CONCORSO SCUOLA. Nel febbraio 2016 è partita forse la più grande partita della Buona Scuola: il concorso nazionale per esami e titoli per circa 60.000 posti. Con riferimento a quanto previsto dal comma 110 della legge 107/2015 al concorso, per ciascuna classe di concorso o tipologia di posto potevano accedere esclusivamente i candidati in possesso del relativo titolo di abilitazione all’insegnamento e, per i posti di sostegno i candidati in possesso del relativo titolo di specializzazione. Non è andata proprio così! I giudici amministrativi hanno ammesso alle prove in via cautelare diversi candidati non abilitati in possesso del semplice titolo di laurea. Addirittura il Tar del Lazio ha fatto una scelta inconsueta affermando che saranno tutelati gli interessi dei ricorrenti, anche con soluzioni alternative all’ammissione con riserva e rimandando a eventuali sessioni aggiuntive per coloro che otterranno “decisione giudiziale di merito favorevole”.
Certo, la strada è ancora molto lunga: anche in caso di superamento degli esami, l’iscrizione con riserva nelle graduatorie dei vincitori dovrà passare sempre da un giudizio nel merito, dove le chance di successo sono difficili da pronosticare. Per il ministero, che aveva puntato tutto sulla difesa del bando dai ricorsi e sulla tutela del titolo abilitante e che aveva assicurato che i non abilitati non si sarebbero neppure seduti al banco delle prove, si tratta comunque di una sconfitta.
Diffuse sono state le difficoltà nella costituzione delle commissioni di esame cui si sono aggiunte una sfilza di rinunce dei commissari. Per tutti: le dimissioni in toto della commissione della classe di concorso A31 della Toscana e in Veneto l’ennesima (settima?) modifica della commissione per la primaria. Certamente qualcosa non va! Intanto il Miur il 14 luglio ha modificato al ribasso i requisiti per la nomina dei presidenti, dei commissari e dei componenti aggregati, “in caso di mancanza di aspiranti”. Le prove scritte sono state effettuate per ogni classe di concorso contemporaneamente su tutto il territorio nazionale, svolgendo la stessa traccia con la medesima modalità (computer based). Il lavoro delle commissioni è stato ricondotto in una procedura centralizzata gestita dalla piattaforma informatica Cineca. La correzione delle prove scritte è avvenuta sulla base di quattro criteri proposti a livello nazionale (pertinenza, correttezza linguistica, completezza e originalità). Ogni Commissione tuttavia ha potuto integrare o modificare tali criteri motivando le ragioni dei cambiamenti apportati ed inoltre hanno definito i criteri specifici e le griglie di valutazione.
Gli esiti delle prove scritte (finora) sono stati a dir poco un disastro: altissime percentuali di candidati, di diverse regioni e diverse classi di concorso, che non sono stati ammessi alla prova orale. In particolare sembra che i risultati peggiori si stiano ottenendo per il sostegno. Tanto che sulla questione sono intervenuti personalità di rilievo come Dario Ianes e Luigi D’Alonzo, ma anche il Coordinamento Specializzati Sostegno e l’Associazione Coordinamento Nazionale Tfa che hanno espresso la loro incredulità e la loro profonda amarezza.
Quali possono essere le cause intrinseche o estrinseche, che stanno alla base dello scenario da “carneficina” che si sta determinando a livello nazionale? Tre sono le possibili chiavi di lettura: l’incapacità delle commissioni, il fallimento dei percorsi abilitanti e di specializzazione, l’impreparazione dei candidati.
Mi sembra inverosimile l’impreparazione diffusa dei candidati trattandosi di docenti da poco abilitati, ritenuti idonei all’insegnamento da commissioni di docenti universitari che nella maggior parte dei casi insegnano da tempo e, pertanto, in base all’esperienza maturata e alla formazione ricevuta avrebbero dovuto affrontare “dignitosamente” la tornata concorsuale. Per quanto riguarda le commissioni, essendo costituite da docenti la cui formazione è sicuramente diversa da quella dei candidati, è possibile che alcune di esse abbiano giudicato gli elaborati secondo criteri non rispondenti alle novità della prova computer based restando ancorate alla ricerca dei classici contenuti della prova di esame. Di sicuro hanno influito anche le condizioni in cui i candidati hanno dovuto rispondere ai quesiti, che richiedevano la strutturazione di unità didattiche o d’apprendimento da produrre in pochissimo tempo, circa 18 minuti a quesito. L’accesso agli atti e le aule dei tribunali amministrativi indicheranno la dimensione del fenomeno.
Inadeguatezza dei Tfa, Pas e specializzazione per il sostegno? Su queste pagine il 6 ottobre 2015 ho già espresso le mie perplessità sulla valenza di tali percorsi evidenziandone l’assenza della dimensione plurale del docente professionista, protagonista consapevole dell’autonomia scolastica. Ma se questa fosse realmente la causa dei numerosi stop al concorso, la situazione sarebbe grave. Il suddetto sistema di formazione rappresenterebbe un paradosso a scapito dei docenti, che hanno fatto tanti sacrifici per abilitarsi, ricevendo in cambio una formazione inadeguata, che starebbe già partorendo i suoi frutti negativi nell’attività di insegnamento dei molti docenti bocciati.
Non credo che la situazione sia così drammatica, ma certamente qualche riflessione è opportuno che venga fatta su quello che è stato sino ad ora il sistema di formazione dei docenti. Prescindendo dalla formula — Tfa o Pas — è opportuno pensare ad una riorganizzazione complessiva dei percorsi abilitanti rivisitandone contenuti, metodi, riferimenti pedagogici e didattici. Come si evince è un concorso che sta tradendo gli obiettivi dichiarati. Un concorso che ha evidenziato una serie di problematiche organizzative. Un concorso criticato da più parti; per ultimo l’Accademia della Crusca, che ha evidenziato nelle prove alle materie letterarie nella scuola secondaria di primo e secondo grado non c’era traccia di quesiti di carattere linguistico, volti all’analisi della struttura e delle varietà della nostra lingua.
Resto convinto che un’altra strada era possibile. Quella del corso-concorso riservato ai docenti abilitati e specializzati che avrebbe potuto certificare sul campo le competenze vere dell’insegnamento, riconoscendo alle scuole autonome la possibilità di concorrere in maniera responsabile al processo di stabilizzazione degli insegnanti. Non è andata così. Il rischio che non si riescano a coprire con i vincitori tutti i posti in organico messi a concorso è più che certo. Sicuramente i posti non coperti andranno a supplenza, magari agli stessi docenti bocciati, perpetuando il fenomeno “supplentite” che si voleva debellare. E come la mettiamo con la recente sentenza della Corte costituzionale sull’illegittimità della reiterazione dei contratti temporanei? Con il dettato della stessa legge 107/2015 che prevede che dopo tre anni di contratti a tempo determinato su posti vacanti, se non subentra l’assunzione, non si potranno avere ulteriori supplenze? Spero davvero che questo in corso sia l’ultimo concorso.