Quello che tanti temevano è accaduto: la bocciatura di uno studente liceale di Verbania è stata annullata dal TAR del Piemonte, e la ragione sarebbe «la mancata ammissione alla frequenza delle attività di recupero delle insufficienze riportate durante l’anno scolastico». Il rischio è che a partire da questa sentenza si inneschi una reazione a catena, che porti l’annullamento di tante e tante decisioni dei Consigli di classe, in quanto nessuna scuola è riuscita ad attivare corsi di recupero in tutte le discipline e non per responsabilità propria, ma per mancanza di investimenti ministeriali.
In realtà la motivazione della sentenza è poco convincente, in quanto supporrebbe l’obbligo di attivare corsi di recupero in ogni disciplina, il che non era prescritto, tant’è vero che l’ordinanza ministeriale n. 92 del 5/11/2007 recita diversamente, prescrivendo sì alle istituzioni scolastiche l’obbligo di attivare gli interventi di recupero, ma precisando che le stesse «nell’ambito della loro autonomia, individuano le discipline e/o le aree disciplinari». Quindi è più che legittimo che le diverse scuole abbiano fatto delle scelte motivate circa i corsi da attivare. Quanto poi al fatto che i genitori non fossero a conoscenza delle valutazioni conseguite dal figlio, e che persino lui non sapesse i suoi voti, a questo si fa fatica a credere. Nel caso però fosse vero, riguarderebbe la scuola in questione, in quanto è dallo Statuto delle Studentesse e degli Studenti che ogni studente ha diritto ad “una valutazione trasparente e tempestiva, volta ad attivare un processo di autovalutazione che lo conduca a individuare i propri punti di forza e debolezza e a migliorare il proprio rendimento”. Quindi se fosse la mancanza di informazioni la ragione dell’annullamento della bocciatura, questo riguarderebbe la situazione particolare della scuola in questione, non potrebbe esercitare nessun effetto domino, anche perché sembra una notizia d’altri tempi quella di insegnanti che tengono nascosti i voti che attribuiscono agli studenti.
La sentenza del Tar del Piemonte è però ancora una volta il segnale preoccupante di una grave interferenza amministrativa su un atto che appartiene alla didattica: è una prassi assurda, non certo giustizia, che si annulli la decisione di un Consiglio di Classe per ragioni di procedure del tutto discutibili, senza nemmeno chiedersi se sia un bene per uno studente con cinque discipline insufficienti passare all’anno successivo. Certo il Tar del Piemonte ha potuto agire su un equivoco, che però fa parte della opinione comune e non certo delle ordinanze ministeriali: quello che attribuisce alla frequenza dei corsi di recupero un valore decisivo per saldare le insufficienze. Nulla di tutto ciò: sarebbe ancora una volta ridurre l’educazione ad una procedura, come se il semplice esserci potesse significare conoscere. C’è un impegno personale nello studio, una fatica di ore e ore di lavoro, da mettere in conto per poter imparare, è questo ciò che vale dentro un percorso di apprendimento e di conoscenza, non certo un insieme di meccanismi.
Per queste considerazioni la sentenza del Tar del Piemonte è del tutto fuori luogo: è una sentenza che si adatta ad una scuola in cui le procedure contano più di quanto effettivamente si insegna e si studia. Sembra essere il colpo di coda di una scuola moribonda, in quanto la scuola che sta avanzando è del tutto diversa; non è più la scuola in cui domina la burocrazia, bensì la scuola in cui, finalmente, valgono rapporti educativi e contenuti di conoscenza.