Anche Greg Lake, bassista, chitarrista ma soprattutto cantante dalla voce veramente bellissima, sempre ricca di suono e omogenea in tutta la sua morbida e calda tessitura, ci ha lasciati.
Grazie al suo raffinato stile musicale, sempre misurato e controllato, ha rappresentato quel perfetto contrappeso necessario a dare il giusto equilibrio alla musica espressa dal suo gruppo: gli stratosferici, spesso “esuberanti e smisurati”, Emerson, Lake & Palmer.
Uno dei più celebri “super gruppi” musicali degli anni 70 espressione del cosiddetto rock progressivo (sinceramente mi è sempre sfuggito il senso e la logica di tale definizione).
Per comprendere forse meglio il valore di questo meraviglioso musicista credo si importante ricordare chi fossero e cosa rappresentassero in quegli anni tali “super gruppi”; sicuramente furono importantissimi, se non altro perché intere generazioni di giovani si appassionarono alla musica in virtù dell’amore condiviso per essi e per provare ad emulare le “gesta” dei loro protagonisti.
Sopratutto grazie a loro infatti la musica, nel contesto sociale in cui vivevano, era da tutti i ragazzi diffusamente percepita come qualcosa di bello ed importante; moltissimi, proprio in virtù di quella forza e determinazione che solo la gioia generata ed alimentata dalla concreta condivisione di una coltivata passione dona ai ragazzi, scelsero di avvicinarsi alla musica e di affrontare la complessità di lunghi e seri studi musicali.
Perché sia chiaro, si trattava di un amore vero… nulla a che vedere con l’idiota e superficiale idolatria di ragazzi vittime di apparenza e superficialità; era un sentimento profondo, scaturito dal consapevole rispetto verso tanti geniali musicisti (alcuni “geni” lo erano più di quanto se ne avesse allora consapevolezza) e dall’ammirazione per stupefacenti “capolavori” che erano spesso
Illuminati da “gesta musicali” frutto di un notevole virtuosismo strumentale; un virtuosismo che si nutriva di reale cultura musicale, espressa attraverso brani formalmente ben costruiti e a volte anche molto articolati e complessi, ricchi di ricercati percorsi armonici e abbaglianti arrangiamenti che si sviluppavano fino a divenire vere e proprie “orchestrazioni” (alcuni richiedevano ascolti attenti e prolungati per decine di minuti).
Una parte di questi ragazzi (io stesso e molti miei amici di allora) sono divenuti musicisti di professione; persone che riascoltando quelli che erano gli “eroi” della loro adolescenza musicale,
Nel comprendere la fortuna che ebbero nel crescere e formarsi in quei “ricchissimi” anni, sono particolarmente consapevoli del “vuoto” che circonda i loro figli; troppo spesso costretti dall’onnipresente, irresistibile, desolante e sconfinata virtualità a condividere il più sterile “nulla”.
Erano questi gli anni in cui la meravigliosa voce di Greg Lake riempiva gli stadi stracolmi di ragazzi che, liberi dall’ossessione di alimentare costantemente la memoria dei propri cellulari con un’infinità di inutili ricordi, registravano con il cuore e per sempre le emozioni di una musica e di una vita vissuta che avrebbero ricordato per sempre, come una meravigliosa ricchezza.