servizio che piaccia agli utenti, che sia pagato dagli utenti, e che fornisca all’industria musicale il supporto finanziario necessario per investire in nuovi talenti”. Come dire: prendetevela con le case discografiche che si tengono la maggior parte dei soldi.