La musica , ed in particolare, il teatro in musica, sono figli delle epoche in cui nascono. Ad esempio, nella Venezia dell’Inquisizione Monteverdi e Cavalli mettevano in scena (utilizzando mitologia e storia antica) ciò che avveniva nelle stanze del potere e nella camere da letto (e che non si poteva dire). Nel settecento, a Parigi ed a Napoli spesso con intrecci in tempi lontani si glorificava il Re. Il Risorgimento è stato accompagnato dai ‘concertati’ e dalle ‘cabalette’. E’, quindi, naturale che in questi anni di crescenti preoccupazioni ambientali, nasca il genere dell’’opera ecologica’.
Alla Scala in maggio è stata presentata CO2 di Giorgio Battistelli (recensita su questa testata il19 maggio). Il 5 ottobre alla Biennale Musica di Venezia viene presentato di Chemical Free (?) di Nicola Sani (compositore e Sovrintendente del Teatro Comunale di Bologna). L’opera (di circa un‘ora) ha avuto un’anteprima a Padova e porta all’attenzione del pubblico l’impiego spesso mistificatorio della definizione “chemical free”. Tutta la materia è costituita di atomi e molecole, quindi è chimica. Chemical Free (?) mette in evidenza il rapporto tra la metamorfosi dei suoni e la reattività chimica. Chemical free (?)porta all’attenzione del pubblico l’utilizzo mistificatorio della definizione “chemical free” da parte della maggior parte dei media. Tutta la materia che ci circonda è fatta di atomi e molecole, quindi è chimica: l’aria che respiriamo, l’acqua, noi stessi e tutto ciò che vediamo è fatto di composti chimici. Come ben riassume la frase dantesca posta a incipit del progetto la materia è fatta di sostanze chimiche che interagiscono e si trasformano fra loro.
Non esiste nulla che sia “senza chimica”, non esistono cibi, per quanto da agricoltura biologica, senza chimica; non esistono luoghi, per quanto lontani,’ senza chimica’sarebbero vuoti, senza materia. Forse solo le stelle di neutroni possono essere chiamate, a ragione, senza chimica, non essendo fatte di atomi e molecole. Non c’è dubbio che la diossina sia una sostanza chimica inquinante, cancerogena: ma la sua tossicità non è dovuta al fatto di essere una sostanza chimica; sostanze chimiche sono infatti anche lo zucchero, le vitamine, per non parlare delle già citate acqua e aria, che come ben sappiamo non sono affatto tossiche!
Una sostanza chimica naturale non ha caratteristiche diverse da una sostanza chimica di sintesi, cioè preparata in laboratorio: l’acido L’ascorbico di sintesi (vitamina C) è in tutto identico e indistinguibile da quello che si trova nella frutta. Al contrario la coniina e gli altri alcaloidi contenuti nella cicuta non sono meno tossici per noi per il solo fatto di essere sostanze naturali! Dobbiamo quindi riconoscere che le qualità e le proprietà delle varie sostanze chimiche (puzzolenti o profumate, tossiche o salutari, cancerogene o medicinali) sono proprietà di quelle particolari molecole, o classi di molecole, mentre la Chimica è la scienza che le studia tutte, nella loro struttura e reattività. La chimica moderna si avvale anche di metodologie e di software sofisticati nei quali sono implementati equazioni ed algoritmi numerici efficaci la cui esecuzione è possibile solo sfruttando la potenza di calcolo di supercomputer con migliaia di processori. Il computer è un vero laboratorio moderno dove si studiano reazioni chimiche di sistemi anche complessi e si predicono proprietà molecolari con elevata accuratezza. Il ventaglio di applicazioni chimiche in silico è assai ampio.
Chemical free (?) esplora, in un’affascinante performance intermediale, il viaggio e le migrazioni di atomi e frammenti da una molecola a un’altra, mettendo in evidenza il rapporto tra la metamorfosi dei suoni – e che viaggiano nello spazio – e la reattività chimica, cioè la capacità delle molecole di trasformarsi e combinarsi per dare vita a nuove molecole in virtù di specifiche migrazioni di loro componenti parziali. Questa continua trasformazione e metamorfosi viene “eseguita” e messa in atto davanti al pubblico, che assiste ad un evento dove arte, scienza e tecnologia sono continuamente collegati e uniti da un’unica sintesi spettacolare.. E’ profondamente differente da CO2 che resta nel linguaggio tradizionale dell’opera della seconda metà del Novecento, pur integrandolo con altri elementi.
In primo luogo, è un’opera in tre parti ma senza cantanti; i video li sostituiscono.
Oltre a mettere in scena la straordinaria ricchezza dei suoni strumentali elaborati tramite le tecniche del live electronics, della regia del suono multicanale e delle immagini elaborate digitalmente e proiettate su grande schermo, Chemical free (?) esplora l’impatto ambientale dell’informazione scientifica sulla società, i temi forti oggi particolarmente avvertiti dall’opinione pubblica e discussi sulla stampa e nei social network. Da qui anche il titolo dell’opera, che se da una parte indica un rapporto di libera associazione creativa tra la drammaturgia artistica multimediale e la scienza, dall’altra si collega ironicamente allo slogan che campeggia sui prodotti delle multinazionali, che intendono esplicitamente rassicurare i consumatori sul fatto che i prodotti in vendita non contengono componenti chimiche. Ma ciò è realisticamente possibile? Esiste una condizione per cui un qualsiasi prodotto sia libero da componenti chimiche?
L’opera si sviluppa in tre movimenti. Ogni movimento è caratterizzato da uno dei tre strumenti protagonisti: I. C’è tanto spazio là in fondo(Richard Feynman), per contrabbasso II. No Landscape (Mark Rothko), per pianoforte III. More is different (Philip Warren Anderson) per flauto iperbasso.I tre solisti occupano altrettante posizioni. I tre strumenti sono utilizzati come “generatori di suoni”, con tecniche esecutive di elaborazione in tempo reale e di spazializzazione del suono.
Realizzata da David Ryan, la parte video è proiettata su un schermo sul fondo del palco. Il rapporto tra suono e immagine determina un’unica forma di drammaturgia sonora che “racconta” il viaggio delle strutture molecolari, le metamorfosi e le migrazioni dal mondo dell’endo e del nano alla nostra macroscopica realtà quotidiana. I tre solisti occupano altrettante posizioni. I tre strumenti sono utilizzati come “generatori di suoni”, con tecniche esecutive di elaborazione in tempo reale e di spazializzazione del suono. Realizzata da David Ryan, la parte video è proiettata su un schermo sul fondo del palco. Il rapporto tra suono e immagine determina un’unica forma di drammaturgia sonora che “racconta” il viaggio delle strutture molecolari, le metamorfosi e le migrazioni dal mondo dell’endo e del nano alla nostra macroscopica realtà quotidiana.