Tra attese di cambiamento, con una Riforma del sistema, che appare ancora lontana dal logico completamento, e il riprodursi di antichi problemi, la protesta dei precari in primo piano, è incominciato e sta avanzando a grandi passi il nuovo anno scolastico. La macchina scolastica si è avviata comunque, nonostante insegnanti mancanti, graduatorie da rifare e tagli ai fondi ordinari.
Ma per andare dove? Rimangono irrisolti i nodi che tengono la nostra scuola immobile, si bloccano i Regolamenti applicativi della Scuola Secondaria Superiore, le singole istituzioni scolastiche sono frenate nella reale attuazione dell’autonomia scolastica, anche per la difficoltà di gestione di rapporti tra programmazione statuale e competenze regionali.
“Niente di nuovo sotto il sole”, si potrebbe dire, quando invece il ritardo complessivo della scuola italiana è sotto gli occhi di tutti, già da tempo denunciato in diversi studi nazionali e internazionali, provocando effetti deleteri sulla crescita culturale, economica e sociale, come si legge anche nell’ultimo “Rapporto sulla scuola in Italia” della Fondazione Agnelli.
Cosa serve allora per riallineare la scuola italiana a livelli e valori più vicini all’Europa?
Serve innanzitutto il coraggio di innovare, occorre avere l’audacia di liberare e mettere in circolo tutte le energie positive, presenti nella scuola e nella società, per attuare quelle riforme strutturali di cui il nostro sistema educativo ha bisogno.
È necessario un progetto complessivo che abbia una “vision” sul lungo periodo e che tenga conto di tutti i fattori di cambiamento, da quelli culturali a quelli economici, passando attraverso il nuovo rapporto che si va delineando tra scuola e società della conoscenza.
Occorre definire in modo chiaro e senza ambiguità la “mission” degli Ordinamenti Scolastici, affinché studenti e famiglie che scelgono la scuola superiore siano ben orientati sul percorso da compiere e sulle aspettative per il dopo. Non è questo un discorso peregrino, l’esperienza di docente presso un Istituto tecnico, fornisce a chi scrive molti elementi per confermare le difficoltà di orientamento nella scelta, perché davvero delicato e complicato risulta sapersi districarsi tra Liceo Scientifico Tecnologico, Istituto Tecnico, Istituto Professionale. Le preferenze di molti, per vari motivi, in questi anni sono andate al Liceo Scientifico, mettendo in sofferenza l’Istruzione Tecnica, con il rischio che la nostra scuola non sia più in grado di rispondere alla domanda di tecnici competenti e preparati.
Serve quindi riprendere e ripartire dalle esperienze di innovazione dell’Istruzione Tecnica che alcune regioni hanno attivato con gruppi di scuole come anticipo della Riforma.
La costituzione in queste scuole del CTS (Comitato Tecnico Scientifico) paritetico Scuola-Lavoro, con il compito di raccordare il momento didattico-educativo con il mondo del lavoro e delle professioni, e la strutturazione del Collegio Docenti in Dipartimenti, devono quindi diventare agenti di cambiamento, altrimenti rischiano di rimanere scatole vuote, forme senza sostanza, senza nessuna spinta propulsiva.
Serve a questo scopo una piena e reale attuazione dell’autonomia scolastica che consenta alle scuole di cogliere i bisogni che emergono nelle specifiche realtà locali e le opportunità formative che il territorio offre.
Occorre mettersi al lavoro per preparare percorsi di apprendimento che costruiscano competenze significative usando tutte le opportunità, comprese quelle fornite dalle nuove tecnologie, che possono fornire un buon supporto ai fini della personalizzazione dell’insegnamento.
E occorre anche seriamente pensare a un sistema di valutazione dei docenti che permetta di creare gradini retributivi non soltanto agganciati all’anzianità e differenziare pertanto stipendi e carriere.
Sei docenti su dieci (il 66% dei professori della scuola italiana), secondo la recende indagine nomisma sono favorevoli all’introduzione di una valutazione della carriera basata sul merito del singolo, ritenendo che la valorizzazione dell’apporto individuale sia uno degli elementi su cui rifondare la professione: dobbiamo ancora aspettare.