Una regia di forte denuncia sociale e immagini di grande impatto per il “Don Giovanni” di Mozart. L’inglese Graham Vick, uno dei più importanti e socialmente impegnati registi del panorama lirico internazionale, vincitore di sei premi Abbiati per l’originalità e l’intensità dei tanti allestimenti curati in Italia: “Giovanni non è più l’outsider ma l’incarnazione di una società la cui trasgressione è glamour, è vendibile, provoca dipendenza e in cui la corruzione è norma condivisa”.
La messa in scena debutterà il 26 settembre al Teatro Sociale di Como e inaugurerà il 4 ottobre la 47esima Stagione Lirica di Tradizione del Teatro Pergolesi di Jesi. Collaborano al nuovo allestimento la Fondazione Pergolesi Spontini, i Teatri del Circuito Lombardo con il Teatro Sociale di Como, Teatro Grande di Brescia, Teatro Ponchielli di Cremona, Teatro Fraschini di Pavia e inoltre il Teatro dell’Aquila di Fermo, Fondazione Teatro Comunale di Bolzano e Fondazione I Teatri di Reggio Emilia, nonché due teatri francesi. Un modo intelligente per ammortizzare i costi (circa 40 repliche) e presentare spettacoli di alta qualità anche in città di medie dimensioni.
Con il nuovo allestimento del Don Giovanni, Graham Vick preannuncia una lettura fortemente innovativa rispetto alla tradizione ma in linea con quanto la musica e il testo raccontano. L’esigenza di generare un senso di responsabilità civile costituisce il fulcro di ogni sua regia, e anche in quest’opera l’artista intende innescare un dibattito sul nostro modo di vivere, sulla società contemporanea, sul modo in cui ci relazioniamo gli uni agli altri.
“Il nostro senso di essere in vita è definito e amplificato dall’avvicinarsi inevitabile della morte – spiega Graham Vick a proposito del nuovo allestimento – Di fronte allo scorrere del tempo, Giovanni getta via tutte le leggi, i vincoli e i tabù. Così come il nostro mondo si precipita verso l’autodistruzione, anche noi abbandoniamo sprezzanti le leggi della civiltà. Terrorizzati della morte, ci attacchiamo alla vita e ad una dipendenza dalla giovinezza, attraverso droghe, iniezioni, il bisturi del chirurgo, Mentre Giovanni si diffonde come un virus, trascinando tutti nella sua tela universale, non è più l’outsider ma l’incarnazione di una società la cui trasgressione è glamour, è vendibile, provoca dipendenza e in cui la corruzione è norma condivisa
La nuova produzione si avvale della direzione del venezuelano Josè Luis Gomez Rios, delle scene e costumi di Stuart Nunn, del disegno luci di Giuseppe Di Iorio e delle coreografie di Ron Howell. Suona l’Orchestra I Pomeriggi Musicali di Milano, il Coro del Circuito Lirico Lombardo è diretto da Dario Grandini. Gli interpreti sono stati scelti volutamente tra i giovani e già affermati cantanti tra cui il baritono albanese Gezim Mysketa (Don Giovanni) e il marchigiano Andrea Concetti (Leporello), e tra i vincitori del 65esimo Concorso AsLiCo per Giovani Cantanti Lirici d’Europa, quali Giovanni Sebastiano Sala (Don Ottavio), Mariano Buccino (Commendatore), Federica Lombardi (Donna Elvira), Valentina Mastrangelo (Donna Anna), Riccardo Fassi (Masetto); Alessia Nadin è Zerlina.
Nel secondo cast, in scena il 5 ottobre, voci di spessore con il giovane baritono greco Dionisos Sourbis (Don Giovanni), Mariateresa Leva (Donna Elvira), Matteo Mezzaro (Don Ottavio), Cristian Saitta (Commendatore), Ekaterina Gaidanskaja (Donna Anna), Leonardo Galeazzi (Leporello), Davide Giangregorio (Masetto) e la vincitrice del Concorso AsLiCo 2014 Alessandra Contaldo (Zerlina).
Le scene dell’opera sono state costruite a Jesi presso il Laboratorio della Fondazione Pergolesi Spontini, impiegando le maestranze tecniche della Fondazione, con esperti in scenografia, decorazione, illuminotecnica, costruzioni in legno e ferro.“E’ un Don Giovanni con artisti giovani ed è soprattutto un’opportunità per me di scavare un testo meraviglioso insieme a loro con un lavoro intenso di sei settimane. Si tratta inoltre per me dell’opportunità di rivisitare un titolo importante e di investigare un possibile nuovo futuro per la lirica in Italia, un nuovo modo di affrontare le opere importanti, cercando nuove modalità di partecipazione”.